Ci sono tanti motivi per scegliere una destinazione per le proprie vacanze. Ovviamente d’estate il mare è una delle principali, per me, ma ci sono anche tante cose da considerare, dalla gastronomia ai centri storici, dai monumenti ai paesaggi, dagli amici al calcio. Aspetto determinante però, per quelli che vanno allo stadio alla nostra maniera, sono anche le tifoserie. Così ad inizio luglio mi decido per andare in Puglia per qualche giorno. Mi sembra il miglior compromesso per fare una bella vacanza e perché no, vedersi delle partite.

Conosco già la regione e la apprezzo molto, ma ho visto solo due tifoserie in azione e mi resta la curiosità di calcare il manto verde dei campi minori anche perché, e lo sappiamo tutti, la Puglia è terra di ultras. Non basta nominare solo le tre grandi, ma bisogna allargare lo sguardo a tutte quelle realtà “piccole” per il loro destino sportivo, ma grandi per la passione e l’attaccamento dimostrato dai propri tifosi negli ultimi decenni.

Il problema è che quest’estate, col caos dei fallimenti della serie B e per cascata della serie C, i campionati son stati bloccati, per cui sono costretto a cambiare i miei piani spostando la mia attenzione verso la Coppa Italia di serie D pur di vedere qualcosa. La scelta è facile: Fidelis Andria-Fasano. Da ultras francese della generazione degli anni ‘90 son cresciuto con “Supertifo”. Al tempo, l’Europa ultras era stretta, non era un movimento diffuso nel mondo come adesso, e l’Italia era dove si imparava a fare il tifo (e lo è ancora, basta vedere il numero di ultras europei che vengono ancora ogni stagione a vedere le diverse tifoserie italiane all’opera). Mi ricordo benissimo, fra le pagine di quella rivista, le immagini della New Blue Generation Andria, per cui andare allo stadio degli Ulivi mi sembra un’ottima idea, come una madeleine di Proust. Ai tempi in cui sfogliavo avidamente quelle pagine, la squadra biancazzurra disputava il campionato cadetto e spesso trovavo le sue foto e quelle dei più grandi gruppi ultras italiani nel loro settore. Alcuni anni dopo ho invece avuto modo di conoscere la tifoseria fasanese in diversi contesti e anche nel loro caso, devo dire che son curioso di vederli all’opera in uno stadio, soprattutto dopo che hanno rilevato la squadra con l’associazione “Il Fasano siamo noi”.

L’ingresso della Tribuna di Andria

In questa prima domenica di settembre c’è pochissima gente in giro ad Andria. Vuoi il caldo e le ferie non proprio finite, ma intorno allo stadio Degli Ulivi a mezzogiorno ci saranno non più di una ventina di fedelissimi che fanno la fila per comprare il biglietto. Per questa partita hanno inoltre stabilito che il biglietto sia nominale: pazzia pura! Lascio i botteghini e ne approfitto per fare il giro della struttura. Non vengo solo per vedere gli ultras, lo stadio è chiaramente un tempio sacro per me, con tutto il suo fascino, soprattutto in Italia: in tanti paesi, stadi antichi non ce ne sono più, nella Penisola invece resiste – un po’ anche per mancanza di investimenti – un patrimonio artistico e architettonico da non sottovalutare. Ora come ora, in Europa occidentale, si vedono tanti stadi nuovi, ma sono pressoché uguali, come supermercati senza storia e senza fascino. Spesso in periferia, spesso della stessa architettura, tutti coperti, quadrati, su due anelli, amorfi “copia/incolla” progettati da menti senza un briciolo di immaginazione.

Per fortuna mia qua è diverso. Si capisce chiaramente l’epoca in cui la struttura sportiva fu edificata, con una “M” grossissima che serve da entrata in tribuna o le aquile imperiali all’angolo della stessa. Ma nel lontano 1929, sotto il regime fascista, fu edificata un’unica tribuna per un ippodromo. Bisognerà aspettare il dopoguerra, più precisamente il 1949, per vederlo trasformato in un campo di calcio con la costruzione dei distinti. Poi, con la prima storica promozione in serie C1 nel 1989, venne edificata la curva Nord e l’anno successivo la curva Sud. Il nome “Degli Ulivi” fu scelto dopo una consultazione popolare nel 1996 per sostituire l’anonima dicitura “Comunale” e prende ovviamente spunto dall’albero per eccellenza che domina il paesaggio della Puglia. La struttura sportiva è inserita in un parco cittadino, la Villa comunale “Giuseppe Marano” che collega lo stadio con la zona della stazione.

