Dopo una settimana, si ripete, come un deja vu, l’avventura in quel di San Marino per l’altro preliminare di Europa League, quello che coinvolge la locale Libertas e i bulgari del Botev Plovdiv.

La combriccola è la stessa, io e Simone, giunto appositamente da Roma, con l’aggiunta di Giobo che a questo giro non ha reperibilità lavorativa e riesce ad aggregarsi. Perdo il treno che mi avrebbe dovuto portare a Rimini in concomitanza con l’arrivo di Simone (sono un campione in queste cose…), così mi fa da navetta Giangiu, l’altro componente della colonna romagnola. Composto il trio, salutato Giangiu che dà invece forfeit, ci avviamo con Giobo alla volta dello stadio “Olimpico” di Serravalle.

Non avendo ricevuto nemmeno questa volta il pass parcheggio, optiamo per il giro largo. Se l’inserviente è categorico e non vuol lasciarci accedere da lì al campo, riusciamo quantomeno ad annusare l’aria tra il settore ospiti ed il bar adiacente: i gialloneri bulgari non sono tantissimi, ma ad impatto sembrano parecchio più “brutti” dei loro pari montenegrini affacciatisi da queste parti sette giorni orsono.

Tra di noi alimentiamo speranze dicendoci che manca ancora un po’ alla partita e che magari altri ne arriveranno, anche se a questo punto, qualche lecito dubbio in virtù del 4-0 dell’andata comincia a sorgerci.

Facciamo di nuovo il giro, riusciamo di nuovo ad ottenere il lasciapassare sulla fiducia da un secondo inserviente allo sbarramento (non so perché, chiamarlo “steward” mi sembra offensivo nei confronti della sua gentilezza e disponibilità…) e parcheggiata la macchina superiamo tutto l’iter burocratico in scioltezza, entrando sul terreno di gioco.

L’arcobaleno nel cielo lo accogliamo come presagio di tregua e speranza, dopo le piogge insistenti degli ultimi giorni. Siamo così ben disposti ed ottimisti che accettiamo di buon grado persino la richiesta stupida di lasciare fuori gli ombrelli. Da ingenui sognatori, forse coviamo ancora la segreta speranza di rimanere sbalorditi dai Botev, che solo pochi mesi fa, in finale di Coppa di Bulgaria contro il Ludogorets, incendiarono letteralmente lo stadio con una quantità infinita di torce.

I minuti pian piano passano, pezze e striscioni vengono disposti in vetrata e sulla parte alta del settore ospiti, ma numericamente il contingente non aumenta di molto. Quando le squadre scendono in campo, ci andiamo rassegnando all’evidenza. Non sono tantissimi in più dei montenegrini, rispetto a loro hanno l’attenuante della maggiore distanza (quasi il doppio) dall’Italia, così come della qualificazione già ampiamente acquisita all’andata; però visto il blasone superiore, come squadra e ancor più come tifoseria, era lecito attendersi qualcosa di più.

Da un punto di vista puramente vocale, il loro tifo comincia obiettivamente costante e buono, magari aiutato in questo dalla tettoia della copertura. Insolitamente, risultano anche piuttosto “melodiosi” all’orecchio, tanto da non sembrare una tifoseria dell’Est Europa, zona in cui i canti solitamente sembrano una indistinta litania gutturale. Persino il repertorio è più vicino a quello dell’Europa Centrale per i motivetti su cui reinventano le loro canzoni, anche se ad un certo punto si esibiscono in un ripetuto molto strano che sembra quasi l’hadan di un muezzin che chiama alla preghiera, per quanto il corpulento pluri-tatuato che lancia i cori offra ben poco di mistico o spirituale nel guardarlo.

Nonostante siano fortemente avvantaggiati dall’effetto cromatico dei propri colori sociali, sprecano questa risorsa non esponendo alcuna forma di colore ulteriore al di là dei vari striscioni in vetrata.

Piuttosto numerosi i battimani, anche se più li guardo e più non riesco a capire come facciano a starsene così disastrosamente sparpagliati nel settore, vanificando in tal modo tutto il proprio potenziale che, infatti, alla lunga va fisiologicamente esaurendosi.

Al buon primo tempo sugli spalti degli ultras del Botev, la squadra in campo risponde con una supremazia evidente ma sterile, tanto che la Libertas riesce a tornare negli spogliatoi con un incoraggiante 0-0 tra gli applausi di sostegno del proprio pubblico. Per loro niente tifo organizzato, come è noto, presenti per lo più parenti e amici dei calciatori che, in generale, sembrano leggermente al di sotto dei numeri visti settimana scorsa con la Folgore Falciano, risultando sicuramente meno rumorosi.

Il secondo tempo, in campo, segue le più logiche previsioni, con il Botev che segna due reti, senza però che la Libertas demorda o demeriti. Sugli spalti il crollo degli ultras bulgari è verticale e vertiginoso. Nessuna sorpresa, nessun colpo di scena sul copione, niente torce, niente sciarpate, niente vampate d’orgoglio, goliardate o cori tenuti ostinatamente a lungo. Per ammazzare la noia, i secondi quarantacinque minuti li trascorriamo praticamente tutti a raccontare vecchi episodi di stadio, vissuti direttamente come militanti o fotografi. Per il nulla di fronte a noi, qualcosa potevano carpirlo anche i bulgari ed unirsi alla amabile chiacchierata magari spiegandoci le ragioni storiche della rivalità con il Beroe Stara Zagora o l’amicizia con il Minyor Pernik: scherzi a parte, vedere certe prove non può che lasciarti perplesso sul reale valore di tante mitizzate tifoserie estere, al contempo portandoti ad apprezzare maggiormente quel poco che è rimasto entro i nostri confini.
L’unico momento da salvare del secondo tempo degli ultras del Botev è al triplice fischio finale, quando con improvviso ed inatteso slancio decidono di abbracciarsi tutti spalla a spalla, compattandosi e tirando fuori una serie di cori molto potenti per accomiatarsi dalla squadra che giunge ad applaudirli. Una parentesi in cui dimostrano chiaramente che, se solo avessero voluto, avrebbero potuto offrire una prova senza dubbio migliore sia in compattezza che in tifo vocale.
Si ripete, come da tradizione, il siparietto con la squadra sammarinese che va non solo ad applaudire i tifosi ospiti, ma anche ad omaggiarli con un lancio di maglie. In cambio si prendono il coro personalizzato “San Marino Libertà” sulle note di “Carnival de Paris” già sentito durante la partita.

Abbiamo visto abbastanza, ce ne torniamo a valle, verso Rimini: piada e birra per noi, un premio di consolazione ce lo meritiamo per mitigare la delusione.

Matteo Falcone.