Questo appena trascorso è un 5 maggio proprio particolare. Infatti, per la prima volta, per effetto della pandemia che ha colpito il Paese, non c’è stata nessuna partita di calcio in Francia. È stato necessario, quindi, aspettare una crisi sanitaria per soddisfare le rivendicazioni del Collectif des victimes du 5 mai 1992 (Collettivo delle vittime del 5 maggio 1992). Tuttavia, l’anno prossimo non ci sarà bisogno di un nuovo virus per mantenere l’antica promessa, dato che una legge dovrebbe benedire definitivamente questa data dopo una lunga lotta durata ventotto anni. Fu il Presidente della Repubblica François Mitterand ad assicurare, all’indomani della catastrofe, che non ci sarebbero più state partite il 5 maggio. Ed ormai è cosa fatta, grazie al voto di una proposta di legge presentata il 13 febbraio 2020 all’Assemblea Nazionale. La palla è ormai nel campo del Senato che dovrà prendere una decisione affinché si possa porre un termine a questa lunga partita iniziata il 5 maggio 1992, quando il calcio francese conobbe la peggior tragedia della sua storia.

Ventotto anni fa doveva essere una giornata di festa in Corsica. Lo Sporting Club Bastia, allora in seconda divisione, riceveva l’Olympique di Marsiglia per la semifinale della Coppa di Francia. Una partita attesa da tutta l’isola, della quale lo SC Bastia è principale rappresentante. Avversario è una delle migliori squadre d’Europa, mentre il budget del club Corso è in rosso. Questa partita è quindi un’occasione unica – tanto sul piano sportivo che su quello economico. Tuttavia, lo stadio Furiani è decisamente troppo piccolo per soddisfare la domanda di biglietti dei tifosi. I dirigenti del SC Bastia decidono – senza autorizzazione – di radere al suolo la vecchia tribuna che dispone di una capacità di settecentoquaranta posti e di erigerne una nuova. In otto giorni, nuovi spalti con la capacità di accogliere poco più di novemila persone sono edificati dall’azienda Sud Tribunes, senza il minimo rispetto delle più elementari norme tecnologiche e di sicurezza.

Il 5 maggio, l’incontro registra il tutto esaurito e l’atmosfera è bollente. Alle 20:20 le squadre tornano negli spogliatoi dopo il tradizionale riscaldamento ed è in quel momento che la parte più alta della tribuna Nord crolla. La trasmissione del primo canale francese è appena iniziata e i telespettatori vivono il dramma in diretta. Il bilancio è terribile: diciotto morti e duemilatrecentocinquantasette feriti.

I responsabili sono numerosi, dall’impresa di costruzioni ai dirigenti dello Sporting Club di Bastia, dalla Federcalcio francese, organizzatrice della Coppa di Francia alla commissione di sicurezza. In un verbale poi risultato falso, quest’ultima aveva dato “il suo consenso per la disputa della partita” il 29 aprile. Senza dimenticare le colpe dell’organismo certificatore, la Lega Corsa di calcio e, alla fine, le autorità amministrative, cioè lo Stato.

I biglietti furono venduti prima ancora che la tribuna fosse assemblata e il loro prezzo venne decuplicato per questa partita eccezionale. Il contesto economico-sportivo contribuì non poco a questa fuga in avanti. Erano anni di mutamento da un calcio professionistico (gestito alla vecchia maniera) a un’industria del tempo libero che generasse somme folli di denaro.

Il processo per tale catastrofe iniziò il 4 gennaio 1995. La sentenza della Corte di Appello di Bastia, emessa il 15 dicembre 1995, condannò il direttore dell’impresa di costruzioni Sud Tribune, Jean-Marie Boimond, a una pena di due anni di prigione. Diversi imputati vennero invece assolti; altre otto persone condannate riuscirono ad evitare il carcere. È il caso di Raymond Le Deun, direttore di Gabinetto del prefetto della Haute-Corse e presidente della Commissione di sicurezza. Condannato per omicidio e lesioni involontarie, ricevette una pena di venti mesi di prigione con la condizionale e una multa di 30.000 franchi. Nella sentenza, la Corte evidenziò che “l’edificazione di una tribuna di novemila posti in grande fretta e con nessun rispetto delle norme elementari (assenza di contratto scritto, assenza di piano, di relazioni di calcolo, assenza di registri di sicurezza) […] avrebbe dovuto porre un reale interrogativo all’autorità prefettizia e ai servizi dello Stato in generale”. La Corte inoltre condannò a pene con la condizionale e a diverse multe Bernard Rossi, direttore dell’agenzia di controllo tecnico, quattro organizzatori e due responsabili della Federcalcio francese.

