Lo chiamano Il derby dell’Appennino per evidenziare il fascino tutto particolare che questa partita assume. Del resto la sfida è un grande classico del calcio italiano, le due squadre si sono affrontate moltissime volte nel recente passato ed anche le due tifoserie non si sono di certo risparmiate. Divise da una vecchia e radicata rivalità, bolognesi e viola non mancano, sfida dopo sfida, di lanciarsi addosso ogni mal parola, di inventarsi cori ad hoc per irridere l’avversario e naturalmente di gioire per ogni sventura capitata all’altro.

Fin qui tutto bene, o almeno tutto secondo la norma: l’Italia pallonara è divisa da antiche rivalità che ormai affondano le radici in terreni carichi di humus e ciclicamente tornano a crogiolarsi di tutti i gesti e le parole che normalmente si usano in questi casi.

Ma se essere ultras è andare anche oltre, impossibile non menzionare chi oltre c’è andato in maniera fin troppo spinta arrivando a minare la normale vita di una persona. Era il giugno del 1989, trentatreesima giornata del campionato, anche quella volta il Bologna era di scena al Franchi di Firenze ed anche quella volta i bolognesi, come capitava praticamente ogni domenica, affrontarono la trasferta in treno.

Solite scene in seno a questa storica rivalità, tanto che anche all’andata, nei pressi di Bologna, il treno dei viola era stato salutato da una fitta sassaiola, tanto per dare il benvenuto nella città delle Due Torri. Ma nei pressi di Rifredi, al ritorno, quattro ragazzi viola decisero di ricambiare e innalzare il livello dello scontro, scagliando una maledetta molotov che colpì in pieno un vagone del treno con all’interno gli ultras rossoblù. Fiamme, fuggi fuggi e feriti, uno piuttosto grave, Ivan Dall’Oglio all’epoca un baldo quattordicenne che rimase pesantemente ustionato.

La storia ci racconta che i quattro furono arrestati, all’epoca tra di loro si contava pure un minorenne, l’elemento di spicco a partecipare all’agguato fu il “Pitone” poi deceduto per AIDS. Ivan ha poi potuto tornare a vivere una vita quasi normale, quasi perché quelle bruciature fanno male, quei processi, quella giustizia che va a rilento, quei soldi necessari per le operazioni e quel risarcimento che non ha potuto avere in toto, sono ferite che difficilmente si rimargineranno.

Questo il punto più tragico della rivalità tra bolognesi e viola ed anche questo pomeriggio i cori offensivi si sprecano seppur il 1989 sia lontano anni luce ed ormai di quell’episodio si ricordano solo gli ultras più anziani. Poi per certi versi si è preferito dimenticare, dimenticare una delle pagine più nere del mondo ultras.

Se non altro oggi le tifoserie hanno fatto un salto di qualità a livello comportamentale, sicuramente una bella spinta è stata data dalla società che rispetto agli anni ’80 è sicuramente meno violenta, meno crudele. Non che oggi sia tutto rose e fiori, tutt’altro, ma almeno negli stadi i grandi gruppi organizzati nel tempo hanno bandito una violenza spesso gratuita e poco “cavalleresca”. Poi su questo punto andrebbe data una grossa tirata d’orecchie a chi ha deciso di premere per far sciogliere, spesso e volentieri con le cattive maniere, i grandi gruppi ultras del panorama italiano per poi pentirsi nel vedere proliferare in curva tante schegge impazzite che agiscono spesso senza rispettare le famose “leggi non scritte”. Ma questo è un altro argomento.

Oggi l’attualità storica parla di due tifoserie in buona salute. Entrambe cercano di onorare al meglio l’incontro, un paio di sciarpate per parte, i classici bandieroni a sventolare ed un tifo tutto sommato più che dignitoso, hanno fatto da cornice ad una partita che sugli spalti ha regalato parecchi spunti di discussione.

Tanto per confermare la progressiva maturità delle tifoserie italiane, c’è da segnalare in Curva Fiesole un bello striscione di solidarietà alla città di Livorno colpita giorni addietro da un violento nubifragio che l’ha messa in ginocchio. La rivalità nel calcio ci sarà sempre, la diatriba amico – nemico è il sale del tifo, ma ai giorni nostri si è probabilmente capito che il nemico comune è quello che tira i fili dello “spettacolo”, cercando sistematicamente di far passare l’ultras come il solo ed unico colpevole di un carrozzone che sta andando lentamente alla deriva. Incapaci di assumersi le loro responsabilità, devono trovare nell’ultras una figura da esporre nella pubblica piazza o magari sulla prima pagina dei giornali. La maturità e la presa di coscienza del mondo ultras continuano a fare la differenza. Oggi molto più di ieri.

Testo di Valerio Poli.
Foto di Sauro Subbiani.