Il ricordo del vecchio stadio Nicola Perrone – situato sulla Via Appia, a poca distanza dalla stazione cittadina – mi fa tornare indietro di almeno una decade. Vale a dire all’ultima volta che ho avuto modo di seguire una partita del Formia in casa. Sapere che oggi l’impianto è stato totalmente restituito al Coni e che i biancazzurri sono costretti a giocare le gare interne nella tutt’altro che agevole frazione di Maranola, mi lascia alquanto interdetto. Sarà perché sono un inguaribile sostenitore degli impianti nel centro cittadino, sarà perché arrivando a Formia in treno c’è bisogno di prendere un autobus per coprire i cinque chilometri che conducono alle porte di questo borghetto arroccato sul Monte Altino. Sarà perché mi dispiace vedere un sodalizio storico del Lazio annaspare ormai da anni in categorie infime (fatta eccezione per la Serie D dello scorso anno) e, di conseguenza, vedere i suoi tifosi sbattuti a destra e a manca, senza una fissa dimora o con un impianto che di certo non aiuta l’aggregazione e il semplice appassionarsi alla compagine cittadina.

Tuttavia l’occasione per “visitare” il Washington Parisio (intitolato all’ex giocatore e allenatore formiano scomparso nel 2010) sono i Quarti di Finale della Coppa Italia di Eccellenza, che vedono i tirrenici opposti a un’altra illustre squadra falcidiata dalla sorte e dalla ciclica mala gestione: il Campobasso. Arrivando con netto anticipo posso concedermi anche un giretto a Maranola, borghetto assai grazioso che che domina il Golfo di Gaeta e che con le sue viuzze in pietra e i suoi vecchietti intenti a ingollare vino nel bar della piazza mi strappa un sorriso, valendo già metà del viaggio fatto per raggiungere questo posto.

Finita la parte turistica posso raggiungere il Parisio con una breve camminata. Manca un’ora al fischio d’inizio e ovviamente attorno e dentro lo stadio ci sono quasi esclusivamente gli addetti ai lavori. Questa coppa ha una valenza molto importante, permettendo alla vincitrice di ottenere la promozione in Serie D, pertanto le partecipanti la considerano alla stregua del campionato. Non è un caso, dunque, che per le strade di Formia campeggino diversi striscioni realizzati dalla Curva Coni per invitare i tifosi a gremire gli spalti. Non è facile, considerato l’orario (calcio d’inizio alle 14:30), il giorno lavorativo e la scomodità del campo, ma alla fine il colpo d’occhio sarà più che discreto.

I vari murales realizzati nei pressi della curva biancazzurra rendono sicuramente più vivo il settore, dando un tocco di colore all’impianto. Come ho già avuto già modo di dire in occasione della finale regionale vinta dai formiani ad Artena contro la LUISS, la loro è una delle tifoserie più continue e assidue della regione. Malgrado le sfortune calcistiche e malgrado – logicamente – i numeri a volte non siano eccelsi, ho praticamente sempre memoria di almeno uno stendardo o un’insegna della Coni al seguito delle aquile. Dunque non rimango sorpreso dalla buona presenza curvaiola e dal bel tifo che ne conseguirà. Sarebbe un po’ come sorprendersi per l’ottimo contingente campobassano. Se di alcune piazze se ne conosce la continuità e l’attaccamento, si può immediatamente capire che non snobberanno simili confronti.

La conformazione del “nuovo” stadio del Formia non sarebbe neanche bruttissima: due curve e un’ampia tribuna. Più il bellissimo panorama del Golfo proprio alle spalle degli ultras biancazzurri. I quali, comprensibilmente, hanno però contestato per lungo tempo la scelta del comune di revocare al club cittadino lo stadio dove dal 1948 ha disputato le gare casalinghe. Questa situazione, inevitabilmente, richiama all’ormai insostenibile problema di impiantistica del nostro Paese, una situazione che sta costringendo tantissime squadre a giocare lontano dalla propria città, a porte chiuse o con solo alcuni settori agibili. Se da una parte le regole stringenti – e spesso decontestualizzate – riguardanti la sicurezza e l’ordine pubblico costringono i club a scelte drastiche, dall’altra va riconosciuta la totale negligenza in fatto di manutenzione o restyling. Un qualcosa da cui neanche la Serie A si salva, ma che ovviamente grava come un macino sulle piccole società.