Questa catastrofe ha segnato la Corsica nel profondo. Considerando la popolazione dell’isola, diciotto morti e duemilatrecentocinquantasette feriti rappresentano quasi l’1% dei suoi abitanti dell’epoca. Secondo Didier Rey, professore di Storia all’Università di Corsica: “quello che rende eccezionale questa giornata sinistra della primavera del 1992, risiede nell’intreccio delle responsabilità, penali e/o morali, delle autorità politiche, amministrative e sportive, tanto quelle locali che quelle nazionali. Le implicazioni morali non sono minori, benché non abbiano spesso alcuna conseguenza giudiziaria”.

Secondo questo specialista della storia dello sport, le responsabilità non vanno limitate alla Corsica: “se le istituzioni sportive isolane sbagliarono gravemente, in primo luogo, i dirigenti dello SCB che rimangono certamente i principali responsabili del dramma, vale lo stesso, benché a un grado diverso, per la Federcalcio francese, organizzatrice dell’evento. Amministrativamente e politicamente, le leggerezze degli uni e degli altri, della municipalità e della prefettura tra l’altro, permisero che il funesto meccanismo non venisse contrastato”. Conclude implacabile: “è certamente per colpa di questa somma di inadempienze che la tragedia divenne possibile. È per questo che il 5 maggio è da considerarsi una catastrofe nazionale”.

Alcuni l’hanno perfettamente capito, in primo luogo le vittime che si organizzano in collettivo già dal mese di luglio 1992. Come spiega Vanna Giudicelli, la sua ex presidente, che perse  suo marito nella tragedia del Furiani: “ho avuto l’impressione che ci si preoccupasse molto di più dei responsabili che delle vittime. L’associazione dei sindaci della Haute-Corse costituì un comitato di sostegno al sindaco incolpato, poi, ci si occupò del futuro dell’SCB. Questo mi aveva fortemente scioccata e scrissi una lettera aperta a un quotidiano regionale”. Velocemente le famiglie delle vittime contattarono la signora Giudicelli e l’associazione vide la luce dopo un’assemblea a Lucciana con lo scopo di “difendere gli interessi delle vittime”. Le tre priorità del Collettivo delle vittime del 5 maggio 1992, furono così individuate: “la giustizia (che non abbiamo ottenuto e ci hanno spinto a costituirci), un vero e proprio centro di rieducazione in Corsica (che non abbiamo ottenuto, esiste solo un’ala nell’ospedale di Bastia) e un giusto risarcimento (che abbiamo ottenuto)”.

Il Collettivo, però, si mobilitò anche per commemorare il ricordo di tutte le vittime: “una croce venne eretta nel 1994. Poi, grazie a una raccolta fondi, abbiamo potuto erigere una stele costituita da tre colonne. È un luogo della memoria che il Collettivo ha interamente finanziato con una somma pari a 400.000 franchi (60.000 euro)”. Ma Vanina Giudicelli tiene anche a precisare che: “la Federcalcio francese ci aveva inviato 100.000 franchi (15.000 euro) che abbiamo rifiutato. E niente fu mai proposto allo Stato”.

Dopo il 1997, le rivendicazioni subirono una battuta d’arresto e il Collettivo delle vittime decise di dedicarsi solo alle commemorazioni, organizzare messe e adunate davanti alla stele il 5 maggio. Nel 2012, durante la cerimonia commemorativa, un rappresentante dello Stato – il prefetto – si presentò per la prima volta, così come il presidente della Federcalcio francese. Il direttore della Lega Calcio francese si presentò nel 2016. Anche lo Sporting Club di Bastia ha fatto la sua parte, partecipando alle commemorazioni. Tuttavia, “il collettivo delle vittime si rifiuta di avere rapporti con persone responsabili di questo dramma che risultavano ancora a posti di comando. Lo SCB era presente ogni volta ma non ci incontravamo mai” sottolinea la signora Giudicelli. L’arrivo dell’allenatore Frédéric Hantz alla guida della squadra di Bastia nel 2010, cambiò la situazione: “aderì al Collettivo e prima di ogni 5 di maggio, radunava i suoi giocatori affinché si facessero carico anche loro del lavoro di commemorazione e sensibilizzazione. Fu in quel contesto che l’attaccante Toifilou Maoulida lanciò il messaggio a cui fece subito sponda il compagno di squadra Wahbi Khazri: niente partite il 5 maggio. L’avvento in panchina di Ghislain Printant non cambiò fortunatamente le dinamiche e l’attenzione della squadra a questa tematica”.

Se la situazione si è dunque poi appianata con lo Sporting Club di Bastia, i rapporti con le autorità sportive nazionali si sono invece incrinati a partire dal 2011. All’inizio di quella stagione sportiva, il calendario di calcio sancì che la finale della Coppa di Francia si sarebbe giocata proprio il giorno del ventesimo anniversario della tragedia. Il Collettivo delle vittime riprese allora le sue attività per opporsi alla scelta compiuta. Bisogna sottolineare che in precedenza, altre partite si erano già giocate nella Francia continentale in quella data. Josepha Giudicelli subentrò in quel periodo a sua madre a capo dell’associazione: “l’innesco fu la partita del 5 maggio 2012, che creò l’incomprensione di fondo. Per me non è possibile che questa tragedia passi innoservata. È impensabile scegliere di giocare a calcio in questo triste giorno”.

