Quella tra Vis Pesaro e Sambenedettese è una sfida tra due diversamente deluse. Impantanate ormai da anni nel fango del pallone, queste due nobili blasonate si ritrovano oggi contro con umori comunque contrapposti. La Vis Pesaro, reduce dalla fallimentare retrocessione in Eccellenza della scorsa stagione, s’è ritrovata nuovamente in Serie D solo per la ricevuta grazia di un ripescaggio last minute; ripescaggio da cui sembrano essere derivati più danni che benefici, visto che la compagine biancorossa annaspa paurosamente in questo inizio di anno calcistico e non sembra assolutamente all’altezza della categoria.

Scenario più o meno simile per la Samb, anche se dalle sfumature diametralmente diverse: mancata per l’ennesima volta la tanto agognata promozione in Lega Pro, l’estate è stata all’insegna dell’immancabile crisi societaria poi risoltasi fortunatamente, anche se la speranza di tentare la carta ripescaggio in terza serie è stata vana, nonostante l’ecatombe derivante dall’ennesimo scandalo scommesse e da qualche ormai classico fallimento societario.

A rilevare la Samb in questa solita estate calda è stato il patron del Rieti Franco Fedeli, imprenditore del ramo distribuzione che, in questo breve lasso di tempo, ha allestito una formazione veramente in grado di asfaltare la categoria, se pronostici sulla carta e esiti sul campo andranno a coincidere. In tutto ciò, se ci si può rallegrare per una piazza storica come San Benedetto del Tronto che torna a sognare, da un’altra prospettiva dispiace per Rieti che invece è stata abbandonata a sé stessa. La (con)causa è da ricercarsi in un antecedente e logorante braccio di ferro con l’amministrazione locale: ultimo atto, l’amministrazione, pur di raccattare altri due spicci, ha ceduto l’impianto cittadino alla Lupa Castelli Romani. Inutile dire che tale squadra non ha ovviamente alcun legame con il territorio ma, evidentemente, si ragiona in termini di soldi e sulla stessa lunghezza d’onda dei Comuni dalle casse asfittiche. Se un domani saltasse fuori anche a San Benedetto una Giunta riottosa verso il calcio? Non oso immaginarmelo e non ritengo nemmeno sia giusto fare un processo sommario e con pochissimi elementi a disposizione a carico di Fedeli, ma l’evoluzione del calcio e dei suoi uomini mi lascia quantomeno perplesso, quello sì.
Uomini per uomini, nel settore caldo del tifo Pesarese, appena si dispongono tutte le varie pezze e gli striscioni, appare in bella evidenza un “Leonardi vattene” rivolto al loro presidente. Successivamente gli sarà dedicato anche uno striscione cartaceo e, a fine gara, una delegazione di tifosi si recherà sotto la sua abitazione per chiedere chiarimenti sul futuro. Azione spontanea e in buona fede, che però è costata una prevedibile e selvaggia strumentalizzazione mediatica, oltre ad una denuncia del destinatario della contestazione, stando almeno a quel che riporta la non sempre attendibile stampa. In tal senso anche la “Vecchia Guardia” ha emesso un comunicato per mettere i canonici puntini sulle “i” e rigettare le accuse più infamanti, anche se poi, quando la macchina del fango ha preso a schizzare i suoi fetidi colpi, arrestarla diventa impresa titanica.

