La sfida odierna che si consuma all’ombra del castello di Drena vede situazioni molto differenti per non dire opposte; la prima della classe e quelli che si impegnano sempre, il bomber di origini argentine prelevato dal vicino Veneto e i giocatori in rosa da anni e anni, i pochissimi paganti dopo cinque anni di quarta serie e i colorati e festosi ultras sempre presenti.

Il Dro, società presa in mano un paio di decenni fa dal passionario presidente/direttore sportivo Loris Angeli, ha da tempo abbandonato i campi regionali, dopo aver calcato per parecchi lustri i terreni di prima e seconda categoria, e quest’anno si appresta a fare ritorno in serie D, categoria che nelle ultime cinque stagioni lo ha visto raggiungere salvezze a volte più a volte meno faticose. L’organico è di prima qualità, ma in ciò manca un fattore: il pubblico. Spesso negli scorsi anni a Oltra, località nel comune di Dro posta su un rilievo che sovrasta il paese, si sono visti meno di una 50ina di paganti.

L’avversario di scena è il Maia Alta/Obermais, squadra espressione di un quartiere di Merano, nota in regione per la sua colorata tifoseria. Spesso chi non è nato nella nostra regione, confonde il Trentino con il Sudtirol/Alto Adige, due mondi immersi da secoli in un contesto culturale diverso. Se Dante nella sua opera incompiuta De vulgari eloquentia spiegava che fino a qualche chilometro a nord di Trento si parlava qualcosa di simile al volgare italiano, la situazione pare essere rimasta pressoché uguale, con alcune zone cittadine del Sudtirol interessate dalla presenza di una numerosa comunità italofona.

Calcisticamente parlando, le compagini altoatesine sono particolarmente ostiche, con campi inespugnabili che spesso vedono sugli spalti una buona presenza di locali; i giocatori più talentuosi a volte appaiono in cartelloni pubblicitari posti all’esterno dei campi, con sullo sfondo i nomi e i marchi degli sponsor. Un mondo profondamente unito e diverso da quello trentino, in cui solo rare realtà vedono una partecipazione popolare sugli spalti dall’Eccellenza in giù.

Da metà anni Duemila il Maia Alta può vantare un gruppo organizzato sempre presente nonostante negli anni non vi sia mai stato un approdo in quarta serie, anche se spesso la squadra ha stazionato tra le prime cinque; il calcio, lassù, interessa non solo a chi lo gioca quindi, nonostante si sia a livello dilettantistico.

Come sempre propongono un tifo improntato sul modello italiano, con un tamburo a ritmare il tifo e i battimani ad accompagnare i cori; è la Mitteleuropa, in cui l’individuo, secondo le definizioni più scolastiche perde la propria identità, come conseguenza di più culture e religioni che vanno ad influenzarlo. Ciò si è poi allargato sul piano politico, dato che l’Impero Asburgico, espressione politica del concetto, si è disciolto con la fine della Prima Guerra Mondiale, o secondo alcuni con l’inizio della stessa.

Allargando la cosa al nostro campo, quello del sostegno sugli spalti, è la fusione tra nordici volti rubicondi e un modello di vita improntato alla predilezione per spazi chiusi, con un tifo fatto non solo di cori ma di vivere in libertà l’ambiente stadio, senza doversi incasellare in fenomeni di massa. È lo scontro tra l’ordine necessario nelle società sviluppatasi in ambienti più freddi e che strutturalmente necessitano di un’organizzazione rigida e il senso di vivere liberamente la vita grazie al clima mite, sentimento che popola invece le coste del Mediterraneo; è lo scontro tra la sottocultura casual di massa inglese e il vestirsi in maniera omogenea propri del mondo delle curve svizzere e tedesche e il libero modo di vestirsi che ha popolato le curve italiane, mi viene da dire almeno fino a un paio di lustri fa.

I due mondi si incrociano al confine, in questa tifoseria espressione di una parte di Merano, mantenendo del tifo tedesco e del suo retroscena politico e culturale l’essere antirazzisti e antifascisti, scelta frutto non dell’abbracciare una vera e propria parte politica ma della storia della propria nazione, qui intesa in senso culturale più che territorialmente legate a confini peraltro immaginari. I ragazzi biancoblu partecipano infatti da anni ai Mondiali Antirazzisti che si svolgono vicino a Modena in luglio, ma nella loro curva non appaiono pezze e bandiere con sigle politiche, anzi la pezza Pochi ma buoni scritta col font “tradizione” farebbe pensare al contrario chi analizza con superficialità il mondo delle curve.

Oggi si raggruppano in una 20ina dietro ai loro vari vessilli, tra cui mi fa sorridere una bandiera con la scritta Cane sciolto, ed esultano al gol del momentaneo pareggio siglato da Malleier, festeggiato con un coro dedicato al giocatore sulle note di “Will Grigg is on fire”, ripetuto per vari minuti. Il finale vede il Dro uscire vittorioso per 3 a 1, ma anche il doppio passivo non vede un calo nel sostegno. A fine gara tutta la squadra sotto il settore, tra gli applausi reciproci tra giocatori e tifosi e i complimenti ai sostenitori ospiti da parte dello speaker del Dro.   

Amedeo Zoller