Ho scoperto la Sicilia sul tardi. La mia prima volta sull’isola è stata nel 2014 ed è stato come un colpo di fulmine. La bellezza dei suoi paesaggi, l’accoglienza della sua gente, la gastronomia locale e ovviamente le sue tifoserie. Da questa esperienza ed altri viaggi ho avuto il modo di vedere le tre grandi realtà di questo territorio che sono Palermo, Catania e Messina ma avevo il desiderio di scoprire le tante tifoserie cosiddette minori per capire meglio la diversità del movimento insulare. Proprio per questo mi son deciso a puntare su Giarre-Cavese. Ovviamente la reputazione degli ospiti era la motivazione in più per spingermi verso questa destinazione. Anche se la partita è stata fissata alle 14.30 di mercoledì, orario perfetto solo per scoraggiare gli ultimi irriducibili (o masochisti, fate voi) che ancora hanno voglia di andare allo stadio. E pensare che c’è gente pagata dalla Lega per organizzare i calendari: in qualsiasi altro campo, un lavoro così evidentemente illogico ed infruttuoso porterebbe a licenziamenti in tronco. Invece niente, anche l’assurdo sembra ormai normalizzato visto il numero di partite infrasettimanali pomeridiane sia in Serie C che in Serie D.
Ma il peggio non sono le autorità calcistiche quanto quelle di ordine pubblico che spesso le precedono per ordine gerarchico. Alla vigilia del incontro infatti, il Prefetto decide di vietare la trasferta per motivi di sicurezza quando un centinaio di Cavesi si erano già organizzati – noleggiando pulmini – per andare a Giarre. Chi rimborsa queste persone che avevano anche già preso un giorno di ferie per seguire la loro squadra del cuore? Come mi diceva un noto avvocato napoletano: «il cliente ha sempre ragione, i tifosi invece son gli unici clienti che non hanno mai ragione». Comunque sia, decido di recarmi ugualmente a Giarre, sapendo a priori che la partita sugli spalti sarà meno entusiasmante.
La ferrovia da Messina a Giarre è spettacolare. Serve un’ora e mezzo col treno regionale e vale la pena fare quel tratto per gustarsi il panorama stupendo! La linea fino a Giardini Naxos corre lungo la costa e si vede sia il Mare Ionio che la Calabria per un bel po’. Un paesaggio bellissimo che vale molto di più del prezzo del biglietto.
Il tempo è stupendo, sole e cielo blu in questo 16 di febbraio in cui l’Italia comincia ad uscire poco a poco delle misure drastiche imposte dal governo per contrastare il Covid. Arrivo alla stazione di Giarre-Riposto e ho tempo per mangiare due arancini prima di recarmi allo stadio. Lì capisco subito che la mia scelta è stata premiata (e non solo per gli arancini). Se passate da questa parti, per favore, fate un giro allo Stadio Regionale anche se non c’è nessuna partita. È stupendo. Per un innamorato degli impianti calcistici quale sono, posso dire che è tra i più belli visti in Italia.
Ovviamente bisogna amare un certo tipo di stadi. Personalmente non sopporto i centri commerciali o le arene costruite negli ultimi anni. Lo Juventus Stadium o gli stadi Ikea che ho visto un po’ ovunque, soprattutto nel Nord-Ovest del continente, tutti uno uguale all’altro mi fanno venire la nausea. Non hanno né storia né anima, sono destinati ai consumatori dell’industria del calcio, con veri e propri negozi dentro ed attorno. E poi sono edificati nelle periferie remote della città, nelle zone industriali o commerciali, come il celebre brand svedese e i suoi mobili hanno insegnato: omologazione totale, costo ambientale alto (visto che fra qualche decennio saranno in condizioni pietose anch’essi) e legami con il territorio ridotti al minimo.
Qua invece troviamo uno stadio in mezzo alle case, in condizioni pietose certo, ma che da fuori emana un fascino pazzesco. Sembra di essere in Inghilterra, sia per la configurazione delle tribune che per la vicinanze di queste con le case. È l’ultima cosa che mi aspettavo di trovare in Sicilia. Poi bisogna aggiungere il tocco d’arte dato dai murales. Dietro la gradinata che ospita gli ultras locali ce ne sono tre bellissimi di diversi gruppi, dalla Vecchia Guardia a quello del Nucleo Storico, tutt’ora ancora attivi. Si può vedere il CAP della città (95014) ed una scritta più generica che era stampata su uno dei primi striscioni in curva, I ragazzi dell’Olimpia. Si notano due personaggi accanto ad essa, Isidoro e Salvo, due tra i fondatori dei Forever Ultras, il primo gruppo ultras, venuti a mancare qualche tempo fa.
