A Napoli, il 7 Giugno, il Premier Renzi, intervenuto a “La Repubblica delle Idee” promette il “daspo” a tutti i politici e corruttori che macchiano la loro condotta: epurando i primi dal Parlamento, i secondi da eventuali appalti pubblici. Questo dopo lo scandalo “Mose” che ha investito Venezia.

In breve, il tutto, finisce per sembrare una convenzionale reazione di chi, a Capo del Governo, deve sbattere i pugni sul tavolo, mostrando ai cittadini la fermezza di chi sa gestire la situazione in momenti delicati della vita politico-sociale del Paese. Tuttavia nelle parole pronunciate dall’ex Sindaco di Firenze, non può che risultare fuori contesto la parola “Daspo”, che si attiene ad un’accezione prettamente sportiva. Non esiste già la Legge Severino, entrata in vigore il 5 Gennaio 2013, che rende incandidabile chiunque si macchi di corruzione, peculato e concussione: così da non poter partecipare ad alcuna elezione politica, subendo, inoltre, l’interdizione da tutti i pubblici uffici? Perché dunque alla luce di tutto ciò, servirebbe un provvedimento come un “Daspo”?

La risposta è semplice: esso è diventato uno slogan di caroselliana memoria, svuotato del suo significato originale, per essere utilizzato laddove poco ha a che vedere con la sua funzione. Le strumentalizzazioni post finale di Coppa Italia, più l’abile (?) dialettica politica hanno dato universalità a questa parola. Un passo indietro: cosa è dunque il Daspo?

È l’acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive, un procedimento non penale ma amministrativo, comminato “a categorie di persone che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica” secondo l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. La sua durata può variare da uno a cinque anni. Dopo la morte dell’Ispettore Raciti nel 2007, la misura introdotta nel 1989 viene riformulata attraverso la Legge Amato, il cui tanto discusso art.9 ne è l’epicentro della sua incostituzionalità: in buona sostanza, attraverso ambiguità di testo, istituisce una sorta di “Daspo a vita”, aggiungendo altri 5 anni supplementari di  pena non solo a chi ha scontato già pena, ma anche a chi è in via di giudicato. La garanzia Costituzionale della presunzione d’innocenza non vale dunque per i tifosi di calcio, per i quali nemmeno aver pagato il proprio conto con la giustizia pare bastare: devono pagare doppio, anche per chi non paga nemmeno una volta.

Dunque Renzi, per combattere la corruzione che sta sgretolando il nostro Paese, vorrebbe utilizzare un provvedimento sportivo in barba ad uno politico già in essere, ma soprattutto senza minimamente ravvisare i suoi evidenti profili di incostituzionalità.

La Legge 41 del 2007, detta Legge Amato, nell’art. 9, pomo della discordia nonché discrimine per l’accesso alla tessera e ad ogni altro titolo d’accesso alle partite, predispone che:

“E’ fatto divieto alle società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio, responsabili dell’emissione, distribuzione, vendita e cessione del titolo di accesso di cui al DM 06/06/05 del Ministro dell’Interno, pubblicato sulla G.U. n. 150 del 30/06/05, di mettere, vendere o distribuire titoli di accesso a soggetti che siano stati destinatari di provvedimenti di cui all’art. 6 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 ovvero a soggetti che siano stati, comunque, condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive”.

Nell’immaginario collettivo, tale sanzione grava solo per chi crea danni e disordini fuori e dentro lo stadio: il più delle volte la verità però è un’altra. Un esempio esplicativo può essere quello di un impiegato bancario di 44 anni: nel 2008, all’incontro Salernitana Calcio-Sassuolo, valevole per la prima di campionato, intento a introdursi all’Arechi con un paio di fumogeni, fu accusato di reato per introduzione di materiale pirotecnico. La Legge è Legge e deve essere applicata. Enrico Preziosi, Presidente del Genoa, nonostante fosse sotto effetto del Daspo, presenziò ugualmente all’incontro Genoa-Cagliari del 26 Agosto 2012.

La Legge è Legge e deve essere applicata: “a categorie di persone”.

Gian Luca Sapere.