Quando la tramvia parte con un sobbalzo dal capolinea di Villa Costanza, il suo percorso mi sembra ormai un qualcosa di abituale. Velocemente si inoltra per le strade di Scandicci, supera il letto stretto e quasi secco del Greve e poi comincia a inoltrarsi dentro Firenze. Al Parco delle Cascine ci sono sempre i soliti runner pomeridiani, le mamme che portano i bambini a fare una passeggiata e qualche coppietta che si gode il tiepido pomeriggio primaverile. Mi piace arrivare con alcune ore di anticipo sul fischio d’inizio per concedermi il solito giretto da “turistone” per le strade del centro storico: Santa Maria Novella, San Lorenzo, Santa Maria del Fiore, Piazza della Repubblica, Signoria, Ponte Vecchio, Santa Croce e poi a piedi verso il “Franchi”. Sembra il revival della giornata di un qualsiasi giapponese, ma in realtà è sempre bello pensare che oltre alle classiche “gite culturali”, fatte in diversi periodi della mia vita nel capoluogo toscano, possa permettermi, tutto sommato quando voglio, un paio d’ore di spensieratezza in mezzo a cotante bellezze artistiche e storiche. E perché no, quando riesco ad arrivare ancora prima, anche un bel lampredotto con un bicchiere di vino.

Terminata questa parentesi un po’ populista e un po’ fancazzista, posso tranquillamente passare a quella riguardante la partita e tutte le sue sfumature. Col “Franchi” in rifacimento, per trovare una partita col il settore ospiti pieno a metà e senza che venga boicottato, occorre giocoforza attendere le competizioni europee, dove la Uefa ha imposto una capienza di almeno 1.200 tifosi, al cospetto dei 280 consentiti durante il campionato. Cosa che la dice lunga su quanto, ormai, i nostri prodi Prefetti/Questori se ne lavino ampiamente le mani, non facendo neanche finta di gestire il minimo indispensabile ma ricorrendo alla più classica delle italiche soluzioni: il divieto travestito da limitazione. Giocando anche sulla psicologia delle tifoserie organizzate, molte della quali hanno tutte le ragioni nel disertare Firenze, considerata la grandezza dei gruppi e il rischio di lasciare più di qualcuno fuori. Dopo gli incidenti dell’andata c’è qualche preoccupazione per la gestione del contingente ospite, che tuttavia non creerà particolari problemi per le strade del centro, riservandosi tutte le intemperanze per i novanta minuti (sic!). Quando attraverso il ponte sulla ferrovia, a Campo di Marte, lo stadio si staglia come sempre con i suoi riflettori accesi davanti a me, mentre la masnada di tifosi viola si avvia verso gli ingressi tra ansia ed entusiasmo per quella che di fatto è la terza semifinale europea consecutiva, stavolta la più difficile. All’andata, infatti, gli andalusi si sono imposti per 2-1 e stasera per la squadra di Palladino ci sarà da dare tutto per ribaltare il risultato. Ritiro il mio accredito e in men che non si dica anche io sono sulle gradinate. Alla mia sinistra la Fiesole giace – come sempre da qualche mese – vuota, scalcinata e apparentemente sotto lavori, con il tifo organizzato migrato nella Ferrovia. Sarebbe pure una visione pittoresca se non si conoscesse bene il “fine lavori” e i tifosi toscani non fossero appesi a un filo circa il ritorno nella loro casa. Una delle tante foto che restituiscono un’idea di quanto nel nostro Paese molte cose vengano fatte in modo raffazzonato, schiave della burocrazia o del rimpiattino fra enti e istituzioni. Certo, per chi osserva innanzitutto le movenze del tifo, va detto che la prossimità tra gli ultras di casa e il settore ospiti rappresenta senza dubbio un punto di interesse. Gli spagnoli offrono un bel colpo d’occhio: tutti indossano la maglia del club e nel pre partita si mettono in mostra tra battimani e bandiere sventolate. Il tutto diretto dal gruppo guida Familia Unida, che mostra la propria pezza sopra al grande striscione Heliopolis, che sarebbe il nome del quartiere dove insiste lo stadio Benito Villamarin. Va detto che sin dalle prima battute i béticos tentano di provocare il pubblico avversario, lanciando materiale sia in Ferrovia che in Maratona, e trovando ovviamente pronta risposta dai viola.

