Sono 1.217, secondo le fonti ufficiali, gli spettatori accorsi al “Recchioni” di Fermo per questa gara fra la Fermana e la vicecapolista L’Aquila. Troppo il divario fra le due contendenti, tanto che alla fine i padroni di casa cedono 1-2 restando pericolosamente invischiati nelle zone calde della classifica. Una situazione che non può certamente far piacere alla tifoseria gialloblù, fresca di retrocessione dalla Serie C e che teme lo spettro di un doppio salto all’indietro che sarebbe un duro colpo da metabolizzare per la piazza. In tal senso il messaggio della tifoseria è apparso chiaro, dato che a rappresentarla a centro del loro settore c’era lo striscione “Simoni devi vendere”, inequivocabile invito alla presidenza a farsi da parte.

A proposito di striscioni, i fermani si segnalano inoltre per l’incoraggiamento su carta, purtroppo vano, rivolto a Raffaele Carlomagno, tifoso della Pro Sesto caduto nel fossato di Novara e deceduto dopo alcuni giorni di agonia. Sono anni che gli ipocriti padroni del nostro calcio ci ammorbano sulla violenza del tifo nostrano, che ostacolerebbe il ritorno della gente allo stadio, quando la violenza più grande, quella che uccide, è proprio nella vergognosa inadeguatezza strutturale del loro giocattolo. È per questo che sempre meno gente va allo stadio, senza dire che per accomodarsi su precarie tribune in tubolare o vecchi mostri in calcestruzzo cadente, bisogna pure esborsare cifre non indifferenti. Poi quando finalmente si decidono a metterci una toppa o si fanno sequestrare i cantieri per qualche inadempienza burocratica, oppure nella migliore delle ipotesi stuprano impianti storici con ristrutturazioni esteticamente raccapriccianti.

Gli ospiti reduci dalla deludente sconfitta interna contro la capolista Sambenedettese, hanno il dovere morale di crederci fino alla fine e fanno propri i tre punti ma, nonostante il pareggio dei battistrada, restano a dieci lunghezze di distanza. Sono 62 i rossoblù abruzzesi al seguito che si compattano nel solito preciso quadrato dietro le loro pezze tenute a mano e un paio di bandieroni ai lati. Oltre alle questioni del campo, il big match ha lasciato pesanti strascichi proprio in sede di tifo organizzato, in virtù di alcuni scontri a margine di quel match. Come evidenziato dai Red Blue Eagles in un successivo striscione, anche qui in linea con la vergognosa tradizione italica, a pagare il salato conto di quegli eventi sono stati solo i tifosi. Chi nella sua scellerata leggerezza organizzativa ha permesso ai tifosi di venire a contatto, se n’è invece lavato le mani: esattamente nel metaforico “sangue” dei tifosi, colpiti da una massiccia ondata di diffide. Tanto che gli stessi RBE hanno deciso, di lì a poco, di ripiegare i propri vessilli e di auto-sospendersi.

Solite storie. Pagano sempre i più deboli. Gli altri si auto-assolvono.

E.B.