Tra le varie insegne dei padroni di casa, mi salta subito all’occhio una croce arancione su campo nero che rivela la presenza dei gemellati Pistoiesi, evidenziatisi poi durante l’incontro anche con una bandierina arancio-bianco-blu. Con i calendari di calcio spalmati ad ogni giorno e ad ogni ora, anche fra le fila degli ospiti è resa possibile la presenza dei gemellati dalla vicina Rimini (visibili con la pezza “RWS”). Questioni di poco cordiale vicinato, portano i Pesaresi ad apostrofare immediatamente i sopraggiunti Romagnoli con parole di scarso affetto: immancabile il “Romagna mia” in versione storpiata. Nella logica del beduino, i Sambenedettesi non si risparmiano e dedicano anche loro, senza indugio, parole al veleno ai dirimpettai.
Non mi avventuro in stime numeriche, la matematica non è mai stata il mio forte, ma i sambenedettesi sono in tanti, pure in troppi per quel che meritano queste categorie, questo calcio o la loro condizione eterna di condannati alle sofferenze. Adesso sì, il vento della speranza soffia sul fuoco dell’entusiasmo, ma non è comunque facile restare in piedi dopo anni di batoste. Giornali locali parlavano di 700 biglietti a loro disposizione andati tutti esauriti, ma sinceramente e al netto della mia scarsa capacità di stima, i numeri mi sembrano notevolmente inferiori a questa soglia.
Gli ospiti si rappresentano con la sola pezza “Ultras Samb” dallo stile retrò molto suggestivo, affiancata dall’altrettanto bella dedica ai diffidati: una rondine che richiama esplicitamente al tatuaggio “old school”, simbolo di libertà e del ritorno, di attaccamento alla “famiglia”.
Nel settore di casa, oltre ai già citati striscioni, trovano posto “Vecchia Guardia” e “1898”; questi ultimi offrono piacere agli occhi anche con un altro paio di drappi quali “Diffidati 1898” e “Disperato amore”. Nella disputa del colore, i Pesaresi giocano subito il tutto per tutto con un bel tocco di bandierine bianche e rosse per incoraggiare il proprio undici che scende in campo. Verrà accesso anche un fumogeno, nascondendolo tra le gambe dei presenti per non incorrere nello stupido accanimento che da qualche anno riguarda la pirotecnica. La scena si ripeterà in un altro paio di occasioni, anche nella Curva opposta, sempre con le identiche modalità; cambiano solo gli artifici pirici che tra i Samba sono delle torce.

L’inizio dei sambenedettesi è molto più asciutto nel colore e nello stile: giusto qualche bandiera di dimensioni maggiori, ma tante manate, voce e continuità al ritmo di un tamburo. Sentendoli tifare, il primo aggettivo che mentalmente mi sovviene per definirli è “italiani”: la scelta dei motivi, il timbro, il ritmo, la costanza e l’ostinazione con cui tengono alti per svariati minuti i loro cori mi fa inevitabilmente pensare a quell’impronta tipica del tifo italiano anni ’80 e ’90 che ormai ha quasi completamente ceduto il passo un po’ per la repressione (che ha forse represso più la passione ed il calore del pubblico che non la violenza) ed un po’ per l’omologazione della globalizzazione. In tempi in cui le distanze si sono ridotte, sia per lo sviluppo dei mezzi di trasporto che per i mezzi di comunicazione, anche le differenze fra una tifoseria italiana o argentina si sono appiattite: ad onor del vero anche i Sambenedettesi propongono la loro rivisitazione di uno dei canti delle “canchas” ma, lo dico senza ruffianeria che chi mi conosce sa non appartenermi, risulta gradevole come raramente accade. Questo fermo restando che, per il mio gusto personale, tali cori non mi piacciono soprattutto per una questione “culturale” e vorrei non sentirli mai, ma ovviamente non ho io il megafono in mano e non sta a me fare queste scelte.
Sui Pesaresi posso dire che mi hanno stupito sotto diversi punti di vista, prima di tutto numerico, visto che sinceramente m’aspettavo ormai il deserto, dopo che avevano finito disastrosamente la scorsa annata e iniziato peggio questa. Numeri invece sicuramente dignitosi, nella fattispecie per quel che riguarda lo zoccolo di persone che si compatta per sostenere la Vis. È ottimo soprattutto l’approccio mentale e l’orgoglio con cui rispondono colpo su colpo alla tifoseria ospite, nonostante la loro squadra sia onestamente patetica e finisca ben presto sotto di due reti. Il loro primo tempo è encomiabile, davvero nulla da dire, anche se poi nel secondo tempo perdono mordente e alla lunga finiscono per cedere allo scoramento, subendo l’entusiasmo e i numeri dell’opposta fazione.
In campo finisce con un 1-4 inappellabile, risultato che di per sé basterebbe per avere una proiezione abbastanza realistica dello scenario che andrà maturandosi da qui a fine stagione. Non si può non sperare che, inversamente, la Vis Pesaro sappia ribaltare questa situazione e la Samba invece sappia saldamente cavalcare l’onda senza farsi sbalzare per le vertigini: entrambe le piazze, ognuna con i dovuti distinguo relativi al contesto odierno, hanno comunque dimostrato di meritare di più di quello che attualmente hanno.

Matteo Falcone.