C’è stato un tempo in cui Cosenza-Salernitana è stato un vero e proprio manifesto per il nostro movimento. C’è stato un tempo di treni speciali, di trasferte e di rivalità vere, genuine e forti che hanno viaggiato lungo l’asse della Salerno-Reggio Calabria, attraversando il Pollino o sconfinando dal Cilento.
Ci sono stati capitani coraggiosi in grado di trascinare le proprie tifoserie e rendere il San Vito e il Vestuti dei fortini inespugnabili, dove i tifosi entravano come fedeli nella propria chiesa. Avvertendo un senso di protezione e appartenenza difficili da riscontrare altrove, in una società italiana fatta ancora di conflitti e squilibri sociali, ma anche di tanta insicurezza per una gioventù che lentamente usciva dai mitici anni ’80 per affacciarsi a quei ’90 che per il movimento ultras combaciarono probabilmente con il picco dell’organizzazione delle curve.
Cosenza-Salernitana è una gara che per chiunque mastichi un minimo di ultras affascina e invita a vederla almeno una volta. Una rivalità rimasta intatta, dove nessuna delle due tifoserie si presta al patetico giochino del “non vi consideriamo”. Calabresi e campani hanno probabilmente annotato la data di questa partita all’inizio del campionato e già in fase di prevendita si capisce che la onoreranno alla grande: 13.000 tagliandi venduti, di cui oltre mille a Salerno.
Il match arriva esattamente il giorno dopo i tristi fatti di Inter-Napoli. E questo non può essere secondario vedendo impegnate due piazze che da sempre hanno vissuto il mondo ultras in un certo modo, esaltandone le qualità più vere e genuine e ricusando fortemente talune esagerazioni. Non è un caso, peraltro, che su ambo i fronti si celebrino puntualmente figure come quella di Siberiano e di Piero Romeo. Leader carismatici che hanno saputo infondere una linea e gettare le basi alle generazioni future, segnando inesorabilmente l’approccio mentale e fattivo nello stadio e nelle strade.
In questa triste giornata, in cui vecchie ferite e perenni incoerenze del movimento ultras ritornano prepotentemente a galla, il match del San Vito è un’ancora di salvezza, una boccata d’ossigeno. Retorica? Può darsi, ma di questi tempi troppo spesso il volere comune inverte un giusto ragionamento con la demagogia, manipolandolo a proprio piacimento. Così anche una verità inconfutabile diventa oggetto di dubbi, anche chi sta nettamente dalla parte del torto può far valere le proprie “non” ragioni. E tutto diventa “moralista”, anche in seno a un movimento che di false morali ne dovrebbe aver poche e, anzi, dovrebbe esser capace di farsi un minimo di autocritica.
C’è una sostanziale e siderale distanza tra alcuni ambienti interni al mondo delle curve. Una distanza non colmabile, in cui albergano tante contraddizioni destinate a rimanere tali. E non ci sarebbe neanche da sorprendersi, perché fondamentalmente sono le stesse che troviamo in molti settori della nostra quotidianità. Le curve fanno più scalpore perché queste incongruenze le presentano tutte insieme in 90′, perché sono variegate stratificazioni sociali e perché anche per il sociologo più forbito è difficile capire veramente chi sono gli ultras, a meno che non ne abbia fatto parte.
Quello che ad esempio mi colpisce quest’oggi a Cosenza è vedere ragazzi e ragazze impegnati a organizzare le coreografie già tre ore prima del fischio d’inizio. Mi sorprende perché è un qualcosa di “antico”, che ormai si vede poco in giro. Pur con tutti i loro limiti e le loro falle, i cosentini sono certamente rimasti attaccati a questo modo di vivere la curva. Non è un caso che almeno tra le mura amiche l’impronta sia ancora quella di un tempo. Aggregativa e omnicomprensiva. In grado di mantener viva la memoria storica e legare al tifo organizzato anche il normale spettatore da tribuna.
Una cornice del genere merita la giusta attenzione. Questo insieme di cuori palpitanti e vecchi dalla memoria indelebile, è lo specchio più bello del calcio e di quello che la sua anima, composta dai tifosi, rappresenta.
