L’ultras ed il movimento ultras sono fenomeni in continua evoluzione che rifiutano la staticità, questo è un dato di fatto inconfutabile. Del resto anche la società si muove, magari a velocità diversa, su questi binari, siamo in un’epoca dove l’immediatezza, la velocità e l’adattamento sono valori fondamentali nel lavoro, nello studio e nella vita sociale. Non che questo sia un vantaggio del quale andare fieri, anzi, a mio modesto parere la folle rincorsa a valori materiali porta ad uno sfinimento di altri valori, egualmente se non più importanti del benessere economico. Soffermandoci sull’ultras è superfluo descrivere l’evoluzione della specie dagli anni ’70 ad oggi ma vorrei soffermarmi sulla dialettica e sulla terminologia che attualmente va in voga.
Un tempo la parola gemellaggio era una pietra miliare del movimento, un termine usato non a caso che voleva testimoniare un rapporto di vicinanza tra due tifoserie, una medesima visione dello stadio e della società, una comune condivisione di valori. Tanti vecchi gemellaggi si sono trasformati in acerrime rivalità, uno sgarbo, un errore da parte di una delle due componenti o semplicemente un cambio generazionale all’interno della curva possono modificare la stabilità di rapporti anche pluridecennali. In tempi recenti mi viene in mente il gemellaggio che legava reggiani e spallini, ormai naufragato e trasformatosi in una sentita rivalità.
Episodio non certo unico ma del resto in cinquant’anni di storia del movimento, certi cambiamenti si possono e si devono mettere in conto. Da qualche tempo a questa parte la parola gemellaggio è passata di moda venendo sostituita da termini come “reciproco rispetto”, “buon rapporto” o nel migliore dei casi “forte amicizia”. Probabilmente uno dei fattori che ha generato questo cambio di terminologia è ricercabile nello scioglimento dei vecchi e numerosi gruppi ultras che avevano praticamente in pugno la curva e decretavano amicizie e rivalità con le altre tifoserie. Oggi tra gruppi, sottogruppi e gruppetti varie, le curve appaiono talmente frammentate che anche i rapporti tra le varie tifoserie sono difficilmente decifrabili e si va avanti soprattutto ad amicizie personali che solo in rari casi trovano totale appoggio incondizionato.
Uno dei casi che va controcorrente è il gemellaggio, e qui si può usare senza possibilità di errore questo termine, tra Empoli e Parma che in questa stagione festeggia la bellezza di trentacinque anni, un traguardo del quale andare fieri in quanto ha resistito a più di un ricambio generazionale facendo leva sulle affinità che hanno legato e legano tutt’ora le due tifoserie. Eppure i racconti parlano di un periodo buoi dove le due tifoserie avevano perso parzialmente i contatti, verso gli inizi degli anni ’90, vuoi magari per aver militato in campionati diversi, vuoi per il primo ricambio generazionale nelle due curve, vuoi pure per una difficoltà a tenere in vita rapporti in un’epoca dove a parte il telefono e l’obsoleta triade busta – lettera – francobollo esistevano ben pochi altri metodi di contatto.
Detto che i piccioni viaggiatori necessita di un lungo periodo di addestramento, i social network oppure un indirizzo mail non avevano minimamente espletato il primo vagito. I rapporti furono riallacciati dai più giovani delle due curve, i vecchi approvarono e si accorsero di come certi valori erano rimasti fermi ai loro giorni ed il rapporto, le visite reciproche e gli scambi di saluti sono proseguiti fino ai nostri giorni senza intoppi di sorta.
Fa sempre un bell’effetto a fine partita fuori dello stadio, vedere praticamente tre generazioni di ultras parlare tra di loro. In entrambi gli schieramenti ci sono persone che ormai hanno tagliato il traguardo dei cinquanta, hanno moglie e figli e qualcuno di questi ha intrapreso la “carriera” del padre ed oggi porta fiero una sciarpa al collo. Così abbiamo i cinquantenni capello bianco e barba incolta con le felpe del gruppo ed i giovani appena diciottenni dall’aspetto più curato che ragionano di ultras ma in mano hanno quel telefonino che ritengono elemento se non proprio indispensabile, almeno molto importante. Sono la cosiddetta generazione 3.0 e non c’è da stupirsi se sono figli, e spero no schiavi, della tecnologia.
La giornata di festa comincia di buon’ora, già da metà mattinata le due tifoserie si trovano una di fronte all’altra per la classica partita che vede da una parte schierata la Curva Nord Matteo Bagnaresi e dall’altra la Maratona. Tra cori, torce e qualche schema improvvisato, si prosegue fino al momento del pranzo, poi direzione stadio per assistere alla partita che magari ha meno fascino della precedente ma ha il dono dell’assegnazione dei fatidici tre punti.
Tradizionale gemellaggio con una bella sbandierata effettuata sulla pista di atletica tra cori e applausi che si sprecano ed infine ognuno nei rispettivi settori per espletare la formalità del tifo. Formalità che gli ospiti sembrano gradire, il tifo dei gialloblù è continuo e molto partecipativo, bandiere e due aste non mancano perciò il colore, se non proprio ai massimi livelli, è comunque una componente importante. Qualche momento di silenzio in più va segnalato in Maratona che a parte qualche fiammata, si mantiene su livelli inferiori alla media.
Non mancano i reciproci striscioni di stima così come i cori effettuati sia prima che al termine della partita. Parlando di striscioni va menzionato quello che gli Young Ultras mostrano di vicinanza a bergamaschi e livornesi vittime di quella che va classificata come probabile abuso di potere da parte delle forze dell’ordine. Al netto delle indagini in corso, dei video che girano alla velocità della luce e ai comunicati che arrivano dai diretti interessati, occorre puntualizzare che era da troppo tempo che aleggiava una certa tranquillità tra forze dell’ordine ed ultras che probabilmente non fa il gioco di chi vuol vedere nel tifoso quell’elemento destabilizzante capace di creare disordine e perciò generare insicurezza.
Altresì, almeno in tempi recenti, non ricordo carche all’interno di un settore ospite, tra telecamere fisse ed una maggior presa di coscienza da parte degli ultras, è difficile comprendere il senso di quelle che un tempo venivano classificate come cariche di alleggerimento ed in realtà lasciavano strascichi piuttosto importanti sui corpi dei malcapitati.
Non per piangersi addosso e magari neanche per ottenere quella giustizia difficilmente raggiungibile ma venire picchiati e magari diffidati è come essere becchi e bastonati. I toscani capiranno benissimo il concetto, per gli altri lascio lo spazio all’immaginazione. Spazio piuttosto ristretto.
Valerio Poli