Commovente la parata retorica dei giornali e di tanti tifosi afflitti dalla sindrome di Stoccolma. Commemorare 20 anni di presidenza degli Spinelli parlando delle tante belle giornate, delle soddisfazioni, è una cosa abbastanza comoda. Come se quei risultati li avesse fatti solo Spinelli e non Livorno, in campo e sugli spalti. Commemoriamo i bilanci sani, ma la morte della passione che è palese al Picchi.
“Dobbiamo uscire dalla Uefa che ci costa troppo” a pochi giorni dalla trasferta per Barcellona, quando centinaia di livornesi si privavano delle ferie e spendevano i propri soldi per vivere un sogno. Oppure i tanti, troppi, “basta sono stufo, stanco, voglio vendere, anzi regalo la società”, insieme ai tanti giocatori simbolo spremuti fino all’eccesso. I “dobbiamo vendere Lucarelli anche per salvare i bilanci”. I “quel giocatore non lo voglio più vedere è troppo amico della curva”. Esiliare Mazzoni per questo, e pagare la retrocessione per aver ingaggiato un cesso come Pinsoglio mentre Luca veniva osannato dove andava.
Giorni fa abbiamo assistito all’invito di Protti per tornare a cantare, ed anche se qualche stolto aveva pensato diversamente, avevamo preventivato quello che si è poi confermato: nemmeno Igor avrà più futuro in questa società. Una società che in vent’anni nemmeno una scuola calcio e degli impianti è riuscita a costruire.
Una società che ha disintegrato la partecipazione, che nemmeno i ragazzini delle scuole porta sugli spalti pur di vendere qualche biglietto in più.
Roberto Spinelli ha imparato come si fa, manda il padre allo stadio a prendersi gli applausi, ma come è successo a Genova due anni fa, quando siamo andati a parlare su loro invito per interrompere la contestazione al fine di raggiungere la promozione e vendere alla cordata presentata come futuro amaranto (Pecini, poi fatto sparire a fine anno), lo cacciò dalla stanza dicendo che tanto non decideva più lui. Poi disse “non ho voluto l’Alessandria, secondo voi voglio il Livorno?”.
Ecco la realtà che molti eludono, quella che ha visto creare bufale in continuo: Romano, Peiani, Pecini, Bandecchi, passando per Creaolo, Signorelli, Armenia, pezzi intercambiabili della solita direzione. La realtà è che Livorno è diventata terra di conquista ai vertici pur di non sparire, perdere la dignità sportiva per vantare i conti.
Un tempo questa città e tifoseria esigevano rispetto, oggi, forse, basta tenere in pari i bilanci.
Tanti auguri ai tifosi del Livorno, per tutto il sangue che in vent’anni hanno dato agli Spinelli, che se avessero rimesso soldi davvero, a quest’ora avrebbero abbandonato, e non cambiato le carte in tavola per l’ennesima volta dopo la promozione in serie B.
Aldo è un ricordo, che a noi non basta per farci prendere per il culo