Come riportato da un comunicato degli ultras gigliati, la coreografia che avrebbe dovuto esser esposta all’ingresso delle due squadre è stata vietata dalla Questura. Secondo questi ultimi le motivazioni sono da ricercarsi in una sorta di “ripicca” dopo le polemiche scoppiate in seguito a quella esibita contro la Juventus. Polemiche innescate dal club bianconero, per dirla tutta, che hanno portato alla sanzione pecuniaria di diversi tifosi (spese pagate con una raccolta fondi supportata da migliaia di persone e approntata con la vendita di calendari raffigurante quella stessa coreografia!) e che sicuramente non hanno messo in buona luce le forze dell’ordine locali. Quindi se è vero che a pensar male si fa peccato, è altrettanto vero che spesso si indovina. Rimangono sciarpe e bandiere, oltre a qualche torcia e fumogeno entrati di soppiatto. Capisco il dispiacere dei ragazzi che per realizzare suddetto spettacolo avevano sicuramente lavorato duro nei giorni precedenti, ma resto anche convinto che utilizzare questi altri strumenti per dar colore e corpo al proprio settore, sia sempre la scenografia più riuscita ed efficace. Nonché quella che difficilmente si può vietare, non potendo essere soggetta a controlli meticolosi o autorizzazioni precedenti. Così quando parte l’inno della Viola, la Ferrovia si tramuta in un tappeto di sciarpe, con diversi accenni di pirotecnica che la colorano qua e là e lo striscione “Spirito Guerriero” che campeggia nel centro. Striscione che era stato già utilizzato il giorno precedente, quando gli ultras avevano atteso la squadra all’uscita degli allenamenti per spronarla e incitarla. Come dice uno storico coro dei toscani “comincia la nuova battaglia”, fondamentale per una stagione che li vede veleggiare in A poco al di sotto della zona europea e che per il terzo anno consecutivo cerca di culminare con un successo in Conference, dopo le due finali perse con West Ham e Olympiakos.

Tornando agli spagnoli: è sempre difficile decifrare il comportamento delle tifoserie iberiche. O meglio: il loro reale valore da un punto di vista ultras. Per varie ragioni – tra cui una ferrea repressione – in Spagna il movimento non è mai riuscito veramente a decollare e diffondersi in modo trasversale in tutte le realtà. Realtà talvolta complicate, dove la politica, i regionalismi e la disorganizzazione la fanno da padrone, non lasciando ben germogliare il seme ultras, almeno per come lo intendiamo noi. Basti pensare che la maggior parte dei gruppi sceglie le trasferte da fare, non presenzia certo ovunque. Tuttavia andare in trasferta in molte città spagnole non è propriamente una passeggiata: agguati – sovente con modalità alquanto discutibili -, aggressioni, tensioni si registrano puntualmente (vedasi, appunto, la gara di andata), salvo sfumare in atteggiamenti al limite del macchiettistico una volta che queste tifoserie lasciano i confini nazionali. Stasera ne è l’ennesima conferma, con i verderones agguerriti nel lanciare oggetti di ogni tipo ma, probabilmente, impreparati nella reazione della curva di casa, che a un certo punto ha ben pensato di porre fine al “simpatico” tiro al bersaglio degli avversari. Quanto successo è sotto gli occhi di tutti – soprattutto sotto quelli dei delatori alla Gruppa OF – e non aggiungerò molto altro. Di certo i fatti mostrano gli anni luce che intercorrono tra le due realtà: da una parte la massa di provocatori in stile bimbi delle elementari, dall’altra gli ultras che quando hanno voluto mettere un punto lo hanno fatto, riportando a casa pure un souvenir e costringendo i dirimpettai a ritirare pezze e striscioni, lasciando solo quello piccolo della Familia Unida. Stendiamo un velo pietoso poi, sulla serie di video diffusi da alcuni tifosi presenti nel settore ospiti in cui stigmatizzato il comportamento dei viola, non lesinando inquadrature in primo piano. Un modus operandi che ricorda molto quello di alcuni supporter (sicuramente non ultras) del Siviglia prima della finale di Europa League di Budapest contro la Roma, quando immortalano e pubblicarono con fare diffamatorio le immagini di tifosi giallorossi che entravano allo stadio senza biglietto. Una foto nitida di quanto la nostra società sia portata sempre più a poggiarsi sul poco onorevole principio della delazione.

