Di romantico, in tutto questo polverone, c’è ben poco. Dove vogliono arrivare, chi ha deciso che il calcio in Italia deve morire? Le note suonano gravi, niente armonia, l’amarezza ristagna, la rabbia si annida sotto la pelle di chi vive ancora per difendere passione e appartenenza.
Sono settimane di fermento, un fermento figlio di una persecuzione illogica. La persecuzione di istituzioni che nulla hanno compreso di questo gioco, la persecuzione di palazzi e funzionari che vogliono soffocare il nostro Calcio. Discriminazione territoriale, dicono. Un’espressione vuota, artificiosa. Le curve devono chiudere: la culla del male italico va gettata nel fiume sperando che la corrente se la porti via. Ma nessuna corrente può e deve vincere un movimento che, con le sue diversità, deve correre compatto contro un solo nemico: lo Stato.
Discriminazione territoriale, dicono. Ma sanno, lor signori, che il calcio è discriminazione e conflitto nella sua essenza? Io ho la maglia di un colore, tu di un altro. Rappresentiamo due continenti, due stati, due città, due quartieri diversi. Siamo diversi: io gioco per vincere, per farti perdere, per dimostrare la mia superiorità. Dietro al tema potrebbero venir scomodati filosofi e scienziati, ma non è il caso. Non servono i nomi e le citazioni per rendere veritiero e oggettivo un concetto elementare: se sul campo il calcio è lotta e conflitto, perché mai sugli spalti dovremmo assistere a orde di automi seduti, con lo sguardo fisso a contemplare solo il movimento naturale e imprevedibile di un pallone, come se si stesse a teatro, come se l’emozione finisse lì, con un breve applauso o un cenno di disappunto? Qual è lo scopo? Cartelloni elettronici con su scritto cosa dobbiamo fare? Come negli studi televisivi, quando dopo qualsiasi patetica battuta un omone dietro le telecamere dice agli spettatori inebetiti se è il caso d’indignarsi o applaudire entusiasti. E’ quello, signori, il vostro ideale di tifo? E’ il modello inglese? Quello composto e compiacente? Tutti seduti e guai a chi si muove?