Quando ormai in Italia si è visto di tutto, o quasi, e si assiste quotidianamente alla solita monotonia di trasferte vietate, repressioni, tessere e burocrazie varie, chiunque senta il bisogno di accrescere le proprie conoscenze culturali nutre la necessità di allargare i propri orizzonti verso quei famosi palcoscenici infuocati dei derby d’Europa.

Questa esperienza europea nasce quando, assieme ad altri quattro amici, decidiamo di assistere al famoso derby di Bulgaria tra il Levski Sofia e il Cska Sofia. Gara che si gioca di sabato pomeriggio alle ore 14.30 locali (13.30 Italiane) allo stadio Vasil Levski di Sofia, dove di solito si disputano le gare della nazionale bulgara, palcoscenico strutturale adatto ad ospitare due delle tifoserie più famose d’Europa note non di certo per l’indole pacifica.

Atterrati la mattina stessa all’aeroporto di Sofia, ci accoglie una giornata calda e soleggiata piuttosto atipica da queste parti, dove le escursioni termiche tra notte e giorno la fanno da padrona. Il paesaggio alla nostra vista è decisamente ammirevole, tipico dei Balcani, e ci lascia subito intendere che gli anni del regime hanno lasciato un forte segno alle intere generazioni che si sono succedute durante il corso degli anni: ormai il nazionalismo e l’attaccamento verso la propria patria sono parte integrante della cultura della gente che popola queste terre.

Passata di moda la famosa nomina degli “italiani solo pizza, spaghetti e mandolino”, con sommo piacere scopriamo che tutte le persone con le quali ci rapportiamo ormai ci riconoscono in Europa come “italiani Berlusconi trombatore”, strappando un ironico sorriso, visto che passare da famosi “mangiatori” a “trombatori” ci ha portato a guadagnare di certo una nomea non indifferente.

Il tempo di posare le valigie in hotel e siamo subito in centro, più che per visitare la città, per trovare un cambio valuta visto che il nostro Euro, pur valutato quasi il doppio del Lev locale, non sembrerebbe poi cosi ben accetto.

Basta poco per capire che il centro di Sofia è zona Levski; si notano persone che in gruppo si spostano con sciarpe bianco blu, birra alle mani, presidiando la zona in svariati punti nevralgici. A primo impatto sembra chiaro che qui nessuno segue o si ispira a strane mode, tantomeno inglesi. Felponi neri con cappuccio, qualcuno a maniche corte, qualcun altro già preso dall’alcool addirittura a petto nudo con ben in vista i numerosi tatuaggi nazionalisti.

Le forze dell’ordine sono ben dislocate numerose in ogni parte della città; persino all’interno della Metro vi è un poliziotto in ogni vagone.

Decidiamo quindi di portarci subito in zona stadio dove del resto ci sono da ritirare i nostri accrediti. Una volta giunti all’esterno della tribuna locale, contattiamo telefonicamente l’addetto stampa del Levsky che vediamo uscire immediatamente per consegnarceli personalmente, quando, stando alla regola, avrebbero dovuto essere ritirati giorni precedenti. Ma qui i fiscali e inutili regolamenti lasciano spazio alla cordialità. Nei nostri confronti una gentile accoglienza che ci lascia un po’ spiazzati rispetto a ciò che viviamo; in Italia richiedere un accredito dalla terza serie in su comporta un iter burocratico piuttosto complesso tra tesserini e iscrizioni agli albi, per non parlare poi delle difficoltose metodologie del loro ritiro.

Attorno allo stadio l’atmosfera è piuttosto tranquilla, lo spiegamento delle forze dell’ordine è notevole ma il tutto si svolge in una maniera a dir poco distesa e priva di tensioni. In lontananza veniamo attratti da cori che si sollevano in maniera possente.

Il tempo di fare qualche passo più avanti e ci imbattiamo nel corteo degli ultras del CSKA. Davvero bella gente di impatto, tanti fumogeni, petardi, battimani, in marcia in direzione stadio sotto l’occhio attento della polizia. A dire il vero nulla da segnalare, se non qualche bottiglia che vola all’indirizzo delle guardie poste lungo la strada. Nonostante ciò gli animi rimangono piuttosto pacati, chissà in Italia quale sarebbe stata la contromossa da parte degli uomini in divisa.

Il tempo di ritornare nei pressi della tribuna e riusciamo anche a notare la presenza del corteo del Levski che per tempistica non riusciamo ad immortalare fotograficamente, ma di sicuro possiamo confermare che nulla di invidiare aveva con il precedente corteo del CSKA.

Sembra piuttosto evidente che le due tifoserie abbiano delineato all’interno della propria città i confini relativi alle proprie zone.

Con stupore notiamo che il giorno della gara, a differenza di ciò che accade in settimana, le due tifoserie non sentano poi questa estrema necessità di cercarsi ed entrare in contatto. Ognuna non evade i limiti della propria zona, optando come priorità assoluta non lo scontro, ma l’organizzazione del tifo all’interno del proprio settore, assicurandosi che durante la gara il tutto si sviluppi senza intoppi particolari.

Entrati sul terreno di gioco, notiamo subito che i settori dello stadio sono divisi e destinati in egual modo ad entrambe le tifoserie, con i distinti vuoti e presidiati da un numero massiccio di forze dell’ordine a fare da cuscinetto tra le opposte fazioni.

