Amicizia, aggregazione, appartenenza, confronto e tanti cori. Ecco le parole chiave, oltre al sostegno di un’impeccabile tradizione culinaria, che meglio possono riassumere quanto accaduto lo scorso sabato 23 giugno a Fano, dove lo storico gruppo dell’omonima città di mare, i Panthers Fano 1977, hanno organizzato (visto e considerato il successo riscosso lo scorso anno in occasione dei quaranta anni di attività nel panorama ultras), la festa di fine stagione.

Oltre ai gemellati di Jesi e di Sant’Angelo in Vado (per i meno al corrente gli Ultras della Vadese, operativi dal 1985), hanno partecipato gli amici dei Supporters e dei Bandoleros Pordenone e i ragazzi di Carpi del gruppo Guidati dal Lambrusco.

Per l’occasione, hanno raccolto l’invito anche alcuni esponenti dei Bad Boys Monopoli 1987 e alcuni rappresentati rispettivamente degli Ultras Brescia 1911 EX-Curva Nord e della Curva Nord di Bergamo, invitati esclusivamente per discutere e testimoniare al tavolo del dibattito animato assieme ad alcuni ragazzi dei Panthers Fano 1977 che hanno introdotto e concluso la finestra di dialogo.

Dall’anno corrente, con l’abolizione e il conseguente superamento della tessera del tifoso, passando dalle diffide in corso ai processi, alle assoluzioni e al caso di Luca Fanesi, includendo nel dibattito argomenti di attualità come il Daspo urbano, una nuova misura introdotta dall’ormai ex-ministro dell’Interno che punta a “migliorare” la sicurezza urbana sanzionando chi commette atti contrari alla pubblica decenza con sanzioni amministrative o, nel peggiore dei casi, un ordine di allontanamento dal luogo (quindi dalla città) dove è stata commessa la condotta illecita. Poi, ancora, la mancata approvazione dell’emendamento che prevedeva l’introduzione di un codice identificativo sulle divise della polizia, criticato aspramente dal neo-Ministro Salvini che ha smontato immediatamente tale ipotesi da leggersi soprattutto come un atto di trasparenza e di fiducia nel rapporto con le forze dell’ordine. Un controsenso, considerando che nel contratto del nuovo governo, le “bodycam” (micro telecamere indossabili dagli agenti) sono state inserite tra le promesse, ma evidentemente la “sicurezza” in frangenti di ordine pubblico viene intesa in senso unilaterale. Proseguendo, non sono mancate durante il dibattito le più classiche ma non meno importanti critiche e discussioni legate agli orari delle partite, ai turni infrasettimanali e al caroprezzi.

Affrontare tematiche che, spesso e volentieri, sono già state affrontate, discusse e rigirate in qualsiasi posizione, non significa automaticamente precipitarsi nella banalità più totale, priva di idee originali o scarsamente differenti dalle solite, bensì riaffermare con chiarezza e trasparenza le proprie tesi a favore di situazioni e avvenimenti che toccano la pelle degli ultras e dei semplici tifosi da ormai tanti, troppi anni. Convincersi che forse, dopo il superamento della fallimentare tessera del tifoso, nulla è da considerarsi completamente perduto.

Ed è qui che va cercato – sempre restando nel solco di quanto espresso in sede dibattimentale – se non un patto di non belligeranza, quantomeno una convergenza più ampia possibile del movimento ultras su tali iniziative, necessaria affinché si possa continuare a resistere alla forte spinta repressiva: in quelle separate sedi esterne allo stadio, è inutile trascinare quel pur sano campanilismo che contraddistingue anche le realtà del tifo organizzato. Indipendentemente dalle rivalità che intercorrono, trovare l’unità rappresenterebbe un grande segno di maturità e  di rispetto reciproco, prima di tutto, fondamentale per combattere la cappa di oppressione che stagna sopra gli stadi cormai da tanti, troppi anni.

L’obiettivo successivo è, se non altro, quello di diffondere il messaggio e il punto di vista di chi vive questo “universo del tifo” nel modo più oggettivo e comprensivo possibile a tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente dello stadio o della curva ma che, per un motivo o per l’altro, dalla semplice marginalità rispetto ai gruppi organizzati o perché influenzati dai pregiudizi dei media, limitano al minimo la propria partecipazione sentendosi quasi minacciati dalla richiesta di partecipare al tifo cantando, tenendo in mano una bandierina o un cartoncino colorato di una coreografia. Ecco: l’appello adesso è da estendere al resto dei tifosi, rivolto alle persone più “semplici” che rappresentano il “ceto medio” degli stadi. L’invito è quello di “partecipare”, prendere cioè parte proprio per comprendere fino a fondo, in maniera esaustiva, quello che sta succedendo dentro e intorno agli stadi, sulla pelle dei tifosi e degli ultras, il cui credito viene irrazionalmente calpestato invece di essere tutelato.

Al termine del tavolo di dibattito si è svolta la cena a base di pesce, tipicità d’eccellenza della cucina fanese, le premiazioni e sono stati infine consegnati agli ospiti i rispettivi riconoscimenti per aver partecipato alla festa.

Sono eventi di questo genere che possono portare la “gente comune” a mettere in discussione le proprie certezze e la propria opinione nei confronti dei “facironosi” e dei “delinquenti”, toccando pubblicamente con mano, apprezzando senza censura alcuna, l’altra faccia della medaglia, dove amicizia e rispetto reciproco sono i punti cardine, gli stessi da cui poter ripartire una volta per tutte, non per intraprendere la rivoluzione, ma quantomeno per ricominciare a vivere uno stadio più a misura d’uomo.

Testo di Marco Cini.
Foto di Tommaso Giancarli.