In uno spazio di rivendicazione di libertà come lo stadio, la questione basca è da sempre una di quelle che più scalda i cuori. Se il lato politico-sociale dovesse lasciare indifferenti, gli amanti esclusivi del calcio possono trovare uguali soddisfazioni in quell’angolo di terra a cavallo fra Spagna e Francia. Quello basco è difatti uno dei più floridi vivai della Spagna, a tal punto da permettere all’Athletic Club di Bilbao di fondare tutta la sua storia e le sue fortune su di esso. Forse non diciamo niente di nuovo a nessuno citando la tradizione dell’Athletic di tesserare solo calciatori baschi o cresciuti in squadre basche. La storia di Euzkadi, la selezione basca di calcio, ha avuto invece un’esposizione mediatica di gran lunga inferiore, almeno in Italia. A colmare questo gap ci ha pensato Edoardo Molinelli a cui la “hellnation libri” ha pubblicato l’omonimo “Euzkadi, la Nazionale della libertà”.

Ora, visto che sono uno abituato a dire fuori dai denti le cose che pensa, il sottotitolo del libro (“La storia mai raccontata della selezione basca di calcio: una squadra antifascista”) mi ha portato a guardarlo inizialmente con un certo timore. Limite mio, se vogliamo: sono stato sempre troppo coinvolto dalla militanza ultras per interessarmi a quella politica (e, in tutta onestà, non m’è mancato niente perché anche lo stadio è portatore di istanze a suo modo “politiche”: nel senso etimologico di difesa di ciò che “attiene alla pólis”, alla città).

A priori temevo che ci si andasse ad incartare nella solita polarizzazione dicotomica fra fascismo ed antifascismo, che sarebbe risultata ancor più stucchevole laddove invece credevo necessario un approccio storico ed una visuale dei fatti dall’alto. Fortunatamente, a parte l’ammiccamento in copertina, il lavoro di Molinelli è stato quello dello storico più rigoroso ed onesto.

Tutto inizialmente partì, è vero, da una questione politica: in Spagna imperversava la guerra civile che avrebbe poi portato alla dittatura militare del generale Francisco Franco; il Governo basco si ritrovò alle strette non solo fisicamente, ma anche di fronte alla necessità di sopperire a spese logistiche e sociali generate dalla guerra: dall’approvvigionamento di mezzi e beni di prima necessità, alla cura di feriti, sfollati, orfani, ecc. Sull’onda di tutta una serie di sottoscrizioni e iniziative popolari, nacque l’idea di giocare un’amichevole di beneficenza fra una selezione del PNV, il partito nazionalista basco, e una dell’ANV, il partito basco della sinistra indipendentista. Tale e tanto fu il successo che si decise di dare un seguito all’iniziativa creando una sorta di “All stars” basca, proponendo altre amichevoli in Francia sfruttando la rete di emigrati e i simpatizzanti all’estero della causa repubblicana.

I più pensavano di ritornare a casa a breve, ma la situazione in patria precipitò e nel mentre andò aumentando l’impegno e il riscontro che Euzkadi raccoglieva in giro. L’avventura prese letteralmente il volo: dalla Francia alla Cecoslovacchia alla Polonia, poi la Russia fino ad arrivare a Cuba e poi in Messico, dove il cerchio si chiuse. Senza togliervi il gusto di scoprire i piccoli piacevoli colpi di scena di questa storia, si può dire senza dubbio che la sua bellezza non è solo nella sua epica calcistica, ma anche o forse soprattutto nella sua “normalità”. Per quanto i calciatori baschi finirono ben presto per attirare attenzioni sportive e simpatie, Molinelli è bravo a restituire tutta la loro umanità, a spogliarli dal cliché eroico superomistico (sempre in agguato quando ci si muove nel campo dell’èpos), ma senza sminuire la grande prova di spessore morale. Al contempo Edoardo rifugge ogni banale retorica narrativa preferendole l’oggettività logica e storica: diverse infatti le citazioni di tradimenti, gelosie, nostalgia di casa, tentativi di sabotaggio, consapevoli o meno, che da un lato restringono la visuale e la focalizzano sull’umana debolezza, dall’altro lato danno l’idea di quanto forte fosse la volontà e positivo l’esempio di questo manipolo di grandi uomini, prima ancora che atleti di gran valore, per superare tutto ciò.

Un neo che fin da subito si riscontra nella lettura è la presenza imponente di note bibliografiche. Se ciò in linea teorica dovrebbe aiutare a superare barriera linguistica, tecnicismi o particolarità non da tutti risapute, risulta però veramente noioso interrompere continuamente il flusso di lettura per sbirciarle a fine libro. Se si considera che le note sono più di 300 e le pagine di racconto “vivo” meno di 200 (seppur scritte molto fitte), escludendo foto, introduzione e ringraziamenti, si capisce bene quanto ripetitivo e fastidioso sia il valzer verso l’appendice finale. Lasciare le note a piè di pagina sarebbe stata una scelta sicuramente più apprezzabile per i lettori, ma forse la mole delle stesse ha spinto l’editore a questa seconda scelta. Con qualche “ibidem” in meno e relegando le note puramente bibliografiche alla pur presente bibliografia finale, forse si poteva percorrere anche la prima via e far contenti tutti.

Chiudendo questo discorso, si può e si deve però dire che questa presenza un po’ pachidermica, ha il non indifferente pregio di restituire la grandezza, la pazienza e l’assoluto valore storico del lavoro di ricerca compiuto dall’autore. Personalmente sono un lettore che fatica a farsi coinvolgere dalle parti romanzate allorquando queste esondano nel campo della storia vera: non nascondo che all’inizio ero perplesso dalle descrizioni così minuziose delle tante marcature dei baschi, non le ritenevo credibili a fronte di una presenza di fonti che credevo non abbastanza corposa o minuziosa da permetterle. Invece proprio le tante note a margine hanno permesso pian piano al mio scetticismo di diradarsi, facendomi abbandonare con fiducia alla lettura. A parte le summenzionate difficoltà, le note restituiscono solidità e credibilità al libro e non è davvero poco in questi tempi di sciatteria da parte di chi, in un modo o nell’altro, informa, fosse anche con un libro.

Intervallano la lettura alcune pagine a sfondo nero che contengono foto di questa straordinaria avventura. Alla fine del racconto, precedute da alcune foto degli stessi, sempre su pagine a sfondo nero, ci sono anche delle schede biografiche dei protagonisti, in campo e dietro le quinte, di questi due anni baschi in giro per il mondo.

Da un punto di vista tecnico, il lavoro di revisione delle bozze è davvero ottimo, giusto un paio di errori di battitura ma sicuramente trascurabili. Gradevoli persino i caratteri tipografici scelti, mentre senza dubbio accattivante risulta la copertina. A proposito di copertina, i feticisti dei libri apprezzeranno il buon materiale scelto sia per queste pagine esterne che per quelle interne. Concludiamo segnalando l’ISBN per chi volesse acquistarlo: 978-88-6718-125-4; il prezzo è di 18 €, non pochissimi per un libro quasi interamente di testo, ma dato il valore qualitativo altissimo e considerato che parliamo di una piccola casa editrice, il sostegno alla causa ci sta tutto.

Oltre che sul sito della “Red Star Press”, il libro è acquistabile, risparmiando qualche spicciolo, anche su IBS, ma in tal caso vale la pena solo se si gode di spedizione gratuita, altrimenti i 2,70 € di sconto sono vanificati dai 2,80 € di spese postali.

Per quello che ci riguarda, credo si sia capito, ci sentiamo di consigliarlo davvero a cuor leggero a tutti.

Matteo Falcone.