Ma il più affascinante è quello che potrebbe sembrare il meno ultras, quello dedicato all’iconico cantautore Franco Battiato. Devo confessare di essere un appassionato dell’artista scomparso l’anno scorso. Il maestro ha alzato bandiera bianca all’età di 76 anni e il suo volto impresso sui muri dello stadio della sua città natale è un omaggio naïf ma significativo. Nato il 23 maggio 1945 a Ionia (nome dei comuni uniti di Giarre e Riposto sotto il regime fascista dal 1939 al 1945, che si erano separati nel 1841) è considerato a tutti gli effetti un figlio di queste due città gemelle. “Shock in my town” è la scritta che accompagna il ritratto dell’artista. Un riferimento ad una canzone molto particolare, in cui il pensiero filosofico si unisce alla sperimentazione musicale e narra una città come un mondo in decadenza, che dimentica le proprie origini. Metafora del nostro movimento o del mondo calcistico?
Fuori dallo stadio ci sono pochi tifosi, tranne gli immancabili ultras. Ma senza questi facinorosi, brutti, sporchi e cattivi tifosi, chi andrebbe allo stadio nelle serie minori? Pochissimi spettatori, come poi avrò modo di vedere anche dentro. Devo aggiungere qualcosa, che tra gli ultras del Giarre, con cui scambio quattro chiacchiere fuori, capisco che uno di loro vive a Malta per motivo di lavoro. E questo pazzo (mi permetto questo termine) è abbonato. Questo da solo basta a rendere l’idea della passione che spinge un ultras a fare sacrifici per seguire i suoi colori.
Il botteghino è aperto e alcuni tifosi fanno il biglietto alla vecchia maniera. Che bellezza, altro che biglietti virtuali, codici a barre, tagliandi acquistabili solo in prevendita e solo nei canali di ticketing online. Il fascino del biglietto che si stacca è una “madeleine di Proust”.
Appena entro nello stadio, mi sembra ancora più bello! Che dire? Una curva grande in condizioni ottime e a ridosso dal campo, una tribuna invece in condizioni pietose che non capisco come possa ospitare spettatori visto lo stato della tettoia, o piuttosto quelle poche parti di essa che ne rimangono, oltre ad una piccola gradinata abbastanza vecchia come settore ospite. La cilegina sulla torta è ovviamente la vista sull’Etna. La capienza è di 6.500 posti, per una città di 27.000 abitanti, più che sufficiente. Chi capita da queste parti deve assolutamente fare un giro allo Stadio Regionale o, se chiuso, chiedere a qualcuno degli inservienti in loco, se ci sono, o saltate un muro per entrare: ne vale la pena e lo sforzo.
Metto piede sul manto verde mentre le squadre si riscaldano e lo speaker ha l’idea geniale di mettere la famosissima canzone degli Opus “Life is life”. Mi torna in mente il famoso riscaldamento di Maradona a Monaco di Baviera nel 1989 con la maglia del Napoli. In Curva c’è uno striscione unico, Giarre Ultras, che raccoglie le diverse anime del tifo gialloblu ancora attive (le sigle si vedono sulle pezze e vanno dal Nucleo Storico alla Vecchia Guardia, dai Casuals al Gruppo Incognito).
Nella città siciliana, i primi segni di tifo si intravidero nella stagione 1983/84 con un sostegno pittoresco e molto spontaneo. Bisogna aspettare il 1986 con la promozione in C2 del Giarre per vedere il primo gruppo ultras emergere in Curva Olimpia, i già citati Forever Ultras. Come in tante piccole realtà di provincia, gli anni ’80 sono un fermento a livello ultras: prendendo spunto da altre realtà metropolitane (come si capisce dal nome, in questo caso…) tutti vogliono avere un gruppo. Sono anni in cui nascono non solo gli ultras a Giarre, ma anche le rivalità più accese contro altre tifoserie siciliane (Acireale e Siracusa su tutte) e che fanno crescere ulteriormente il panorama del tifo a Giarre.
