Frosinone è uno di quei posti dove negli anni ho macinato decine di partite. Così tante che neanche saprei dare un numero approssimativo. Non posso negare che il passaggio dal vecchio Matusa al nuovo Benito Stirpe è stato personalmente mal digerito. Intendiamoci, nulla da dire sull’opera e sarebbe stupido negare che con l’importante crescita calcistica dei giallazzurri negli ultimi anni (ma anche lo sviluppo urbano del capoluogo) sia stato inevitabile erigere un nuovo impianto al posto delle romantiche e vissute tribune di quello di Via della Mola Vecchia. Eppure ad oggi faccio ancora fatica ad abituarmi all’idea. Colpa della mia atavica e incorreggibile poca propensione alle novità in ambito calcistico ma anche delle relativa perdita di “genuinità” che tale scelta produce inevitabilmente.

Decido all’ultimo di assistere al match, sfruttando i prezzi stracciati delle tribune e saltando – come ai vecchi tempi – su un ottimo e sudicio treno regionale. Sono stati venduti circa ottomila biglietti, di cui poco meno di cinquecento nella città Picena. Gli ultras bianconeri sono rientrati allo stadio la settimana precedente, contro il Lecce, e quindi oggi è la loro prima trasferta dopo quasi due anni. In campo invece si sfidano due squadre reduci da un discreto inizio di campionato che cercano ulteriori certezze per disegnare con più nitidezza quella che sarà la loro marcia nel torneo cadetto.

L’accesso allo stadio avviene in maniera abbastanza disorganizzata con tutte le lamentele del caso nei confronti degli steward e di un’organizzazione che misteriosamente ritiene opportuno aprire solo la metà dei cancelli a disposizione e far ammassare diverse persone in prossimità del prefiltraggio. Su questo genere di scelte si potrebbe scrivere e dire talmente tanto da realizzarci un libro. Così come sulla classica impreparazione degli uomini in pettorina gialla che invece di facilitare le manovre di accesso finiscono puntualmente per ostacolarle e creare nervosismo in seno ai tifosi. Non voglio generalizzare ma dopo quindici anni dall’introduzione della figura dello steward nel calcio italiano mi sento di dire, senza dubbio alcuno, che rappresenta il personaggio più inutile e controproducente derivato dalla masnada di decreti e de-cretini partoriti dall’ineffabile Ministero dell’Interno.

Il colpo d’occhio offerto dallo stadio è tutto sommato buono mentre il contingente ospite fa il proprio ingresso alla spicciolata e pochi minuti prima del calcio d’inizio. Dopo la classica sciarpata, la Nord si diletta in una buona prova di tifo mantenendo una discreta intensità per tutto l’incontro e riuscendo sovente a portarsi dietro il resto dello stadio. Sul fronte marchigiano la performance è senza dubbio molto buona, caratterizzata da bei boati e manate compatte. L’unico appunto che mi sento di fare agli ascolani è quello di concedersi un po’ troppe pause.

In campo la partita è bella e malgrado il Frosinone si porti sul 2-0, nel secondo tempo i bianconeri non mollano dimezzando le distanze e dando vita fino all’ultimo a un bel duello in cui, sia da una parte che dall’altra, si sarebbero potuti siglare altri gol, sebbene la vittoria dei ciociari sia ai punti più che meritata. Soffermandomi a vedere il match resto in più occasioni infastidito dalle tante interruzioni dovute al var. Non me ne voglia nessuno, ma come per il “trasloco” negli stadi nuovi non riesco nemmeno ad abituarmi a questo epocale cambiamento del football. Fischiare un fuorigioco dopo trenta secondi dallo stesso – con l’azione che magari è terminata in gol – o vedere la propria squadra del cuore segnare, esultare, andare a centrocampo per poi vedersi annullata tutta la gioia (ma paradossalmente ci metto pure la rabbia contrapposta e l’eventuale svarione arbitrale) non mi fa godere appieno lo spettacolo di uno sport che risulta tutt’oggi vincente e seguitissimo anche grazie ai suoi limiti e al suo lato conservatore. Razionalmente so che ai fini della regolarità di ogni match l’applicazione del var può essere risolutiva (sebbene la sua parziale discrezionalità non porti il margine d’errore vicino allo zero, anzi) ma emotivamente è un qualcosa che mi blocca dal seguire questa disciplina con trasporto e con il classico miscuglio di emozioni. Ecco, personalmente credo che tra le tante cose anche il var abbia reso il calcio meno genuino!

Al triplice fischio il popolo giallazzurro festeggia tre punti sudati e chiama sotto la curva l’ex Federico Dionisi, che con 209 presenze, 63 reti realizzate e un apporto decisivo per le due storiche promozioni in Serie A è entrato di forza nella storia del club. Per non perdere il pullman di ritorno abbandono a ritmo sostenuto le gradinate dello Stirpe, lasciandomi alle spalle suoni e rumori tipici di ogni post partita. Tra il lento deflusso dei tifosi e il sole che lentamente scende dietro ai Lepini continuo a ragionare sulle mie idiosincrasie nei confronti di questo sport e a chiedermi se continuare a seguirlo sia autolesionismo o semplice e banale bisogno di lamentarsi inutilmente di un qualcosa di cui si rimane poi a vita innamorati.

Simone Meloni