Siamo giunti alle battute finali di questi spareggi play off di Eccellenza. Oggi, le 14 squadre giunte sin qui si giocano una buona fetta di promozione in Serie D in questa andata delle sette finali in programma. Per l’occasione, trovandomi sempre nei dintorni, opto per Fabriano Cerreto – Francavilla.

Per chi non ne fosse a conoscenza a Fabriano, città famosa oltre che per la carta anche per il basket in virtù dei trascorsi importanti nella massima serie, ci sono due squadre: la Fortitudo Fabriano, in prima categoria, ed appunto il Fabriano Cerreto, nato dalla fusione del 2012 tra la storica realtà del Fabriano Calcio e la Cerretese di Cerreto d’Esi, partito dalla prima categoria ed oggi arrivato in Eccellenza. Lo scorso anno, la squadra disputava le partite interne nello stadio di Fabriano, mentre da quest’anno si è trasferita 9 km più in là, nella città di Cerreto d’Esi, allo stadio “Domenico Parri”.

Anche il Francavilla è una storica società e benché Francavilla al Mare sia praticamente attaccata a Pescara, ha una tradizione tutta sua e particolare, con ben 15 tornei tra i professionisti (di cui 7 in serie C1), una vittoria della Coppa Anglo – Italiana nel 1984 e soprattutto la storica partecipazione alla coppa Italia maggiore del 1984-85, quando nel turno preliminare si potevano affrontare nei vari gironi squadre di serie A, B e C, non come quella noiosa di oggi a tutela dell’incolumità delle grandi che entrano in gioco a torneo quasi concluso. In quell’occasione, per la cronaca, il Francavilla giocò una storica partita a Milano contro l’Inter di Altobelli e Rumenigge (per la cronaca l’Inter vinse 3-1).

Arrivo a Cerreto d’Esi abbastanza presto ed ho modo di farmi un giro all’esterno dello stadio, con la gente che s’incammina al botteghino pronta ad entrare e così faccio pure io, con la curiosità di vedere le tribune del “Parri” che visito per la prima volta. Mentre sbrigo le formalità del caso, penso ad una vecchia squadra, il Cerreto, che aveva fatto la serie D. Proprio un dirigente della squadra di casa risponde a tutte le mie curiosità, facendomi vedere una vecchia foto della squadra schierata in campo, nell’unico campionato di serie D disputato dal piccolo paese di Cerreto. Era il 1990/91 e la squadra arrivò ultima nel girone G con appena 14 punti e uno score di 2 vittorie, 10 pareggi e 22 sconfitte. Il dirigente mi fa notare con orgoglio che quella formazione era allenata da Fabrizio Castori, il mister che poi allenerà diverse squadre sia in serie A che in B. Sempre guardando la foto, noto che dietro la formazione c’era un bel gruppo di tifosi con uno striscione, intento ad accendere fumogeni e sventolare bandiere che ricordano il calcio che fu, fatto di spontaneismo e passione, ma soprattutto senza divieti ad ogni minima cazzata.

Entro sul rettangolo verde e trovo una grande tribuna coperta con l’ultima sua parte divisa da una cancellata, che la adibisce a settore ospite, mentre dalla parte opposta c’è un’altra tribuna, questa volta scoperta e formata da tre gradoni in cemento. Data l’importanza della posta in palio, la tribuna coperta locale è piena di gente che però assiste alla gara da seduta, dalla parte opposta invece non c’è tanta gente, ma qui prendono posto i tifosi locali più accesi, dietro ad uno striscione e un bandierone rossonero appeso.

Gli ultras ospiti entrano dieci minuti prima del fischio iniziale e passati i controlli di rito, attaccano le loro pezze con in prima fila gli storici Sioux. Entrano le squadre in campo ed i tifosi locali accendono un paio di fumogeni, uno rosso ed uno nero, con le bandiere appese alla ringhiera che si agitano quando tira un poco di vento. Gli abruzzesi si limitano a sventolare una bandiera, avendo solo quella.

Nel primo e nel secondo tempo il tifo dei padroni di casa si limiterà a qualche strillo ed un paio di cori, ma in compenso si sentiranno con una tromba di tipo navale. Sinceramente non mi aspettavo il tifo visto nella foto del 90/91, ma sicuramente più partecipazione quella sì.

Passando agli abruzzesi, nella prima frazione si son fatti sentire abbastanza, con cori accompagnati il più delle volte da battimani. Buona la loro potenza, ci mettono poco a superare il tifo dei locali, anche se si notano delle piccole pause, più che altro fisiologiche, dovute al gran caldo. Nella seconda frazione cercano di spingere maggiormente la loro squadra al gol ed in certi frangenti l’intensità corale raggiunge alti livelli, sottolineati con l’accensione di una torcia. Discreto, in questo secondo tempo, lo sventolio della bandiera a rendere il settore un po’ più colorato.

Finisce la partita con il punteggio di 0-0, il discorso promozione è rimandato di una settimana… si deciderà tutto al ritorno. Gli undici in campo applaudono i rispettivi tifosi e tornano negli spogliatoi, sanno già che se vogliono ottenere la promozione dovranno sudare le proverbiali sette camice. Me ne vado con in testa la foto di quei spensierati tifosi che sventolavano bandiere ed accendevano fumogeni, sperando che il calcio ritrovi quella gente e dei dirigenti disposti a mettere in primo piano la passione dei tifosi, non sempre e solo soldi, leggi e paletti ridicoli.

Marco Gasparri.