A mia memoria, non ricordo Sport People al “Dossenina”. Personalmente, a Lodi ho assistito solo ad un paio di partite dell’hockey su pista, lo sport più gettonato di questa città grazie ai successi nazionali dell’HC Amatori Lodi.
E, sempre a mia memoria, non ricordo di aver incrociato mai i modenesi nel mio cammino. Centinaia su centinaia di partite dal 1995, eppure mai un’occasione per vederli all’azione.
Casualità incredibile sicuro, ma c’è di più. Dopo lo scioglimento delle Brigate Gialloblu, ho sempre avuto l’impressione che a Modena mancasse un assetto stabile. I numeri delle ultime stagioni hanno confermato un trend in continua discesa, culminato la scorsa stagione col concomitante fallimento della società, che ha costretto gli emiliani a rifondare e ripartire.
Non tutti i mali vengono per nuocere: il Braglia sembra aver ritrovato l’entusiasmo della Serie A, i numeri sono incredibili e la trasferta di oggi ne è la dimostrazione.
250 i biglietti inizialmente a disposizione degli ospiti. Tanta polemica in città per questa decisione arrivata dall’alto, ben sapendo che il potenziale ora è più alto. E, infatti, i biglietti sono stati polverizzati in una giornata.
La società canarina ha interceduto per i propri tifosi presso la società lombarda e la questura del capoluogo, favorendo così l’emissione di altri 200 tagliandi, anche questi presto esauriti.
Certo – se mi si può concedere una divagazione personale – questi ritorni di fiamma tra squadra e città vanno contestualizzati. Sicuramente a favore, ci sono tradizione e attaccamento ma io a queste “magiche ripartenze” dal basso ho sempre creduto poco.
Faccio fatica a capire come mai la Curva Sud del Braglia in Serie B prima e in Serie C dopo, non presentava numeri altisonanti, mentre quest’anno è caccia all’abbonamento.
Si badi bene, non sto indicando Modena come caso specifico, ma come uno dei tanti casi. Perché in Serie D ci si permette di avere una curva esaurita e poi, quando si sale, lo stadio si dimezza (per dirla in maniera ottimistica)?
Certo, in terza serie ci sono repressione, caro biglietti, provvedimenti liberticidi, tagliandi nominativi ecc. Però io ho l’impressione che seguire la squadra appena rinata, a più latitudini, sia una sorta di moda. E, finita la moda, si torni alla routine, eccezion fatta per alcune partite di cartello.
Per questo, tolto chi ha avuto la diffida e ora può tornare, tolti quei pochi che tornano a seguire solo perché in Serie D non ci sono i biglietti nominativi (regola non aurea), il mio rispetto oggi lo hanno solo quelli che ci sono sempre stati. Quelli che in Serie C si sbattevano per esserci in partite improponibili. Quelli che non hanno abbandonato la nave fino all’ultimo, nemmeno quando la parola “fallimento” da fantasma si è materializzata nella più terribile delle realtà.
Il resto lo reputo alla pari di meteore che, oltre ad una scia luminosa molto breve, non lasciano poi niente. Seguire una squadra presuppone voglia, costanza, attaccamento, passione. Non moda, non “ci vado perché ci vanno tutti”.
Detto questo, sicuramente vedere un settore ospiti pieno mi dà una carica in più per partire.
Dopo Pavia, copro un altro capoluogo lombardo che mancava alla mia “collezione” personale. La squadra, fondata nel 1908, porta il nome del famoso guerriero “Fanfulla da Lodi”, soldato di ventura eroe della disfida di Barletta.
La squadra della bassa Lombardia ha avuto il suo momento di gloria tra il 1938 e il 1953, quando fu una presenza fissa in Serie B. Un illecito sportivo sancì la retrocessione e, almeno fino ad ora, un addio alla serie cadetta. E, a dirla tutta, anche la Serie C qui non si vede da 33 anni.
Un club non fortunato, che in questi ultimi anni si è dovuto barcamenare tra fallimenti, fusioni, campionati regionali e poche prospettive.
Incrociai per la prima e unica volta gli ultras del Fanfulla a Lazzate: un gruppo di poche persone ma animato da molta buona volontà.
Quest’anno, in un campionato in cui tutti vedono favorite Modena e – ora meno – Reggio Audace, il Fanfulla è l’incomodo di questo avvio di stagione, con tre sole lunghezze in meno rispetto ai canarini.
