Spesso succede che, troppo impegnati a discutere e combattere sulla deriva del cosiddetto calcio moderno, non ci siamo accorti come anche l’ultras abbia modificato il proprio essere, sia sul piano estetico sia su quello dialettico. Ormai ci sono slogan urlati a destra e manca, spesso più per il gusto di apparire che non per la reale aderenza personale all’argomento. Persino quelle sfaccettature che un tempo venivano date per assodate, oggi invece son state rimesse in discussione, quasi vivisezionate.

Mi riferisco al valore della parola “gemellaggio”, ormai quasi passata di moda, caduta quasi in disuso per certi altri. Un termine che per sembra persino essersi svuotato di valore, ma che a mio parere rappresenta altresì una gran bella fetta dell’essere ultras.

Alla parola “gemellaggio” si è via via sostituita la parola “amicizia”, come se questa cambiasse l’ordine delle cose. Chissà perché, da un po’ di tempo a questa parte, un rapporto cordiale tra due tifoserie, una reciproca unione di intenti, un medesimo modo di vivere lo stadio genera non un gemellaggio ma una amicizia.

Anche su tale termine occorre fare un distinguo: lo scioglimento dei grandi gruppi ultras, la nascita di gruppetti e sottogruppi ha generato in alcune curve una geografia sterminata, sempre in evoluzione, con alternanze rocambolesche degne della miglior soap televisiva. Si assiste quindi sempre più spesso ad amicizie tra singoli gruppi, non condivise dalla totalità della curva, spesso addirittura in contrasto con quelle degli altri gruppi della propria tifoseria. Infine, e qui chiudo un’analisi che altrimenti diventa stucchevole, ci sono le amicizie personali, non riconducibili ad una curva o a più gruppi della stessa curva ma ad una esigua minoranza che, chissà in quale occasione e ambito, ha stretto contatti con una minoranza di un’altra curva.

Insomma, un labirinto dove è parecchio facile perdersi, rapporti che non sono più schematizzabili come un tempo, rapporti in continua evoluzione magari dettati dalle nuove forme di comunicazione: internet per intendersi, ha contribuito in maniera sostanziale a non diradare i rapporti tra le persone ed ha favorito a crearne di nuovi. Non da meno è da considerare il fenomeno dei voli low cost che hanno incentivato e cementato alcune amicizie di tifoserie italiane con gruppi ultras esteri.

Quando parlo di Empoli e Parma penso di non sbagliare se uso la parola “gemellaggio”, perché questo è un rapporto iniziato nei primi anni ’80 ed ufficializzato in una partita al Tardini nel lontano 25 novembre 1984, quando le due tifoserie, già precedentemente in contatto, siglarono un legame che negli anni è rimasto inalterato fino ai giorni nostri. Se all’epoca si usava “gemellaggio”, anche oggi mi piace continuare ad usare tale termine perché di rapporti così duraturi ormai ne son rimasti pochi.

Come da tradizione il gemellaggio tra le due tifoserie comincia con una salutare sgambata in un campo da gioco alla periferia di Empoli, dove le due delegazioni si trovano una di fronte all’altra in pantaloncini e maglietta per deliziare il pubblico presente. Dopo una salubre sudata, si passa all’immancabile pranzo, infine si arriva alla partita. Anche in questo caso il capitolato offre la consueta sbandierata sulla pista di atletica, i bandieroni delle due tifoserie si uniscono sotto il settore ospite e veleggiano di comune accordo fin sotto la Maratona dove il colore si fonde con gli applausi scroscianti di tutto lo stadio.

Al momento dell’ingresso in campo delle due squadre, la Maratona offre una semplice ma graziosa coreografia con le bandiere giallo – blu – azzurre racchiuse ai lati dai colori sociali dei due club. I parmensi non offrono nulla di speciale, qualche bel bandierone, qualche bandiera di dimensioni ridotte e gli scontati applausi per la perfetta riuscita della coreografia dei dirimpettai.

Ospiti che questo pomeriggio si fanno vedere e sentire nonostante la fastidiosa pioggia che offre la propria compagnia per tutta la durata della partita. Il tifo dei ducali è continuo, con pause praticamente azzerate ed in alcuni casi coinvolge veramente tutto il settore. Se la parte alta dello stesso è poco incline a partecipare ai cori, ben più di metà settore non smette di urlare a squarciagola. Eppure il termometro in casa parmense non tende all’euforia, la squadra ha subito qualche passaggio a vuoto ed anche in questo pomeriggio le cose si mettono subito male sul terreno di gioco, ma dopo aver chiesto alla squadra di tirare fuori gli attributi, gli ultras gialloblù sfornano una prova maiuscola con cori, battimani e sciarpate che lasciano il segno. Sul finale di gara, con il risultato ampiamente compromesso, sono quasi commoventi per come tengono un coro alto per diversi minuti senza farlo calare d’intensità, riuscendo a coinvolgere gran parte dei presenti.

Empolesi che ce la mettono tutta per farsi sentire ed in questo pomeriggio in alcune circostanze ci riescono parecchio bene, il risultato li agevola, la posizione in classifica pure, ma almeno in questa occasione il tifo ha potuto avvalersi anche di quelle persone che magari spalleggiano gli ultras di tanto in tanto e che in questa occasione hanno offerto un apporto maggiore. La Maratona, pur con qualche pausa, trascina la squadra alla vittoria, battimani e cori non mancano, così come gli attestati di stima che anche durante la partita, si scambiano le due fazioni. Inevitabili anche i cori contro i rivali viola ed inevitabili pure quelli a fine partita a rinsaldare il gemellaggio. Perché se la partita finisce al novantesimo minuto, certi rapporti continuano a durare, in barba alle nuove mode, ai ricambi generazionali e a quella voglia di apparire invece di essere.

Valerio Poli