Da qualche tempo, ne avevamo parlato indirettamente anche noi, in casa Reyer Venezia un’aspra (quanto pretestuosa) polemica contrappone il presidente Brugnaro ai tifosi orogranata. Senza andare troppo indietro nel passato, quando il gruppo “Reyer 1872” si rese colpevole di lesa maestà contestando il presidente e in cambio ricevette daspo a pacchi che avevano il retrogusto di rappresaglia. Non perdiamoci troppo in considerazioni sullo spregevole servilismo della forza pubblica che agisce da milizia privata, ma veniamo ai giorni nostri. La polemica, dicevamo, impazza perché il signor Brugnaro si è sentito in dovere di dire ai suoi tifosi come tifare, cosa si può e cosa non si può dire al palazzetto. L’oggetto del contendere, sulla scia della “discriminazione territoriale” di calcistica ed ipocrita matrice, sono i cori contro Treviso. Il sottotesto riguarda un progetto di creare una sorta di “squadra metropolitana”, come l’ha definita lo stesso Brugnaro in conferenza stampa, che accorpi in un’unica compagine Venezia, Treviso e Padova. Un mostro senza rispetto per le identità locali, da sempre la spinta prima che porta la gente a sentirsi rappresentata in una squadra piuttosto che in un’altra. L’ultimo tassello è un ridicolo “codice etico” varato dalla società reyerina. La risposta molto più pertinente e dettagliata la lasciamo al documento che segue.

venezia_reyerNon potevamo di certo rimanere indifferenti davanti alle ultime uscite del presidente della Reyer, Luigi Brugnaro.
Come tifosi Reyerini, come sportivi amatoriali, ma anche e soprattutto come persone.

Crediamo infatti che le lezioni di vita, di rispetto reciproco e di buona pratica etico-sportiva non possano essere impartite da un elemento come Luigi Brugnaro. La sua maggior attività, cioè la presidenza di UMANA, agenzia di lavoro interinale dalle BEN CHIARE finalità, la dice lunga su come il numero uno interpreti i valori di rispetto del prossimo. Cioè sulla pelle del prossimo. Pensiamo, innanzitutto, che parlare di etica e valori per chi sfrutta al massimo la forza lavoro intascandosi il 60 per cento di quello che giustamente toccherebbe ad un lavoratore sia quantomeno di cattivo gusto, visto il momento storico .Il pulirsi la coscienza con “la carta dei valori Reyer” fortunatamente ha creato ben più che un autogol nei confronti dei tifosi. Certo, può non interessare che tutti i dipendenti Reyer (a volte anche gli allenatori) siano in realtà dipendenti Umana, come gli addetti stampa, le hostess di bordo e i cravattati uomini del presidente al Taliercio. O che la “first lady” sia il boss di ANAMU, una s.r.l. che gestisce appartamenti e guarda caso quelli dei giocatori (il nome letto al contrario suggerisce qualcosa…?). E magari non interessa nemmeno che la “casa” della Reyer, cioè la Misericordia, data in concessione a mister B., non venga usata per trasformarla in un grande museo della storia della Reyer, e/o comunque aperta alla città, ma venga ripetutamente violentata da feste di ricconi indiani, allestimenti per capricci vari, ecc. (perché la lista sarebbe lunga). Appare però chiaro il tentativo di annullare le differenze, sale dello sport e della vita, tentando di “fidelizzare” a se chiunque possa convergere nel progetto, di un pensiero unico, una squadra unica e un’ unica città. La discriminazione, infatti, non sta nell’urlare “chi non salta è…” ma nel non accettare idee diverse da parte di chi, il tifo, lo fa con passione da decenni, se non di più.
Parlare di etica sportiva da parte di chi insegue presidenti avversari per sferrare i suoi destri o prendersela con direttori sportivi che masticano (e bene) sport praticamente dalla nascita, senza dimenticare auguri di morte ai propri tifosi, è “ultra” fuori luogo. Ogni tifoseria orogranata che si è succeduta nella storia recente della curva nord ha sempre avuto scontri con la dirigenza, ma a nostro avviso è arrivato il momento di dare una scossa, vera. Non vogliamo credere che si preferisca (nascondendosi dietro al ” eh, ma se va via lui chi mette i soldi..”) stare soggiogati alle esternazioni di chi non ha niente a che fare con lo sport e la sua pratica. Crediamo che le tradizioni e le rivalità, tramite gli sfottò, siano alla base del tifo e della pratica sportiva dal basso. La città di Venezia è pronta a non avere una squadra di livello, se il compromesso è tenersi ospiti indesiderati. Le squadre delle minors ci trasmettono il vero attaccamento allo sport e i dati lo dimostrano (200 spettatori non metropolitani per una gara di Promozione…), di certo non lo dimostrano una carta dei valori e 3506 tifosi fidelizzati. Il suo tempo è finito, signor presidente: si faccia da parte. A costo di ripartire. Dal basso.
Ma con dignità.

CRABS VENEZIA-PALLACANESTROAMATORIALE#ANTIRAZZISTA