La flemma che caratterizza questi miei ultimi week end mi spinge a prendermela comoda anche in questo primo sabato di novembre. La poca distanza che mi separa da Latina mi fa quasi dimenticare che, comunque, un’oretta di viaggio va lo stesso affrontata. Così mi ritrovo a prendere l’ultimo treno disponibile con l’aggravante, quasi scontata, del ritardo che si materializza sul monitor al mio arrivo in stazione. Un po’ in fretta e in furia ma ce la faccio, mettendo piede al Francioni quando mancano dieci minuti al fischio d’inizio.

Il maltempo e la stagione finora non esaltante dei pontini non hanno richiamato il pubblico delle grandi occasioni, mentre nel settore ospiti ufficialmente si registra il tutto esaurito, anche se farò fatica a suffragare questo dato. Un po’ per dei “buchi” visibili ai lati del gruppo centrale e un po’ per l’andirivieni di diversi supporter pugliesi. Con qualcuno che, da quanto mi è sembrato di capire, è riuscito ad accedere sulle gradinate soltanto a partita iniziata.

Ad alleviare qualche goccia di pioggia che cade in maniera fastidiosa ci sono i bambini che vicino a me fanno su e giù per le scale, assistendo al match in piedi, urlando, sbraitando e seguendo, perché no, gli improperi dei genitori. A chi vede questa come l’arma letale per tutte quelle menti educande che ormai popolano il nostro Paese, rispondo soltanto che è la cartolina più bella della giornata. Nessuno steward che li obbliga a sedersi, nessuna multa per cambio posto e nessuna idiota restrizione in grado di rendere monco uno spettacolo ancora a misura d’uomo da queste parti. E infatti il risultato si vede. Bimbi e genitori passano una giornata fuori, allo stadio, tifando per la propria squadra e svagandosi senza cervellotici regolamenti imposti dalla burocrazia. Risposta più diretta di questa a chi parla di ultras come motivo ostativo per le celeberrime “famiglie allo stadio”, non ce ne potrebbe essere.

A trainare il folklore del caso ci pensa l’ingresso sul terreno di gioco del tecnico barese Roberto Stellone, ricoperto di fischi e insulti per il suo recente passato ai rivali di sempre del Frosinone. Prendessero appunti maestrine e caporioni dell’Osservatorio. Dai loro verbali escono sempre delle chicche, chissà se appunteranno anche questa, colpevolizzando i genitori di scarsa educazione nei confronti della propria prole.

La contesa in campo è fondamentale per le due compagini. Da una parte c’è un Latina che deve cominciar a dare le prime risposte in chiave salvezza, dall’altra un Bari che è davvero all’ultima spiaggia, dopo il catastrofico inizio di stagione. Il comune denominatore è la scarsa stabilità delle panchine. Stellone e Vivarini sono sulla graticola, e la giornata odierna darà un responso durissimo per il primo, esonerato a causa del pesante ko rimediato al termine dei novanta minuti.

Assolti i doveri calcistici, che non guastano mai per contestualizzare ciò di cui si parla (ricordiamoci sempre che la prerogativa degli ultras italiani, a differenza delle macchine preimpostate che vediamo nelle curve polacche o russe, è il collante tra tifo, passione popolare e folklore, qualcosa che paradossalmente mi fa apprezzare di più una tifoseria che non canta perché in tensione per il risultato, rispetto ai Legia o ai Cska Mosca di turno che sembrano esser usciti fuori con lo stampino), possiamo dunque passare alle gradinate.

La Curva Nord si presenta come sempre compatta nella zona centrale. Un paio di cori nuovi rispetto all’ultima volta che li ho visti e l’immediato vantaggio su rigore di Corvia fomentano il settore, che si mette in evidenza con le classiche manate, i cori a rispondere e una sciarpata eseguita nel primo tempo. Dando sempre una buona idea di compattezza, con l’exploit finale, quando i laziali sentono profumo di vittoria. Purtroppo l’unica vera pecca, almeno a livello visivo, rimane quella numerica. Latina è una città che conta oltre centomila abitanti e potrebbe fare certamente di più, soprattutto se si considera la recente conquista della cadetteria. Anche per questo riconosco l’impegno e la dedizione che gli ultras nerazzurri mettono nel proprio operato. Con tutte le difficoltà nel doversi scontrare con una realtà spesso fredda nei confronti di una squadra che nell’ultimo decennio ha saputo scrivere diverse pagine di storia per il calcio cittadino. Chiaro, a questo va anche addizionato il cambiamento del calcio in questi anni, con il lento abbandono di una buona fetta di pubblico in tutta la Penisola.

Su fronte ospite non c’è bisogno di tante parole per descrivere una tifoseria navigata come quella biancorossa. Tuttavia quest’oggi, rispetto all’ottima prestazione di Frosinone, i pugliesi sembrano avere un pochino il freno a mano tirato. Fattore dovuto, più che altro, alla spaccatura tra ultras e semplici tifosi. Questi ultimi, forse a causa della pessima prestazione della squadra, seguono in maniera sporadica i cori che partono dalla balaustra. Ed è un peccato, perché quando nel secondo tempo il settore si compatta, dopo il gol di De Luca, l’impatto è veramente di quelli potenti. Ma va a tratti, a fronte di 250 persone circa che tifano con costanza, intensità e colore. Ecco, per commentare la prestazione dei baresi potrei anche ricollegarmi a quanto detto sopra sulle tifoserie polacche e russe. È chiaro che i supporter del Galletto risentano in maniera tremenda dell’incostanza calcistica della propria compagine, la quale ormai da un paio di stagioni si presenta ai nastri di partenza come una delle principali accreditate per la promozione, disputando poi tornei zoppicanti e mettendo in mostra un’indolenza che, francamente, una tifoseria così passionale non meriterebbe (e a dirla tutta, nessuna tifoseria merita la svogliatezza di signorini che guadagnano fior fiori di quattrini di fronte ai tifosi che i soldi ce li mettono di tasca propria per seguirli).

Così alla fine è festa grande in casa pontina. Un successo che dà un po’ d’ossigeno ai ragazzi di Vivarini, chiudendo ufficialmente la valvola a quello dei dirimpettai. E il settore ospiti non la manda certo a dire, inveendo e fischiando i protagonisti di questa, ennesima, infausta figura.

Mi avvio verso le uscite con la Curva Nord che è ancora intenta a cantare, mentre qualche nuvola si è persino aperta lasciando filtrare dei timidi raggi solari. Ho fretta e salgo al volo sul bus per Latina Scalo, elaborando nella mia mente la giornata e sorridendo beffardamente al pensiero di quei bimbi urlanti e movimentati. C’è chi incensa il St.Pauli per aver creato un asilo nido all’interno dello stadio. Io incenso i bambini irriverenti che sfruttano le gradinate come la migliore delle pause da una normalissima scuola. Del resto una cosa più è spontanea e meglio rende l’idea.

Simone Meloni