Dicevamo dei supporter formiani, che alla spicciolata cominciano ad occupare il loro settore, preparando il materiale in anticipo, appendendo le classiche pezze e coprendole poi con lo striscione “Non c’è stella che brilla più di te”, che chiaramente servirà per la coreografia. La polizia controlla attentamente da lontano, senza tuttavia interferire in maniera invasiva come ormai, purtroppo, accade sempre più spesso anche in caso di innocui striscioni o, addirittura, bandiere e aste non fatte entrare. Se un tempo almeno in Eccellenza si trovava una certa pace e si poteva godere di una relativa libertà, oggi il discorso appare ben diverso.

A pochi minuti dall’inizio, il contingente molisano fa la propria apparizione sulla scaletta che conduce al settore ospiti. Bandieroni in mano, gli ultras rossoblu si compattano sulla balconata con le loro pezze, cominciando a sostenere ininterrottamente il Lupo. Una tifoseria del genere – che nel giro di pochi anni, come ormai da consuetudine, ha conosciuto i fasti della C e poi è nuovamente sprofondata nei dilettanti – credo dimostri, di volta in volta, quanto l’attaccamento alla propria terra e ai propri colori riesca ad andare sempre e comunque oltre le disgrazie sportive. Mantenere in vita il credo ultras in una città dove la squadra puntualmente sparisce, fallisce e deve ripartire da zero è un po’ come voler mantenere in vita un matrimonio dopo esser stati ripetutamente traditi. La differenza è che nel secondo caso si tratta di autolesionismo, mentre nel primo è un atto fideistico e di appartenenza.

I formiani salutano l’ingresso delle squadre con una torciata, cominciando a tifare e rendendosi protagonisti di un’ottima prova. Tante manate, cori ritmati dal tamburo, una sciarpata nel secondo tempo e bandieroni sempre in alto. Stessa cosa che si può dire dei dirimpettai, praticamente non un minuto in silenzio e bravi a far gruppo sciorinando tutto il classico repertorio della Nord rossoblu e molto colorati tra sciarpe e bandiere. Un confronto che, complessivamente, restituisce davvero una bella giornata di stadio, dove oltre all’importanza della posta in palio, è stata ribadita ancora una volta l’essenza del nostro calcio “minore” e la voglia di tante realtà curvaiole, impelagate nei bassifondi pallonari, di non mollare e far crescere anche le future generazioni nel nome della tifoseria e della squadra cittadina. Fedeli al motto “tifa la squadra della tua città” insomma.

In campo alla fine sono gli ospiti a spuntarla, con 2-1 che gli permette di affrontare la gara di ritorno in una netta posizione di vantaggio. I supporter campobassani ringraziano, richiamando i giocatori e condividendo con loro diversi cori. Tuttavia ci sono applausi anche per un Formia che forse non avrebbe meritato la sconfitta e a cui i tifosi tributano diversi cori, anche in vista dell’imminente gara di campionato.

Dopo un pomeriggio alquanto caldo, la brezza marina si sta facendo sentire e di concerto con il sole calante, mette qualche brivido tutt’altro che piacevole. Per non perdere il primo treno utile per Roma bisogna accelerare il passo e non perdere ulteriore tempo, dopo gli ultimi scatti da effettuare. Per entrambe le tifoserie ci sarà la gara di ritorno, ma soprattutto ci si aspettano tempo migliori in cui poter tornare a livelli sportivi almeno accettabili, fronteggiando avversari in grado di regalare stimoli e scrivendo nuove pagine della propria storia.

Una parte del viaggio di ritorno lo passo leggendo la fanzine della Curva CONI, soddisfatto nell’averla tra le mani vista la rarità con cui ormai si produce il classico giornalino di curva. Nel chiudere questo pezzo allora non posso che citarne un piccolo passaggio, che riassume totalmente l’anima della tifoseria tirrenica: “Quant simm, simm… semp partimm!”.

Simone Meloni