Alla fine, in seguito ad una lettera alla Ministra dello Sport, la situazione ebbe un’evoluzione positiva: “l’intervento di Chantal Jouanno fu risolutivo. La finale venne cancellata dal programma per essere sostituita da una giornata di campionato”. La Lega Calcio decise di approfittare della situazione per mettere una giornata di campionato al posto della finale di Coppa di Francia inizialmente prevista il 5 maggio 2012. In un calendario già sovraccarico, all’interno del quale si moltiplicano le competizioni per motivi finanziari, le istanze del calcio professionistico non ebbero alcuna coscienza della portata di un tale gesto.

Il braccio di ferro iniziato con le istituzioni sportive durerà vari anni. Nell’opinione pubblica prese corpo una corrente che insistette per promuovere questa data. Nel 2012 venne lanciata una petizione che raccolse quasi quarantamila firme in qualche settimana. Sportivi, politici, giornalisti ne parlarono. Inoltre un gran numero di ultras francesi sostennero, ieri come oggi, le rivendicazioni del Collettivo. Sensibilizzati sin dal 1992 a questa tragedia, i gruppi ultras non hanno mai dimenticato e lasciano fiori e omaggi davanti alla stele ogni qual volta si ritrovano di passaggio a Furiani, per sostenere le loro squadre. Gli ultras, in quel momento particolare, decisero di esibire diversi striscioni negli stadi con un messaggio semplice – “Niente partite il 5 maggio” – denunciando l’ipocrisia dei dirigenti sportivi. Sotto questa pressione, la trentaseiesima giornata di campionato venne rimandata a domenica 6 e lunedì 7 maggio. Però il Collettivo delle vittime, non si ritenne soddisfatto di questi adeguamenti temporanei accordati loro dalle istituzioni sportive e politiche. Josepha Giudicelli: “in pratica è come se ci avessero detto, vi diamo questo e tacete! Ma noi abbiamo deciso di continuare la nostra lotta, abbiamo capito che, passo dopo passo, stavamo raggiungendo obiettivi importanti”.

Il Collettivo delle vittime desiderava che questa decisione fosse confermata e prorogata anche agli anni successivi. Però le istituzioni nazionali di calcio fecero melina, malgrado la creazione di un comitato di monitoraggio da parte del presidente della Federcalcio francese. Il 17 gennaio 2013, questo Comitato ratificò la decisione che le squadre corse non avrebbero più giocato il 5 maggio e che nessuna finale di coppa si sarebbe più tenuta in questa data. Questa scelta però riduce la catastrofe di Furiani a un dramma Corso, sminuendo il suo impatto e la sua importanza per il resto della nazione. L’associazione presieduta dalla signora Giudicelli decise quindi di intraprendere la via politica, di fronte alla palese mancanza di rispetto delle istituzioni sportive. Si tennero, con maggiore e minore successo, vari incontri con diversi ministri dello sport fino a quando Thierry Braillard, Segretario di Stato per lo Sport, mostrò il suo favore in merito. Il 22 luglio 2016, il ministero dello Sport, la Federcalcio francese e la Lega Calcio promisero che non si sarebbe più giocato partite di calcio il 5 maggio, se tale data fosse caduta di sabato. Per Josepha Giudicelli questa posizione non era da ritenersi del tutto soddisfacente però, “fummo costretti ad accettare perché si trattava di scegliere fra questo o nulla”.

Il sentimento di ingiustizia permase perché “la nostra rivendicazione era niente partite il 5 maggio, qualsiasi giorno fosse. Il loro accordo prevedeva invece niente partite il 5 maggio se questo giorno fosse caduto di sabato. In altri giorni ci sarebbe stato un minuto di silenzio o l’esposizione di una fascia in segno di lutto sul braccio dei giocatori, mentre quantomeno, nessuna partita di Coppa di Francia si sarebbe mai più giocata in quella data”.

Il Collettivo delle vittime ha da sempre cercato con consapevolezza non solo di ergere a simbolo questa data, ma di capitalizzarne il suo portato storico ed emotivo al fine di sensibilizzare i giovani ai valori dello sport e del calcio in particolare: “Chiediamo che venga realizzata una tavola rotonda affinché diversi club giovanili a livello nazionale si incontrino fra di loro in ricordo del 5 maggio. La Lega Corsa di calcio organizza già tale evento mettendo però di fronte i soli club Corsi. Durante questa giornata non si gioca solo a calcio, ma alla presenza del nostro Comitato che allestisce un proprio stand si focalizza l’attenzione sul rispetto, sul razzismo e su tutti i valori che vogliamo veicolare”, riporta Josepha Giudicelli.