La sfida di oggi è un inedito seconda contro prima, e l’entusiasmo in casa lodigiana è palpabile. Il “Dossenina”, tra quello che viene concesso agli ospiti, e le tre sezioni della tribuna di casa, risulta ampiamente tutto esaurito.
Decido di approcciarmi a Lodi attraverso la Via Emilia, che, come tratta lombarda, percorro per la prima volta. Dalla Tangenziale Est il viaggio, per quanto appesantito da alcuni sobborghi, è veramente scorrevole. Trovo lo stadio con estrema facilità; e, con altrettanta facilità, sono già in campo.
Che questo stadio abbia visto tempi migliori, lo si può immaginare. Se, da una parte, dire che “trasuda di vecchio” è un complimento, dall’altra mi chiedo come può, un Comune di 45.000 abitanti, rappresentante di una provincia di 230.000, avere un impianto dalla capienza così bassa.
È vero che nella sua storia è arrivato a contenere 7.500 spettatori, ma oggi è un altro cinema.
In ogni caso, gli amanti degli stadi storici non hanno di che ridire, poiché molti componenti non sono stati scalfiti dagli anni.
Al mio ingresso, il gruppo degli “Ultimi Guerrieri” ha già messo striscioni e bandiere in balconata, mentre i modenesi arrivano alla spicciolata.
Già un quarto d’ora prima del fischio, si può dire che i ranghi sono praticamente completi.
Nel settore ospiti, i 450 biglietti di prevendita ci stanno tutti, e il primo colpo d’occhio è di quelli importanti: a parte il settore pieno, tanto colore e voglia di tifare.
L’ingresso delle squadre, su sponda modenese, è un fiorire di bandiere, accompagnate dallo striscione, alzato a mano, “Nel nome di Modena” e da un paio di torce.
Il settore ultras di casa sventola le sue bandiere e cala, tra i suoi componenti, un piccolo telo con lo stemma della squadra.
I primi cori fanno capire come il divario sia schiacciante, sebbene i lodigiani provino di tutto e di più per non sfigurare. Dalla loro manca un po’ di compattezza e forse un po’ di esperienza ad approcciarsi a partite come questa, però la sufficienza, e anche qualcosa di più, è ampiamente meritata.
Gli ospiti, già partiti di loro col piede sull’acceleratore, mettono il turbo con la rete, quasi istantanea, di Lauria su tiro dal limite. Sono passati 8 minuti e la strada della capolista sembra in discesa.
Il Fanfulla non ci sta e reagisce con forza, almeno per far capire che, se si trovava a tre lunghezze dal Modena prima del match, non era un caso.
Gli ospiti continuano a tenere alto il loro tifo. A fare da traino la parte mediana-destra della curva a loro destinata. Il meglio si raggiunge quando è l’intero settore ad appoggiare il contingente più caldo.
I bandieroni gialloblu sventolano in continuazione. I cali di intensità vengono compensati da nuovi cori, sempre accompagnati dal tamburo.
Poco dopo la mezzora, il Fanfulla trova il pari con una rete di testa di Barzotti: il Dossenina, fin lì piuttosto distaccato, esulta all’unisono, e dalla parte opposta a dove si trovano gli “Ultimi Guerrieri” si alza persino un “Fanfulla Fanfulla”.
I bianconeri ottengono così di andare negli spogliatoi sul risultato di parità e coi sogni intatti.
Nella ripresa i ranghi di entrambe le tifoserie si ricompattano in fretta, e il trend non cambia: tanti decibel modenesi, tanta volontà – e anche continuità – su sponda opposta.
Il Modena sembra essere sul pezzo e, finalmente, al 55° Montella, di testa da corner, riporta in vantaggio i suoi. Stavolta l’esultanza, peraltro coi giocatori sotto al settore, è di quelle importanti.
I tifosi al seguito dei canarini si sbloccano definitivamente, e il tifo risulta veramente degno di altri tempi. Bandiere e sciarpe al vento suggellano questa prova, consacrata col fischio finale del sig. Galipò.
Delusione in casa Fanfulla, ma oggi un piccolo pezzo di storia e di ritrovato orgoglio si aggiunge alla bacheca di questa antica società.
Il folto seguito emiliano festeggia doppio: vittoria sulla diretta inseguitrice e nuovo mezzo passo falso della Reggiana.
Ora, anche se siamo in avvio di campionato, si può già dire: solo il Modena può perdere il treno promozione.
Stefano Severi