Tantissima pioggia quest’oggi al San Nicola, e si sa, la pioggia tende a dissetare i cuori malinconici e a portare nostalgia, ricordi, pensieri passati, sogni e triste realtà. E’ palese come entrare in uno stadio non sia dettato più dalla spensieratezza e dalla felicità. Daspo, divieti di trasferta, tessera del tifoso, tutti ingredienti che mettono a dura prova l’ultras, in un filo sottile tra compromesso e equilibrio che cerca una sola strada, quella della coerenza: un concetto, per gli ultras, spesso difficile da gestire.
Si ha a che fare sia con tifosi passionali, ultras fedeli al proprio ideale, sia con quei finti idealisti ultras, che per moda tendono a mascherarsi dietro questa complessa parola.
Eppure, la differenza è facile da comprendere: il compromesso è un gioco al ribasso che si fa per galleggiare, quando si trovano accordi pur di “tenere in piedi la baracca” (in realtà, in poche parole, non si costruisce niente). Si tira a campare mediante imposizioni e si nasconde la polvere sotto il tappeto in attesa e sperando che cambi qualcosa.
L’equilibrio è l’atteggiamento di chi vuole costruire qualcosa e cerca di trovare quegli elementi e stimoli positivi che gli permettano di andare avanti. Di chi non è disposto a digerire tutto pur di restare in piedi e sa capire i limiti oltre i quali non ha senso e non è possibile andare. Le storie d’amore e ribellione, le storie ultras per intenderci, vivono proprio di questi concetti basati sui due poli opposti: equilibrio o compromesso, appunto.
Nulla da contraddire, il tifoso, a prescindere, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia, è un essere tremendamente compromettente quando si tratta di sostenere la propria squadra e soprattutto i propri beniamini, e difficilmente (e lo dico a malincuore) essi vengono dopo l’amore per la maglia e per gli stessi amici/conoscenti di “gradone” che sono costretti a non esserci.
Una premessa, questa, che mi riconduce a questo sabato pomeriggio, caratterizzato, come detto, da tantissima pioggia. Ho voluto immaginare un prosieguo del silenzio, anche parziale, nel rispetto dei “daspati di gruppo”, e non solo per loro, come giusto che sia, ma così non è stato. La rabbia accumulata nel dopo Frosinone, oggi, sembra essere andata persa o accantonata. Certo, in primis, è nell’indole del tifoso il massimo sostegno, ma è palese in tutta Italia come il mondo ultras sia cambiato: si cerca di sopravvivere, questo è l’unico concetto che percepisco; non c’è più né tempo e né spensieratezza per pensare ai “dettagli”.
Tornando, in breve, ai 90 minuti visti sugli spalti, dai bei cori rabbiosi, di ribellione, del primo tempo di Bari-Livorno, si è ritornati alla tradizionale Curva Nord, con tanto colore e tanta passione. Un tiepido coro per i diffidati, e un sostegno, come sempre, mantenuto su alti livelli. Un secondo tempo caratterizzato da tanta pioggia che porta al riparo, nei teloni rimasti e nella parte inferiore, tanta gente. Ma lì, nello spicchio centrale, rimangono i soliti, con le bandiere inzuppate d’acqua e alzate tra mille difficolta, e un’intensità vocale mantenuta sempre su buoni livelli. Le torce e i fumogeni si sprecano anche quest’oggi. Nella Sud Inferiore il solito manipolo senza tessera, che incurante della pioggia si lascia andare a cori contro tessera, e un curioso quanto controcorrente coro contro Caputo dopo il goal. Insomma un gruppo, con i suoi limiti numerici, che mantiene il delicato bilico, quel famoso filo sottile di cui accennavo prima, tra equilibrio o compromesso.
Da Modena e non in ultimo, una sparuta rappresentanza ultras. Cori molto sporadici, anche loro rimangono sotto la pioggia. In tempi di crisi, e compromessi, presenza rispettosa, nonostante la distanza.
Massimo D’Innocenzi