Progressivamente, grazie al lavoro del Collettivo, al sostegno dell’opinione pubblica e alla presa di coscienza delle autorità, il riconoscimento ha assunto finalmente una dimensione nazionale. Dapprima è stata apposta una targa commemorativa all’interno del Segretariato di Stato per lo Sport, il 10 marzo 2016. Nove mesi dopo, la Lega Calcio, svelando il calendario della stagione 2017-2018, ha reso ufficiale che nessuna partita era stata programmata per sabato 5 maggio 2018.

Nel frattempo, il Collettivo delle vittime ha sviluppato ulteriori forme di difesa delle proprie istanze, istituendo per la prima volta una giornata di studio a Bastia, alla vigilia della ricorrenza della tragedia di quell’anno. Esperienza che si ripeterà in seconda edizione l’anno successivo. L’idea, come sottolinea la presidente, consiste nello: “sviluppare azioni rivolte ai giovani, ai professionisti, ai cittadini affinché la data del 5 maggio non venga vista come un momento autoreferenziale, ma di scambio e di trasmissione dei valori che ci uniscono”. Per Laura Giudicelli: “questo permette anche di poter studiare diverse sfaccettature dello sport, di creare legami, di sensibilizzare ancora e ancora altra gente al nostro approccio, per dimostrare la nostra apertura all’esterno, per dimostrare che la parola possa essere liberatrice”.

L’epilogo di questo braccio di ferro durato fin troppo a lungo ha finalmente luogo il 13 febbraio 2020 a Parigi. In quel giorno l’Assemblea Nazionale vota a favore della proposta di legge dal deputato della Haute-Corse Michel Castellani. Il testo di legge mira a fermare tutte le partite di calcio professionistico il 5 maggio, in omaggio alle vittime del dramma di Furiani. Josépha ha assistito a quel momento dai palchi riservati al pubblico: “il voto dell’Assemblea Nazionale è stato un sollievo. Alcuni membri del Collettivo si sono spostati a Parigi per assistere al voto. Siamo rimasti commossi dalla dignità che regnava nell’emiciclo e dalla sincerità nelle prese di parola dei deputati di tutti i gruppi. Questa proposta di legge è riuscita a superare persino le divisioni politiche”.

È questo dunque il frutto di un impegno di ventotto anni del Collettivo per la giustizia e la dignità. Quale bilancio possiamo provare a trarne? Per Josepha Giudicelli: “È un successo tardivo. È aberrante che ci siano voluti così tanti anni perché la tragedia di Furiani, la più grande catastrofe dello sport francese, venisse riconosciuta. Abbiamo dovuto dimostrare nel corso di tutti questi anni la legittimità della nostra azione. È stata una vera e propria battaglia. È importante lottare sempre per richiamare al dovere di rispettare la memoria”.

Secondo Didier Rey: “Questo riconoscimento è un successo relativo, nel senso che si è dovuto passare dal mondo politico per vincere una causa su un terreno sportivo. Quasi trent’anni dopo, il mondo sportivo nazionale e il mondo del calcio restavano ancora impantanate su posizioni arcaiche, rifiutando cioè la portata nazionale della tragedia. Lo Stato ha riconosciuto le sue responsabilità solo in una certa misura, con iniziative volte ad allentare le tensioni, che però arrivando così tanti anni dopo lasciano un po’ l’amaro in bocca. E soprattutto c’è il fatto che, in fondo, il mondo del calcio nazionale si rifiuta ancora ostinatamente di assumersi la sua parte di responsabilità. È questo che, a mio parere, fa sì che questo successo sia un successo solon relativo”.

Il Collettivo delle vittime ha ancora ragion d’essere oggi, al di là della commemorazione del 5 maggio? Per la sua presidente sì: “Siamo chiamati anche ad un ruolo di sensibilizzazione ai valori dello sport e al dovere della memoria, ed è quello che facciamo. Potremo ora concentrarci su questo, sui valori dello sport, sui valori umani. Cercheremo di migliorare ed ampliare le nostre attività, come abbiamo fatto con la giornata di studio, a tal fine è già in cantiere l’idea di creare un premio ‘5 maggio 1992’”.

In questa tragedia l’abnegazione, la dignità e la volontà di una manciata di uomini e donne ha permesso, dopo ventotto anni, di ottenere finalmente una minima forma di giustizia. Il calcio professionistico non ne esce accresciuto ma le vittime possono finalmente essere onorate. Che riposino in pace.

Sébastien Louis
Traduzione Walter Alberisio
Pubblicato su “Le Monde” il 5 maggio 2020