IDEATORE DI QUALE PROGETTO?
Ed ecco che dopo due anni di favole da “mulino bianco” è caduta la maschera. Ci riferiamo a quella dell’ennesimo presidente, che dopo aver sbandierato in lungo e in largo che un “altro calcio è possibile”, già dimostra il contrario e si comporta come tutti gli altri, o peggio. 
Cacciando un mister (che ha fatto la storia della nostra squadra) alla prima partita dopo un mese di sosta…a sto punto o lo si faceva subito (il 26 dicembre dopo Renate) o si aspettavano i nuovi acquisti. È talmente banale doverlo dire che siamo allibiti.
Ma non c’interessa tanto entrare nel tecnico, quanto affermare che non accettiamo frasi del tipo “in caso di retrocessione venderò il Rimini al primo che passa”…in quel caso i primi a passare (come sempre) saremo noi, e Grassi verrà mandato a calci almeno fino a Riccione.
Perché i padroncini come lui vanno e vengono, la nostra Curva comunque vada resterà al suo posto.
Un presidente che sarebbe meglio definire “padrone” perché ormai ci appare chiaro che l’atteggiamento è quello di un despota autoreferenziale che prende decisioni da dilettante. Ora, che il soggetto in questione non conosca la storia del Rimini non è una novità, ma è incredibile che abbia ripetuto le stesse parole che avevano portato i “vecchi” della Curva a mettere lo striscione “società vergogna” nella prima era Bellavista. 
Per noi il Rimini è la cosa più importante, per Grassi un fardello da “vendere al primo che passa”. Già questo a noi basta per chiedere che allora venda e se ne vada, perché nel bene o nel male (e l’abbiamo dimostrato) ce la siamo sempre cavata. Grassi, miraggi a parte (tipo la B in 5 anni), non ci ha dato nulla in più di chiunque altro abbia preso le redini societarie negli ultimi tempi.
Un padrone sempre pronto a giurare che starà per anni con un mister, salvo poi esonerarne in media 2 o 3 all’anno. È indubbiamente un merito aver vinto subito la D (come del resto nei due casi precedenti, l’eccellenza non la consideriamo neanche), ma anche questa volta il passaggio dal dilettantismo al professionismo si è rivelato insostenibile. Perché il dilettantismo ancora impera: non c’è in società un uomo di calcio, non ci sono professionisti in nessun campo (dalla comunicazione alla gestione tecnica, pochi in rosa) e l’impressione di improvvisazione che c’è sempre stata è venuta al pettine con il salto nei pro. 
Ora, noi che ci sorbiamo migliaia di chilometri per raccogliere figuracce non andiamo in cerca di facili capri espiatori, abbiamo imparato a conoscere i valori tecnici dei giocatori, e non pretendiamo il salto di categoria come era stato paventato nei suoi deliri estivi. Ma la domanda è sul futuro: dove porta questo “nuovo calcio possibile”?
La trasparenza di bilancio e la mancanza di debiti saranno anche un pregio di sti tempi ma hanno vita corta se conditi da un dilettantismo così deprimente.
E basta con le supercazzole! 
Tra le altre ricordiamo: la B in 5 anni, lo spazio gonfiabili per il terzo tempo, vendite in cryptovalute mai avvenute, l’abbattimento delle barriere, il maxischermo, i bar allo stadio di gestione societaria, i soldi delle multe pretese dalla curva, “Karius vieni a Rimini che ti rilanciamo noi…”
Dopo 6 mesi di professionismo già vuole mollare, alla faccia della nuova filosofia. Il Neri come era è rimasto, venditore di lupini compreso. L’ultimo cambiamento l’abbiamo fatto noi dipingendo i distinti. Di conferenze stampa dove vengono attaccate tutte le parti in gioco tranne chi ha fatto le scelte, non sappiamo che farcene.
Vogliamo piuttosto che il primo che è passato 2 anni e mezzo fa, ossia lo stesso Grassi, anzitutto non ci manchi di rispetto, e in caso che la barca che ha messo in mare faccia acqua da tutte le parti, se ne assuma umilmente la responsabilità.
Il Rimini si arrabatta in Serie C in uno stadio vecchio, fatiscente e sempre uguale, senza bar, senza uno sponsor, isolato dall’imprenditoria e dall’amministrazione e da oggi con un padrone che vuole vendere al primo che passa. Quando inizia il “nuovo” calcio? Perché questa, come ogni volta che siamo arrivati al professionismo negli ultimi anni, è la solita minestra condita con qualche stravagante trovata mediatica e a sem bela che rot ‘e caz.
Dal canto nostro, faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per invertire la rotta ed arrivare al 5 maggio col sole che ci bacia la fronte e il vento in poppa. Basta piagnistei, fuori l’orgoglio di chi lotta per vincere.

– CURVA EST RIMINI –