La partita ricade il giorno successivo della liberazione bulgara dal dominio ottomano, 3 Marzo 1878 – 3 Marzo 2017, una ricorrenza molto sentita da queste parti, a tal punto che gran parte delle coreografie realizzate dalle due tifoserie avranno come tema predominante i colori che compongono il tricolore della bandiera bulgara.

A pochi istanti dall’inizio della gara le due curve si presentano praticamente gremite. Di entrambe rimaniamo colpiti dalla presenza di tantissimi tifosi sulla pista di atletica intenti ad organizzare le varie coreografie, nonché i lanciacori che durante tutta la gara presidiano a bordocampo dirigendo i cori con microfono e casse acustiche, riuscendo a coinvolgere tutta la curva con una semplicità disarmante e, perché no, anche invidiabile.

Della prima linea si rimane colpiti anche dalla massiccia presenza femminile e di tanti tifosi assiepati su ogni parte delle recinzioni. Naturale di seguito il paragone con tutto ciò che di differente accade in Italia, dove all’ingresso dei settori popolari ci si imbatte ancora in discussioni inutili per poter entrare un semplice megafono. Chissà cosa sarebbe successo se un giorno entrando in curva entrambe le tifoserie di CSKA e Levski avessero trovato delle barriere a dividere il settore come l’Olimpico o se dall’oggi al domani qualcuno avesse proposto ai tifosi bulgari la sottoscrizione di una tessera per poter entrare in uno stadio.

Durante i novanta minuti si viene attratti più dal tifo che dall’andamento della partita, un calcio ben al di sotto delle aspettative rispetto a quelle a cui siamo abituati. Battimani che diventano veri e propri muri umani, bandiere, soprattutto della Bulgaria, sempre in movimento e un quantitativo industriale di torce, fumogeni e bombe utilizzati durante tutto l’arco della gara.

Le coreografie non sono di certo un’esclusiva del calcio di inizio, pertanto la realizzazione delle stesse avviene durante la partita in tempi non ben definiti.

Il tifo si equivale da ambo le parti, con un leggero vantaggio numerico da parte dei tifosi del Levsky compensato da un sostegno forse più compatto da parte dei sostenitori del CSKA. Da segnalare inoltre la presenza di ultras laziali con tanto di drappi in curva Levski. Le due gradinate inoltre, visivamente danno un bell’impatto, anche se quella occupata dai sostenitori biancoblu dà l’impressione di avere un po’ più di impronta ultras rispetto a quella occupata dai biancorossi del CSKA. Con questo non vogliamo dire assolutamente che i sostenitori di quest’ultima siano più pacati anzi, di tanto in tanto stazionando sotto di loro veniamo colpiti dalle schegge dei seggiolini fatti saltare dai grossi petardi accesi frequentemente a tal punto che, durante la gara, vederceli arrivare addosso diventa quasi un’abituale consuetudine.

Caratteristica comune di tutti i settori i vessilli sottratti agli avversari ben in vista sulle ringhiere. Al termine dei novanta minuti la spunta il Levski in rimonta, anche se siamo fermamente convinti che sugli spalti non abbia perso nessuno.

I giocatori del CSKA ritornano negli spogliatoi sotto gli scudi della polizia per proteggersi dal lancio di oggetti a loro riservato dai tifosi avversari, ma sarebbe stato uguale a parti invertite se gli spogliatoi fosse stati dislocati sotto la gradinata opposta.

All’esterno dello stadio il deflusso della gente si svolge nella stessa tranquillità iniziale, nulla di diverso quindi; vinti e vincitori ognuno verso le proprie opposte direzioni.

Avendo a disposizione molto più tempo libero rispetto al prepartita, ci imbattiamo nello storico stadio del CSKA, il famoso Balgarska Armiya Stadium dell’esercito Bulgaro. Una volta entrati, ci chiedono di riporre le macchine fotografiche, ma l’iniziale diffidenza nei nostri confronti tende subito a scomparire. Oltre ad ammirare i favolosi e storici gradoni della struttura sportiva con tanto di murales annessi, veniamo ospitati dai presenti nel loro covo ultras posto sotto la tribuna dell’impianto.

Davvero un bel posto dove, tra fiumi di birra, con un paio di loro ci intratteniamo a parlare dell’attuale movimento ultras, grazie anche al loro perfetto comprendere e parlare inglese.

Dopo essere rimasti un paio di ore con loro, decidiamo di voler raggiungere la sede degli ultras del Levsiy localizzata dalla parte opposta della città rispetto a dove ci eravamo soffermati.

Purtroppo giungiamo a tarda ora davanti ad essa, trovando di conseguenza le saracinesche abbassate. Ne possiamo ammirare solo i murales dipinti lungo tutte le pareti limitrofe.

Terminiamo questa giornata pronti a far rientro in Italia con la consapevolezza di aver soddisfatto ben oltre tutte le nostre aspettative iniziali e con la testa già proiettata al prossimo derby infuocato da visitare per accrescere ancora di più il nostro bagaglio culturale legato al mondo del tifo.

Testo di Lello Onina.
Foto di Lello Onina e Emilio Celotto.
Video di Lello Onina e Simone Meloni.

***

Galleria Onina:

Galleria Celotto: