Parlavo, la prima volta che sono andato a Gorgonzola a vedere la Giana Erminio, di squadre dai nomi altisonanti. Già, il bersagliere morto nella Prima Guerra Mondiale che fra i tanti, è stato probabilmente l’unico che ha avuto l’onore di dare il nome alla squadra del proprio centro natio. E a quanto pare, complice l’ascesa della Giana verso la serie C, tante persone a Gorgonzola e fuori, stanno cercando di informarsi su chi era questo Erminio Giana, e cosa abbia fatto per meritare, rispetto ad altri, l’onore di prestare il proprio nome ad una squadra ormai prossima alla Serie C. Alla fin fine, cosa in più o in meno degli altri caduti, poco conta; ormai il militare ucciso in trincea è un po’ il simbolo del riscatto sulla morte operata dallo schifo delle guerre. La Giana, in questo senso (anche se in pochi se ne rendono conto) può essere elevata a simbolo, ed è per questo che mi piace l’idea che possa vedere la luce nel suo primo campionato tra i professionisti.
C’è anche però la squadra sfidante di oggi, il Derthona, al quale guardo con simpatia per ricordi provenienti direttamente dalla mia infanzia. Essendo fissato col calcio, e ancora di più per le squadre strane nella loro denominazione, mi colpì, e non poco, quel Derthona bianconero appartenente alla città di Tortona, da me mai sentita
nominare prima. Quel nome così fuori dalle regole, e con quel “th” al di sopra di ogni logica grammaticale, attirò la mia attenzione, tanto da far diventare “eletta” fra le mie preferite anche la compagine piemontese. Ma questo accadde tanti anni e tanti album di figurine fa. Sta di fatto che, una volta che una squadra ti entra nel cervello, poi fai fatica a farla uscire. E l’avvento di internet ha permesso il recupero di informazioni su squadre delle quali difficilmente avresti potuto seguire le tracce. Questo vale sia per il presente che per il passato. Senza determinati siti, sarebbe molto difficile, per i più, sapere del passato glorioso del Derthona, con le sue annate in Serie A e in Serie B nell’era antica del calcio.
Parto da casa pieno di buoni propositi, favorito anche dalla giornata splendente, più propensa all’Estate che alla Primavera. Esco con largo anticipo per prendermela comoda, ma diversi impediti per strada sembrano provarle tutte per non farmi arrivare in tempo alla “partitella”. La guida da tranquilla diventa nervosa, finché non esco al casello di Agrate Brianza e capisco che, salvo cataclismi, arriverò tranquillamente puntuale. Il mio viaggio in macchina conferma quanto avevo già visto arrivando la volta precedente in metro, facendomi ulteriormente scoprire
angoli veramente belli di una provincia di Milano che, se non sei di lì, ed in preda ai tuoi luoghi comuni, mai ti immagineresti di vedere. Gorgonzola si trova nel bel mezzo di una zona rurale dove, almeno per ora, la campagna sembra ancora tener testa alla città, alla faccia di Celentano e della sua Via Gluck.
Arrivo a Gorgonzola e ammetto che, senza la camminata della volta precedente, mi sarei perso; invece, riconosciuta la stazione della metro, arrivo al Naviglio della Martesana (momentaneamente prosciugato a causa di alcuni lavori correttivi) e, in men che non si dica, arrivo allo stadio con quasi un’ora di anticipo.
Ritiro senza nessun problema il mio accredito per dirigermi in campo, previo il solito rituale del documento lasciato all’arbitro e della pettorina. Fa molto caldo e un po’ tutti sono allegramente a maniche corte. Il Comunale presenta da subito un colpo d’occhio notevole, e già prima della mezzora già si capisce che si va verso il “Sold Out”. D’altronde si respira aria di storia. Mancano ancora cinque giornate alla fine, ed i punti di vantaggio sul Borgosesia secondo sono ben nove; questo vuol dire che, in caso di vittoria odierna e di sconfitta dei Piemontesi rivali nel derby contro Santhià, oggi potrebbe già essere serie C. Di mezzo, tuttavia, c’è un Derthona sestultimo ed affamato di punti per evitare i play-out, pertanto il pronostico a favore dei padroni di casa ci sta ma non è così scontato.
Gli Highlanders sono al proprio posto sin dal primo minuto del mio ingresso. In tribuna si sta preparando una coreografia coi palloncini, mentre alle entrate viene distribuito un foglio col testo dell’inedito inno della Giana Erminio, lanciato dagli altoparlanti più volte per farlo entrare in testa ai tantissimi tifosi convenuti. Nel frattempo posso aspettare con fiducia anche l’arrivo dei tifosi ospiti mentre, a causa del tanto afflusso nel settore di casa, qualcuno viene fatto accomodare proprio dove dovrebbero stare gli ultras del Derthona. Curioso un “Asti c’è” scritto in blu ed appeso nella vetrata-divisorio fra la tribuna di casa ed il lato ospiti; una evidente provocazione, data la rivalità dei bianconeri con gli Astigiani.
