“Onore a gatto Silvestro”. Così rispose la Maratona granata dopo che gli ultras laziali esposero uno striscione dedicato ad Arkan, leader di una milizia paramilitare serba additato come “criminale di guerra”. In una logica, a quanto intuisco, che vede come “eroe di guerra” chi non uccide nessuno e davanti al nemico si fa crivellare di colpi. Citare questo striscione sarebbe stata una giusta contestualizzazione di quella che è la sindrome di South Park di cui soffriamo noi ragazzi delle curve. Contro l’ipocrisia del politicamente corretto, incarnata dalla pubblicità della Lega Calcio del 6 agosto 2019: lo streaming uccide il calcio. Orari impossibili dettati dalle esigenze televisive, caro biglietti, DaSpo per fumogeni accesi in settori ospiti vuoti, retrocessioni decise nella calura estiva che colpiscono la squadra sfortunata di turno, tacendo sui giri di affari delle altre, nei cui bilanci nessuno entrerà per almeno qualche altro anno? E tutti gli striscioni di sfottò? Rido ancora sommessamente ripensando a “1-7 piazzato a Tor di Valle” dedicato qualche anno fa ai cugini giallorossi sconfitti pesantemente in Champions. Quelli vanno bene, roba buona per la prima serata su Canale 5 a Striscia. Tutto il resto che esonda i limiti del gusto borghese va invece demonizzato.

Gli Irriducibili, la Lazio, la Nord. Un buon poeta intitolerebbe così una poesia dedicata a Fabrizio Piscitelli, uno dei leader della Nord laziale, deceduto in seguito ad un colpo di pistola che gli ha attraversato il cranio mentre si trovava in un parco della capitale. I giornali traboccano di informazioni riguardanti i procedimenti giudiziari in cui era coinvolto, rimediando condanne per svariati anni di carcere. Innegabili. Il punto è però un altro: la morale. Le informazioni sono scaricate sul lettore a fiume, mescolando i vari ambiti. Diabolik era ultranazionalista: ma tralasciando che non nascondesse di essere di destra, la frase che vuol dire? Siamo al processo alle idee? L’argomentazione è vecchia, quasi quanto il movimento ultras, che di anni ormai ne ha più di 50. Diabolik era di destra, come lo era il Movimento sociale, che è stato rappresentato per decenni nel Parlamento, organo dei legislatori. Alla stessa maniera ha condiviso con taluni rappresentanti borghesi la contiguità a sodalizi criminali. Se però in altri casi si è soliti operare distinguo tra singoli e collettivi, tra responsabilità private e indebiti addebiti a intere comunità, ammantare di un velo nero i ragazzi delle curve è prassi consolidata e comoda. Il pensiero condiviso da più persone, che si sbattono 90 minuti per spingere la propria squadra in una curva, uscendo dalla monotonia quotidiana, è descritto come pensiero unico e quindi totalitarismo. Sono ben accette solo le forme più vendibili dal punto di vista dell’immagine del prodotto, quindi coreografie, sbandierate sciarpate ecc. Tutto deve far pensare a un movimento calcistico vivo e vegeto, sul terreno verde di gioco come sugli spalti; e se poi un giorno scaveranno nei conti societari, amen, farai un giro di purgatorio per qualche anno prima che la giostra riparta immutata.

Nel bene e nel male, ciao Diabolik, pezzo della storia della Nord laziale. Il resto è nulla più che morale ipocrita, che almeno davanti alla morte dovrebbero risparmiarsi.

Amedeo Zoller