PremierGreedFools gold. Tradotto letteralmente: l’oro degli stolti. Abbinandolo ad un comune detto italiano, “non è tutto oro quel che luccica”.

Negli ultimi anni, tra campagne acquisti faraoniche, stadi (sempre meno grounds e più stadiums) sempre sold-out e accordi a nove zeri per la spartizione dei diritti con le tv di mezzo mondo, il football d’oltremanica è certamente diventato il campionato con il maggiore appeal nel mondo, sia in termini di bacino d’utenza, sia in termini di giocatori, sempre più attratti dai lauti stipendi che i club inglesi sono in grado di offrire rispetto alla stragrande maggioranza dei club europei, se si eccettuano i soliti Real Madrid, Barcellona, Bayern e PSG.

In realtà, nell’iceberg del calcio inglese, in cui la punta è rappresentata dalla luccicante Premier League, c’è un universo di club che non gode certo delle finanze di magnati russi, emiri arabi o uomini d’affari statunitensi: questo universo si chiama Football League.

Dal 2005 ad oggi, ben 26 club della Football League sono entrati in amministrazione controllata, ossia lo step a cui vanno incontro i club insolventi, ossia inabili a far fronte ai propri debiti. In effetti, non bisogna certo essere George Soros per capire che il leverage, ossia il rapporto di indebitamento esterno di un azienda rispetto al totale dei suoi debiti, di squadre come Manchester City e Chelsea, non può essere lo stesso di club come il Cambridge Utd o l’Aldershot Town, per il semplice motivo che se in Premier i proprietari sono in grado di coprire le passività del club tramite le smisurate finanze a loro disposizione, lo stesso non può dirsi per i proprietari di club della Football League, spesso niente più che imprenditori locali. Tra i 26 club entrati in administration, si contano anche il Leeds, caduto in disgrazia dal 2007 al 2012, anno in cui è stato rilevato da un certo Massimo Cellino, il Southampton, il Bournemouth e il Crystal Palace, tutte squadre che, in un modo o nell’altro, sono state risollevate da businessmen capaci e oculati, e ora giocano nelle serie maggiori del calcio inglese; ci sono poi anche club come il Portsmouth, vincitore della FA Cup nel 2008 e fallito appena un anno dopo, e il Port Vale nel 2011, un tempo squadre di grande spessore ma cadute nell’oblio delle nobili decadute del calcio mondiale. Senza contare lo Swansea che, infarcito di debiti e sull’orlo della League One, venne rilevato nel luglio 2001 dall’attuale proprietario, Mike Lewis, per appena 1£: ora gli Swans, esempio di gestione aziendale, sono l’unico club di Premier (oltre al Bournemouth) ad avere un saldo attivo nel proprio bilancio, pur lottando ormai da un paio di stagioni per entrare in Europa con un budget molto limitato, secondo il principio base dell’imprenditoria: non puoi spendere più di quanto guadagni.

Un altro problema è rappresentato dal caro biglietti: come riporta il celebre periodico indipendente di calcio inglese, When Saturday Comes, nel prossimo weekend del 3-4 ottobre le tifoserie di tutto il Paese prenderanno parte ad un’azione di protesta nei confronti della Football Association promossa dalla Football Supporters’ Federation (FSF), l’associazione che riunisce i tifosi di tutta l’Inghilterra, per dimostrare il loro dissenso alla politica dei prezzi imposta dalla Federcalcio inglese. Un problema che nella Terra d’Albione, dove da sempre il calcio è lo sport proletario per eccellenza, si è gia manifestato più volte nel corso delle ultime stagioni. Ad essa aderiranno le tifoserie di tutti i club di Premier, più buonissima parte dei club che militano nella Football League: il biglietto più economico per vedere il West Ham costa circa 42£, circa 60€, per il Manchester City 46£, circa 65€, per l’Arsenal una gara di terza fascia (la più bassa) arriva a costare addirittura 60£, circa 85€. Non solo, anche la Football League è estremamente coinvolta: in Championship per vedere il Fulham, retrocesso in Championship due stagioni fa, bisogna sborsare 45£, l’Ipswich Town ne chiede circa 40£, lo Sheffield Wednesday in alcuni match di prima fascia addirittura 50£; in League One, un biglietto per Bramall Lane, casa dello Sheffield United, arriva a costare 30£, in League Two il Wycombe Wanderers il biglietto meno caro arriva a costare addririttura 15£, quasi 20€, per un match di quarta serie.

Inoltre, la FSF chiede la parificazione della riduzione per gli under 18, presenti in una buona parte ma non in tutti gli stadi inglesi, e l’introduzione di una riduzione per la fascia 18-25 anni, ossia quella dei giovani, la fascia più colpita dalla disoccupazione e dalla povertà.

“I club hanno fondi più che sufficienti per ridurre i prezzi in ogni lega del calcio inglese e per fare di più per supportare il tifo locale”,  fa sapere una nota sul sito della FSF, una chiara frecciata alla politica della FA di attirare sempre più tifosi dal bacino asiatico, miniera d’oro per la crescita del marchio e del merchandising, a scapito del tifo locale, da sempre il segreto alla base della magia del football inglese.