Ennesima sortita nella fiabesca Budapest, posta all’interno di un weekend con la sosta per le nazionali. Niente gare perciò? Mai dire mai. Le vie del partitellaro sono infinite. La Nemzeti Bajnokság III (di fatto, la Serie C ungherese), mi ha regalato un match in piena periferia, a Csepel, non certo ammaliante né raffinata, ma di certo più tranquilla, ordinata e con maggiori servizi, di qualsiasi “banlieu” italica. Raggiungo comodamente il vissuto Béke téri Stadion, a bordo del suggestivo trenino suburbano BHEV. Che dal capolinea di Boraros Ter, impiega una ventina di minuti, per giungere in quest’anonima area cittadina, dove ad eccezione di qualche residuo di archeologia industriale, di interessante da osservare c’è ben poco.

Fischio d’inizio per questo Cspel – ESMTK Budapest fissato alle 13, orario perfetto per il sottoscritto, visto il decollo serale delle 20:05 per tornare a casa. Impianto di gioco posizionato non troppo distante da un centro commerciale.

Invidia smisurata nel constatare come dopo lo “lomtalanítás” della sera precedente (zero aree di smaltimento per i rifiuti ingombranti in Ungheria, ecco che una volta l’anno nei vari quartieri, viene indetta una giornata dalle relative circoscrizioni, per portare in strada e abbandonare tutto ciò di cui non si ha più bisogno), la città fosse già pulita e tenuta a lucido al 90% già dalle prime ore del mattino. Nel Belpaese avrebbero impiegato giorni, se non mesi.

Sei gradi, cielo grigio piombo e freddo pungente, sarebbe stata sicuramente più rinfrancante una giornata trascorsa in uno dei molteplici, eleganti, complessi termali che affollano la città. Ma questi sarebbero ragionamenti da persone oculate e sagge. Soliti successi musicali internazionali del momento, emanati dagli altoparlanti dello stadio durante le fasi di riscaldamento, sciorinati in sordina, fino a quando è partita Se m’inmamoro dei Ricchi & Poveri. In quel momento, se mai ce ne fosse stato bisogno, si è visto come ancora a Est, la musica leggera italiana del passato continui a furoreggiare di generazione in generazione. Anche considerato come tutti i presenti si siano alzati in piedi totalmente estasiati, cantandola a squarciagola per intero, non limitandosi certo al solo ritornello.

Nessuna rappresentanza ospite sugli spalti, mentre sono stati apprezzabili gli ultras locali, raccolti in circa trenta unità, dietro gli striscioni: Islander Division, Csepel e un drappo british, con impressi dei sorprendenti (si parla pur sempre di Ungheria) martelli incrociati. Coreografia partorita all’entrata delle squadre in campo, con un paio di spara coriandoli, ad affiancare un telone avente raffigurata una professoressa alla lavagna che indicava un concetto (ipotizzo), dedicato alla squadra. Purtroppo la scritta nell’incomprensibile ungherese non mi ha permesso di decifrarne il contenuto. Buono e costante il tifo per tutto il match, in cui hanno sventolato senza sosta diverse bandiere di pregevole fattura.

Un proverbiale the caldo ai frutti di bosco, venduto all’interno di bicchieri enormi di plastica per soli 500 HUF (1,20€), è stato l’alleato ideale per combattere il freddo lancinante che ha tirannizzato per tutto il match. Una liberazione il triplice fischio finale, che ha visto i rossoblù locali uscire sconfitti 2-3, ricevendo comunque gli applausi dei propri sostenitori, agguerriti e vocalmente sugli scudi fino all’ultimo.

Marco Meloni