Il ricordo di Marco ovunque

Dietro la gradinata ci sono un paio di scritte degli ultras Andriesi. Tra queste, una che si vede ovunque, anche sotto forma di adesivo, è: “Marco Vive”, dedicata a un ragazzo della Brigata Fidelis venuto a mancare nel marzo del 2018. Una scomparsa drammatica, come sempre, quando una giovane vita di ventitré anni si spegne. Ma i suoi amici tengono alto il suo ricordo e ne onorano la memoria in diversi modi, anche sulla fanzine della curva (“Corriere della Nord”) e con una bandiera che riporta il suo volto. Parlando con un ragazzo della Brigata, scopro che era uno dei più impegnati nel gruppo e che frequentava la curva fin da giovanissimo: nella fanzine dedicata a lui, c’è una foto bellissima che lo ritrae all’età di tredici anni in curva, con la sciarpa degli ultras. Si capisce che dietro questo sorriso timido c’era molto di più di un appassionato, visto che da quel lontano 2007 è sempre rimasto in curva, e crescendo nella Brigata Fidelis, ha saputo mettere le sua qualità al servizio del bene comune. Dopo le superiori, Marco ha studiato all’Accademia di belle arti ed ha saputo unire la sua passione per l’arte a quello della curva, utilizzando per il suo gruppo e per la sua squadra del cuore, il suo talento di giovane artista. La brutalità della sua morte ha visto tante tifoserie unirsi nel suo ricordo e fatto riflettere ognuno sulla vita e le sue ingiustizie.

La passione per la Fidelis sui muri della città

Decido quindi di fare un giro per il centro storico di Andria, perché per capire una tifoseria si deve vedere anche la sua città. Come una tipica città pugliese, ad inizio del pomeriggio non c’è nessuno in giro, ma scritte ed adesivi fanno capire chiaramente che i ragazzi della curva sono tutt’altro che inattivi. Quando torno verso lo stadio manca un’ora alla partita. Mi muovo con un largo anticipo perché non ho avuto risposta per l’accredito, capisco che c’è un problema all’orizzonte ma non per me. Una sessantina di persone aspetta a un varco di prefiltraggio che si trova a cinquanta metri dello stadio, sembra che non possano più accedere ai botteghini e non si capisce niente. L’unica cosa chiara, che in Italia, se sei tifoso di calcio e vuoi andare allo stadio, meglio lasciar perdere… Tutto, da anni sembra fatto per far passare alla gente la voglia di andare allo stadio. L’esempio del biglietto nominale per una partita di Coppa Italia Dilettanti ne è un esempio. Un mostro di burocrazia inutile, che fa perdere tempo a tutti, e paradossalmente, gli unici che continuano ad andarci sono gli ultras, loro malgrado e da anni abituati ad ogni tipo di abuso e di percorsi inutili per accedere allo stadio. Negli ultimi vent’anni, l’Italia è l’unico dei cinque grandi campionati europei (Germania, Inghilterra, Francia e Spagna gli altri quattro) a non avere visto una crescita del pubblico, bensì un calo del 25% del numero degli spettatori… Tanto di capello ai tifosi “normali” che vanno ancora allo stadio: serve del coraggio, della pazienza e della follia. In che azienda un cliente normale accetterebbe lo stesso trattamento? Perché in questo calcio-industria non ci sono tifosi, ma clienti come dicono sempre, ma clienti trattati malissimo.

Il simbolo della Brigata

Anch’io ho un po’ di problemi con l’accredito, ma il responsabile dell’ufficio stampa con buonsenso, alla fine mi permette di arrivare sul terreno di gioco, e in questo caso mi ritengo fortunato, perché essere sul manto verde o in tribuna stampa son due sensazioni totalmente diverse. Quando uno calca il campo dimentica il calcio-industria e tutte le cose brutte che hanno fatto perdere l’anima a questo sport, l’odore dell’erba tagliata di fresco, potere andare sotto la curva, essere vicino agli addetti ai lavori e ai calciatori, ti fa tornare in mente tutto ciò che ti ha fatto innamorare del calcio. Ti ricorda persino quando tu stesso provavi a dare due calci ad un pallone con il sogno di fare l’exploit, ma alle fine eri un giocatore qualunque (almeno nel mio caso) ed è per questo che sei finito sugli spalti, a veder qualcun altro riscattare questo tuo desiderio. Ultima cosa, essere sul campo è il migliore modo per vedere uno stadio e capire l’emozione che può provare un calciatore quando alza lo sguardo e vede gli spettatori sugli spalti.