Capitolo tifo: come accennato, gli ospiti si mettono in mostra nel preparata, con cori possenti, sciarpata e sbandierata, salvo poi spegnersi un po’ durante la partita è andare a folate, accompagnando i momenti più entusiasmanti della squadre. Un tratto distintivo per molte tifoserie iberiche, che difficilmente riescono a mantenere la continuità durante la partita. Sicuramente da un punto di vista estetico offrono diversi momenti da incorniciare. Non gli manca il colore né la passione, ma c’è una palese frattura tra i gruppi e il pubblico “normale”. Su fronte viola c’è la consapevolezza di dover dare tutto per aiutare la squadra e raggiungere un traguardo difficile e irto di ostacoli. Dopo la sciarpata iniziale gli ultras fiorentini cominciano a macinare tifo, con i ragazzi ai megafoni appollaiati in varie zone della curva, sopra gli striscioni dei rispettivi gruppi, che si coordinano e di tanto in tanto ridanno linfa a un coro che si sta affievolendo o a un battimani che non viene eseguito da tutti. Senza dubbio apprezzabile quanto retrò l’utilizzo dei soli megafoni in favore della filodiffusione, presente in quasi tutte le grandi curve. Stendardi, bandieroni, torce accese per tutta la gara segnano una gran prova di tifo dei gigliati, che conosce i maggiori sussulti dopo i due gol con cui la Fiorentina ribalta provvisoriamente il vantaggio andaluso, portando la gara ai supplementari. A questo punto tutti sanno che gli ultimi trenta minuti daranno risposte importanti, forse definitive, per questa stagione. E quando il Betis la pareggia, facendo esplodere il settore ospiti (esultanza davvero potente e caotica) sul Franchi cala un silenzio che inizialmente sa di rassegnazione. Una rassegnazione che si trasforma in orgoglio, con i cori che riprendono fino al 120′, accompagnati dai tanti – alcuni davvero originali – stendardi issati in aria. Al triplice fischio sono i biancoverdi ad esultare, con gli uomini di Palladino che caracollano a terra, disperati e attoniti. La Conference continua a essere maledetta per la Fiorentina, sebbene questo fosse l’anno più difficile per vincerla, considerata la presenza del Betis, per l’appunto, e soprattutto del Chelsea. Non a caso i due sodalizi si contenderanno il trofeo a Breslavia.

Rimango ancora un pochino ad osservare gli animi contrastati, nonché la Fiesole formato Ferrovia che toglie le pezze, continuando le schermaglie con i dirimpettai. Il mio pullman partirà alle 3 da Villa Costanza, quindi non mi resta che ammazzare il tempo arrivandoci a piedi. Una decina di chilometri che dapprima mi fanno riattraversare il centro – godendo stavolta delle luci notturne che baciano il patrimonio artistico fiorentino – e poi mi inoltrano verso la periferia. Scritte, murales e adesivi mi si palesano davanti di tanto in tanto, mentre a Ponte a Greve un forno che sta preparando pane e lievitati per il giorno seguente, mi ricorda la mitica scena di Amici Miei in cui il sommo Philippe Noiret, nei panni del Perozzi, si barcamena tra la moglie del fornaio e un cornetto “caldo, caldo”. Quando arrivo alla fermata mancano una decina di minuti alla partenza, cosa che mi rende felice della mia scelta: ho fatto attività fisica, non ho aspettato ore fermo e inoperoso e ho assaporato centro e periferia della città. Cosa chiedere di più? Mi accontento di poco…

Simone Meloni