Nell’era delle fiction poco attinenti alla realtà e troppo romanzate, anche il best-seller dell’Estate, “Roma-Napoli, la faida del Sud” scrive altre puntate, arricchendosi di colpi di scena capitolo dopo capitolo. Peccato che di finzione si tratti, questo almeno finché quanto scritto da quotidiani di varia risma non sia dimostrato, oppure le fonti siano rese pubbliche o accreditate e corroborate in qualche forma.

È vero, nella deontologia giornalistica c’è il rispetto della segretezza delle fonti; peccato che, in un paese al 72° posto nella classifica globale della libertà d’informazione, citare presunte fonti può diventare il pretesto per scrivere dei veri romanzi a puntate, con tanto di riunioni in oscuri scantinati, avvertimenti in stile mafioso e teorie del complotto.

Inoltre, nel giornalismo, quello con la “g” maiuscola, la segretezza delle fonti è un diritto per chi offre informazioni ed un dovere per chi scrive, quando richiesta, ma di solito essa è giustificata dal fatto che, dopo la pubblicazione delle rivelazioni, si offrano ai lettori delle verità dimostrabili. Se, per esempio, una fonte segreta mi dice che in via Pincopallino tutte le notti c’è un collaudato giro di spaccio, io posso scrivere il mio bel pezzo, mantenendo la segretezza di chi mi ha fatto la soffiata e senza aver problemi, immediatamente, nel verificarne l’attendibilità. Invece no, ormai – e non solo quando si parla di ultras – si citano sempre “fonti attendibili” per offrire teorie non dimostrabili in una fase successiva.

La perla che vi offriamo è l’articolo della “Gazzetta dello Sport” di oggi, intitolato “Vendetta per Ciro Esposito: terra bruciata degli ultras contro i romanisti”. Questo un ampio spezzone dell’articolo:

C’è un incontro, andato in scena il 27 giugno a Scampia, che illustra benissimo quali devastanti effetti sull’ordine pubblico negli stadi italiani produrrà la morte di Ciro Esposito. A margine dei funerali del ragazzo, cui hanno partecipato i rappresentanti delle tifoserie di mezza Italia, i capi ultrà del Napoli hanno dato udienza ai leader della curva della Lazio, scesi a Scampia per omaggiare Ciro, incassare la gratitudine dei colleghi per il sostegno offerto alla famiglia e provare a trattare, per conto dei romanisti (proprio così), una resa onorevole, senza ulteriore spargimento di sangue. Il rifiuto dei napoletani è stato netto e anzi gli stessi laziali sono stati messi in guardia: da oggi in poi, gli hanno raccomandato, fatevi gli affari vostri. E chi dal 3 maggio scorso monitora il lavoro delle “diplomazie ultrà”, racconta pure di altri inquietanti segnali inviati dai napoletani alle tifoserie in buoni rapporti con la curva romanista, per esempio i palermitani: «L’anno prossimo scegliete bene da che parte stare — gli hanno intimato — altrimenti pure voi finirete nei casini». «Preparano la guerra facendo terra bruciata intorno ai romanisti — racconta una fonte accreditata del Viminale —. Cercheranno in tutti i modi di vendicare il morto e se non faremo qualcosa di eclatante ci riusciranno. Anche perché — conclude —, presto questa guerra potrebbe coinvolgere anche l’estrema destra romana e la sinistra antagonista napoletana (una delle piste che gli inquirenti seguono per l’accoltellamento di Federico Sartucci, ndr)». In questo quadro va letto il piano della Questura di Roma, suggerito proprio dal ministero: chiudere di notte e nei giorni festivi la metà dei commissariati della Capitale e destinare parte del personale all’ordine pubblico in piazze e stadi”.

Fantastica la forma dove si parla di “dare udienza” agli ultras della Lazio, come se certi incontri avvenissero per mezzo di una richiesta in carta bollata o di qualche rigida formalità da seguire.

Ci si potrebbe chiedere, poi, chi mai dovrebbe riferire ai giornalisti dei dialoghi che, qualora effettivamente avvenuti, difficilmente sarebbero mai potuti uscire da una cerchia ristrettissima e fidata di persone, sempre che l’articolo non voglia suggerire che ci sia una talpa tra i Napoletani o che i Laziali abbiano sbandierato a destra e a manca il loro presunto tentativo di mediazione. A meno che non ci sia qualche novello James Bond che, per conto di Gazzetta, con camuffamenti incredibili e appostamenti perfetti, si trovi sempre al posto giusto e al momento giusto per ascoltare e trascrivere quanto accade dinnanzi ai suoi occhi, incurante del rischio e del pericolo.

Oltre ad ambasciatori improbabili e capi politici con la sciarpa al collo, a detta della “Gazzetta”, esisterebbe una “diplomazia ultrà”, concetto veramente in antitesi con ogni principio del nostro movimento (un conto è parlare di “approccio diplomatico” usato in qualche occasione particolare, un conto è parlare di “lavoro delle diplomazie ultrà”, se si scrive per un quotidiano nazionale il lessico non può essere un optional).

Altra ipotesi poco accreditabile, e comunque difficilmente riportabile da fonti del Viminale (a meno che, anche là, non ci sia una talpa che ha infranto il segreto istruttorio, magari a margine di intercettazioni), figuriamoci da fonti giornalistiche, è l’avvertimento dato ai Palermitani, addirittura virgolettato come se le parole fossero riprese esattamente da un dialogo o da qualche testo scritto.

La vera chicca, forse, la troviamo in chiusura: il tentativo di trasbordare una contrapposizione meramente politica nel mondo ultrà: “presto questa guerra potrebbe coinvolgere anche l’estrema destra romana e la sinistra antagonista napoletana”, scrive Gazzetta, creando un miscuglio di rivalità improponibili tra destre e sinistre di due città diverse, per giunta scollegate alla realtà dello stadio (storicamente, gli Ultras del Napoli non hanno mai fatto politica, e di certo non hanno mai manifestato simpatie a sinistra).

Ovviamente, dopo la trama, c’è l’epilogo, ovvero l’ennesimo allarme per la sicurezza, che paventa il rischio di svuotare, in occasione delle partite della Roma (e chissà se non anche della Lazio) la metà dei commissariati della Capitale. Qui la fonte di questo piano per la sicurezza viene resa nota, niente di meno che la Questura di Roma; peccato che in nessun documento ufficiale, o in qualche nota stampa della Questura si riesca a trovare qualcosa di almeno avvicinabile a quanto scritto dalla Gazzetta. Se la sceneggiatura è veramente farina del sacco dell’autore dell’articolo, almeno una candidatura al “David di Donatello” deve scapparci fuori.

 

Stefano Severi.