Oggi non c’è la ressa per vedere la neonata società SSD Fidelis Andria 2018: per la terza volta in tredici anni la Fidelis Andria è sparita ed è evidente a tutti – tranne ai signori che lo governano – che il calcio italiano ha evidenti problemi. Di fatto, questa è la prima apparizione della squadra è avverrà al cospetto di 1.061 spettatori. La gradinata è chiusa perché non agibile, il pubblico di fede andriese si concentra perciò in curva nord e in tribuna.

Il settore ospite è ancora vuoto quando le due squadre entrano sul manto erboso. Dettaglio importante, nessuna delle due squadre ha uno sponsor, le maglie sono “vergini” e l’effetto è bellissimo, non tanto per le finanze delle società, ma per gli appassionati di calcio “vecchio stampo”.

Nella curva nord sventolano una decina di bandieroni per salutare i giocatori. Nel feudo del tifo andriese si notano tre gruppi distinti: la Brigata Fidelis, che dal lontano 1998 prende posto nel centro della curva come erede della gloriosa New Blue Generation, accanto ad essa prendono posto il Drunk Group e due altri gruppi: NNA (“Nel Nome di Andria”) e “Ultras 1998”. Più defilati, infine, vengono sistemati altri striscioni come quello della “Vecchia NBG” o degli “Ultrà Andria 85”.

La presenza fasanese

Per la prima partita della stagione, le due squadre posano sotto le rispettive curve (anche se il settore fasanese è ancora vuoto). Un’usanza tipica del Belpaese che non trova un corrispettivo in Francia, davvero molto carina, anche se simbolica. Poi via alla partita che sul campo sarà una noia totale, per fortuna non altrettanto sugli spalti.

Anche se in curva Nord ci sono a malapena 400 persone, il tifo locale ci sarà eccome, con alcuni picchi bellissimi, soprattutto perché la maggiore parte di loro sono ultras. Poi, attorno al decimo minuto, arrivano gli ospiti con due pullman e un po’ di macchine. Entrano compatti nel settore e in qualche secondo lo “vestono” con i loro colori bianco-blu. A Fasano il tifo è bicefalo: gli storici Allentati che festeggiano quest’anno i loro 30 anni di vita e i più giovani Fasano Ultras attivi dal 2009. Possono sembrare due modi diversi di concepire il tifo, con uno striscione per i primi e pezze per i secondi, ma non lo è. Difatti il tifo risulta compatto e parte subito in quinta. Non mancano, per i due gruppi, i nomi di Nicola e Fabrizio, due amici che non ci sono più: il loro tifo compatto è una maniera per averli accanto a loro. I ragazzi di Fasano sventolano anche diverse bandiere, tra questa una di Che Guevara che potrebbe sembrare del tutto anacronistica in una curva nel 2018, ma non lo è perché gli Allentati non hanno mai nascosto il loro impegno nella lotta contro il razzismo e nel sociale. Ogni tanto nel settore viene accesa clandestinamente qualche torcia che dà un tocco di colore in più.

In tutto ciò, la curva andriese non va trascurata: al 25° tira fuori uno striscione contro l’ex numero 1 della Fidelis Andria, Paolo Montemurro. La tribuna applaude il messaggio e per capire perché, basta cercare su Internet le promesse inevase dal presidente. Il tifo nella Nord è continuo e noto dall’altro lato che i Fasanesi imbastiscono una sciarpata molto particolare, non lunga ma in cui, diverse volte, le sciarpe sono portate su e giù.

Malattie ereditarie

L’arbitro fischia la fine del primo tempo e quando ricomincia la partita, le tifoserie si trovano pronte a continuare il loro show. Nella Nord Andriese, in questo secondo tempo, si notano diversi striscioni: il primo dedicato a un amico di Lanciano venuto a mancare, poi un altro per la tragedia del Ponte Morandi a Genova, infine l’ultimo per i diffidati. Dettaglio che mi piace, ogni striscione è alzato al centro curva.

Le due tifoserie non faranno mai un coro contro, ci sarà un rispetto mutuale ed è giusto che sia così, visti i pochissimi precedenti tra le due squadre (una partita nel 2002 l’ultima volta). La partita è noiosa, tanto quanto la prima parte e si conclude sullo 0-0. Saranno i rigori a decretare il passaggio del turno e saranno gli ospiti a qualificarsi per il prossimo turno di questa coppa Italia di serie D.

Finisce così questa serata che mi ha confermato quanto di buono penso in merito al tifo nelle serie minori. Mancava solo un po’ più di contorno, cioè il resto del pubblico, ma quello, al contrario degli ultras, si è stufato da tempo di questo calcio-postindustriale.

Sébastien Louis
Foto Riccardo Dibiase e Sebastien Louis

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