Altra sfida al vertice per la squadra amaranto che per l’occasione viaggia verso Gavorrano, paese in provincia di Grosseto molto vicino geograficamente alla provincia di Livorno. Trasferta molto agevole, quella che in gergo si chiama “scampagnata”: vista l’importanza della partita e la vicinanza tra i centri è pacifico aspettarsi una folta presenza di tifosi da Livorno, infatti gli oltre mille biglietti messi a disposizione per la tifoseria labronica, vengono rapidamente esauriti.

Come succede in questi casi, scatta la macchina organizzativa da parte del Comune che prevede un tragitto obbligato per i tifosi provenienti da Livorno ed ordina il divieto di vendita e somministrazione di bevande alcoliche nell’orario antecedente l’incontro e in concomitanza dello stesso. Niente di così strano o innovativo in fondo, aspetto che reputo di poco conto ma concettualmente non ce la faccio proprio a pensare come certe occasioni siano motivo di timore quando potrebbero venir vissute come un evento, una festa per un paese e per una squadra che non tutti i giorni hanno il piacere di ospitare una nobile decaduta, con tutto ciò che potrebbe rappresentare in termini di ricadute anche economiche accogliere un notevole numero di persone provenienti dalla vicina Livorno. Invece di sponsorizzare e reclamizzare i propri prodotti e le proprie attività, si pensa a contenere i tifosi pensando ad una calata degli Unni o di hooligan ubriachi pronti a mettere a ferro e fuoco il paese.

Lo stadio Melservisi – Matteini di Bagno di Gavorrano è un impianto veramente carino con due tribune poste sui lati lunghi del campo. La società sembra proprio ben organizzata e non si scompone davanti al più nobile avversario. Gli ultras amaranto si sistemano nella prima tribuna scoperta che incontrano dopo l’ingresso nel settore, appendono le consuete pezze che stabilmente si trovano in Curva Nord ed in gradinata, con una grossa bandiera della Palestina che fa quasi da spartiacque tra le due entità. Da ricordare gli attriti tra presidente e tifosi labronici sull’uso della bandiera palestinese e se da una parte si vuol rimarcare la propria vicinanza ad un popolo, dall’altro si vuole anche sottolineare quanta poca stima reciproca ci possa essere tra il nucleo del tifo labronico ed il presidente Esciua.

Nel settore dei tifosi locali fanno bella presenza di sé una paio di striscioni che vorrebbero rimandare ad una presenza pseudo ultras, in realtà a fare il tifo, almeno a tratti, ci pensano alcuni ragazzi delle giovanili coadiuvati da qualche elemento leggermente più grande. Anche in questo caso è simpatico constatare che esista un gruppo di persone vicino alle sorti della squadra, espressione di un paese che evidentemente ha un’anima ed il calcio inevitabilmente diventa veicolo perfetto per sottolineare le proprie origini. Tanto per trovare il male ad ogni costo, le forze dell’ordine sequestrano un fumogeno ad alcuni ragazzini presenti in detto settore: al netto di un regolamento dell’impianto, al netto di tutte le leggi che circondano una partita di calcio, se avesse prevalso il buonsenso quel fumogeno sarebbe stato acceso sì sotto l’occhio vigile delle istituzioni e magari il lunedì a scuola qualcuno avrebbe raccontato ai compagni l’avventura del pomeriggio precedente. Evidentemente qualcuno pensa che sia meglio per i giovani fare i video su TikTok o farsi le storie in qualche social network. Punti di vista, ci mancherebbe ma l’educazione passa dai piccoli gesti e dalle piccole concessioni. La distanza fra la responsabilizzazione (anche sull’uso della pirotecnica) e la criminalizzazione, accorcia inevitabilmente anche quella del rispetto verso le istituzioni quando queste confondono doveri e abusi del potere esercitato.

Tifo ospite invece che parte bene e prosegue nel solco iniziale, c’è un buon coinvolgimento delle persone ed i risultati sono evidenti, con i cori che si alzano senza troppi problemi grazie anche a chi, spalle al campo, sale sulla rete divisoria e si fa sentire con il megafono. A livello di colore qualche bandiera fa tutto il proprio dovere mentre un paio di esplosioni notevoli, ci confermano che qualche bomba carta viene esplosa nel retro del settore, tanto rumore ma pericolosità tendente a zero. Poi sull’uso di questi più delicati artifici pirotecnica la stessa Curva Nord “Fabio Bettinetti” ci ha tenuto a mettere i puntini sulle i con un proprio comunicato, anche in virtù di una conferenza stampa in cui la dirigenza ha puntato, per questi episodi, il dito contro la tifoseria tutta.

Da menzionare infine lo striscione esposto per Davide Cesare ed i cori di natura politica che lo hanno accompagnato: l’uccisione di “Dax”, come lo conoscevano i suoi compagni di militanza politica, ebbe una grande visibilità nel 2003, anno dell’aggressione mortale. Negli anni più recenti anche un gruppo musicale e Zerocalcare si sono impegnati a tenerne viva la memoria.

La partita in campo purtroppo, vede i padroni di casa imporsi per 1-0 e il Livorno scivolare così a meno cinque dalla vetta. Nulla è perduto ma l’iniezione di fiducia che ne poteva risultare da questa gara si è inevitabilmente trasformata in un contraccolpo dal punto di vista morale.

Valerio Poli