Quando le squadre scendono in campo i salernitani ancora non hanno fatto il proprio ingresso. Nella Tribuna B si materializza una bellissima scenografia in onore di Luigi Marulla, compianto ex attaccante e capitano del Cosenza scomparso qualche anno fa. Dopo qualche istante il telone centrale vene “accerchiato” da molte torce, producendo un effetto spettacolare ed essendo ultimato da una celebre frase dello stesso giocatore: “Per me non era una partita di calcio… quando scendevo in campo con la maglia del Cosenza era una missione, difendere la città e difendere i colori”.
Anche la Curva Sud dedica la coreografia all’indimenticato capitano: un telone centrale su cui sono stampate due figurine Panini rappresentanti la squadra del Cosenza 1990/1991 e il calciatore. A corollario avrebbero dovuto esserci lo striscione “Te lo ricordi Marulla?”, ma lo stesso viene sequestrato e interdetto agli ingressi dalla polizia. Sulle motivazioni aleggia tutt’ora un folto mistero, di certo non si trattava di alcuna frase violenta o chissà quanto provocatoria.
Il riferimento è allo spareggio per non andare in Serie C disputato a Pescara nel 1991 tra silani e granata. Proprio un gol di Marulla – realizzato ai supplementari – mandò i campani all’inferno, regalando un altro anno di cadetteria ai suoi. Un crocevia storico rimasto logicamente impresso nelle menti e nei cuori delle due tifoserie, nonché nelle rispettive storie sportive.
Comincia la sfida e alla spicciolata entrano anche gli ultras Salernitani, accolti da fischi e cori da parte dello stadio. Il match delle gradinate può ora ufficialmente iniziare, per la gioia di tutti i presenti. Giornalisti compresi. È infatti bello notare come anche tra la stampa locale la partita sia caricata dal punto di vista ambientale. Ci sono i normali appelli a evitare scaramucce, ma c’è anche un neanche tanto velato invito a dar fiato a tutti gli sfottò possibili. Perché Cosenza-Salernitana è una partita che va ben oltre il campo.
Il freddo pungente (si arriverà a 2 gradi con una percezione ben inferiore allo zero) non agevola di certo i presenti, tuttavia una cornice simile è a prescindere meritevole di lode e considerazione. La Tribuna B si produce in una buona prestazione, con i bandieroni sempre tenuti in alto e tante belle manate. Di sicuro la conformazione del settore non aiuta molto a coordinare il tifo e alcuni cori finiscono con il disperdersi anziché con il prendere piede.
Il blocco ultras della Sud alterna invece un buon primo tempo a una ripresa un po’ più discontinua. Complessivamente c’è da dire che se sugli spalti la gara meriterebbe ben altri palcoscenici, in campo il confronto è noioso e privo di sussulti. Le due squadre si annientano vicendevolmente, producendo poco e dando ancor meno spettacolo. Lo 0-0 è pertanto il risultato più ovvio.
Il tifo dei salernitani – anche a causa dell’ingresso centellinato dovuto all’apertura di soli due tornelli – parte su livelli standard per poi crescere minuto dopo minuto, registrando un’impennata nel secondo tempo. Per i granata classici cori ben ritmati dal tamburo e tanti sfottò nei confronti dei dirimpettai. Bella la sciarpata finale e il “confronto” corale con i calabresi dopo il fischio finale. Gli insulti da una recinzione all’altra saranno pure molto “cinematografici” ma ci restituiscono un momento folkloristico niente male.
Nota a margine: anche in fase di deflusso i tifosi granata saranno costretti a lasciare lo stadio a bordo di soli due pullman adibiti a fare la spola tra lo stadio e il casello di Cosenza Nord. Ciò significherà l’attesa di oltre un’ora nel gelo del San Vito nonché il ritorno a casa a notte inoltrata. Tanto per non far mancare un po’ di ordine pubblico all’italiana anche a ridosso di capodanno!
Simone Meloni