Quando mancano ormai pochi minuti all’inizio della partita, gli spalti sono veramente gremiti e la coreografia è già pronta, arrivano gli ultras ospiti; sono circa una ventina e si compattano subito dietro alle varie pezze “Old Clan”, “La terza età”, “Ultras” e “Vecchie Maniere”. Spicca anche un vessillo “No Tav”. A livello visivo, due sono gli elementi che, almeno ai miei occhi, spiccano: il primo è l’idea di compattezza del gruppo e il secondo è l’età media abbastanza alta fra i presenti. Non proprio una “terza età”, ma una seconda sicuramente. I Tortonesi non attuano nessuna coreografia al di fuori dei loro primi cori.
Diverso il discorso sulla sponda opposta o, per meglio dire, laterale: i palloncini si alzano in tutta la tribuna; nel bel mezzo spicca lo striscione “Continuiamo a sognare”. Ed effettivamente, di un mezzo sogno si tratta, visto che la Giana non ha avuto a disposizione di certo il budget elevato delle favorite della vigilia come il Rapallo Bogliasco o la Caronnese. Tra l’altro, a riempire il Comunale, vi sono numerosi tifosi provenienti da angoli impensabili della provincia di Milano o della Brianza. Mi viene da pensare che, anche se è, appunto, un sogno, fra tessere del tifoso e norme restrittive, questo sano ambiente di provincia potrebbe presto rovinarsi per trasformarsi in un incubo. Ma, proprio per questo, meglio vivere il presente con le sue emozioni probabilmente irripetibili a Gorgonzola.
Prima della gara viene osservato un minuto di silenzio per Ivano Vergani, ex dirigente e tifoso acceso della Giana, da quanto ho capito molto conosciuto e benvoluto da tutta la sua comunità. Gli Highlanders lo ricordano con uno striscione (“Ivano sempre nei nostri cuori”), la squadra con un mazzo di fiori. Terminato il minuto di raccoglimento, i palloncini vengono definitivamente lanciati in aria o scoppiati dai bambini più intransigenti.
La partita comincia, così come le schermaglie fra le due tifoserie. A dire il vero, gli ultras del Derthona ci provano ad essere indifferenti alle provocazioni degli Highlanders della Giana ma, dopo l’ennesimo coro a favore di Asti, gli ospiti rispondono a modo loro, cantando solamente contro Asti anziché contro gli avversari di giornata. Del resto, la differenza di età media fra i due gruppi è notevole, anzi, diciamo diametralmente opposta. Diverso è anche il modo di tifare. Gli Highlanders sono un gruppo basato molto sull’entusiasmo per i risultati della squadra, il repertorio corale non è vasto e, nonostante diversi bei battimani, manca quell’idea di compattezza e di coesione che, invece, da parte opposta si nota eccome. A dispetto di ciò, la partita del tifo non decolla.
Dopo delle buone premesse da ambo le parti, le tifoserie sono piuttosto discontinue, cercando solo sporadicamente il sostegno attivo per la squadra. Anche la partita in campo tiene il trend degli spalti dove, al gran numero di convenuti, non corrisponde un proporzionale sostegno degno dell’evento. Tornando alla partita, forse, fa qualcosa in più la Giana, come da copione, ma il divario di classifica non si nota assolutamente e le squadre se la giocano perfettamente alla pari. Il caldo si fa sentire e chi può ricorre spesso e volentieri a delle refrigeranti borracce d’acqua. Il primo tempo termina con un nulla di fatto.
Nella ripresa ci si potrebbe aspettare il definitivo decollo della partita, ma ciò non avviene. Permane un certo equilibrio e latitano le occasioni veramente pericolose. Sugli spalti, a dispetto della temperatura, il clima non si surriscalda; magari si aspetta per esultare e scaricare la tensione, ma più passano i minuti e più la prospettiva si fa lontana. Nella seconda parte del tempo di gioco gli ospiti si fanno sentire un po’ di più, soprattutto in seguito all’espulsione, alquanto netta, di un giocatore di casa. L’imbattibilità interna della Giana, che dura da ormai tre anni, potrebbe vacillare, ma nessuna delle due sfidanti prende il sopravvento, e pare persino che il pareggio vada bene ad entrambe. Emblema della partita è il commento dell’allenatore del Derthona quando l’arbitro, ai quattro minuti di recupero, ne aggiunge uno supplementare: “ma come, non ne bastano già quattro?” (questo detto dal mister della squadra in superiorità numerica e che non stava assolutamente soffrendo in campo).
Alla fine pari e patta e, tutto sommato, sono tutti alquanto appagati: il Derthona scivola al quintultimo posto ma ottiene un punto forse insperato e rimane agganciato al treno salvezza diretta; la Giana, nonostante la vittoria del Borgosesia a Santhià per 2-1, rimane a +7 e, a quattro giornate dalla fine, va più che bene.
Per il sottoscritto è finito appena il primo tempo. Ora si corre verso il secondo appuntamento di giornata, per andare a vedere, alle 18, il basket femminile. La distanza è breve ma è bene sbrigarsi. Mai dare limiti alla propria sfiga.
Testo e foto di Stefano Severi.