Nella stagione 1988/89 il Giarre è promosso in serie C1 dove ci sono trasferte più impegnative, come a Perugia, Terni o Genova in Coppa Italia. Lo striscione dei Forever Ultras lascia spazio a quello dei Ragazzi dell’Olimpia e poi a Gioventù Avanguardista. Nel 1992 sorgono i Kaotici, la seconda generazione ultras a Giarre, che si affiancano agli altri ragazzi presenti in Curva. L’anno dopo è il Nucleo Storico che si aggiunge. Col fallimento del 1994 spariscono quasi tutti i gruppi tranne i Kaotici ed il Nucleo Storico. Il Giarre gioca per un decennio in Eccellenza e durante quelli anni emerge un altro gruppo, la Generazione Ultras, costituita nel 2001 da ragazzi poco più che maggiorenni. Rimangono al timone della curva con i Kaotici finché la società fallisce nel 2008. Poi la stagione 2009/10 vede il Giarre ripartire dalla Promozione e lì nasce il progetto Giarre Ultras. Ovviamente siamo in Italia, paese che detiene il record di fallimenti, il Giarre Calcio ne conta quattro nella sua storia (1994, 2008, 2009 e 2011). Nel 2011/12 un solo gruppo segue la nuova società, gli Skattiati e bisogna aspettare la stagione 2015/16 per vedere il collettivo Giarre Ultras riemergere e prendere in mano le redini della gradinata.
Allo stadio oggi ci sono sì e no 250 tifosi, frutto della balzana scelta di giocare in infrasettimanale pomeridiano e del fatto che la squadra è al momento penultima in classifica. La maggiore parte di questi si colloca in Gradinata Sud, dove sono state invitate anche le squadre giovanili del Giarre per raggiungere un numero di spettatori semi-decente. Gli altri son in gran parte pensionati, “Sempre gli stessi” com’è scritto in gradinata stessa. Curiosità, ci sono pochissime donne allo stadio. Quando guardo l’età media degli spettatori negli stadi italiani delle categorie minori, mi fa paura pensare al futuro del calcio. Il calo di spettatori è notevole, dei cinque grandi campionati in Europa, l’unico ad aver perso spettatori negli ultimi vent’anni è stato proprio quello italiano con un calo del 25% in Serie A. Le evoluzioni mediatiche sono state le stesse per tutti ma evidentemente solo in un paese non ci si è saputi reinventare o non s’è saputo (o non s’è voluto?) andare incontro alle esigenze degli spettatori allo stadio. Il settore ospiti, la Gradinata Etnea, è quasi vuoto, tranne qualche accompagnatore della squadra campana.
Quando le squadre stanno per mettere piede sul rettangolo di gioco, un fuoco d’artificio viene acceso accanto alla Gradinata Sud. Un’animazione che si sente ma che non si vede, anche perché innescata alla luce del giorno. Poi gli ultras locali tirano fuori bandiere gialloblu che vengono sventolate per tutta la partita. Si nota in maniera evidente una rete che divide la gradinata di casa e fa sembrare gli ultras del Giarre come in una specie di settore ospite. La gradinata è dipinta con i colori sociali e l’impatto visivo è più che positivo, come per il simbolo del Giarre Calcio che si può intravedere sugli spalti. Gli ultras gialloblu sono una trentina. Bisogna dire che la squadra non li aiuta, invischiata com’è nella lotta per non retrocedere. La cosa singolare è che si sono più donne in questo settore che nella parte adiacente dove ci sono molti più spettatori. Prima che la partita cominci, i giocatori del Giarre vanno a salutare gli ultras. Bel gesto che fa capire il legame tra la parte più chiassosa della tifoseria e gli atleti che indossano la divisa gialloblu.
Il tifo parte bene aiutato da due tamburi. La gara è importante per le due squadre, una come detto in piena lotta per la permanenza in Serie D, mentre la Cavese mira alla promozione in Serie C ma al momento è al secondo posto, distanziata dal Gelbison autore di un grande campionato.
Per i 90 minuti la Gradinata Sud sostiene con generosità i suoi colori. Non sarà un tifo spettacolare, visti i numeri in gioco, ma la passione si sente. Poi in campo, i giocatori campani sono poco incisivi, mentre i padroni di casa capiscono bene l’importanza della gara e la interpretano con più grinta, cosa che aiuta gli ultras nel cantare.
Il Giarre segna all’ultimo minuto del primo tempo, per la gioia della sua tifoseria. Momento psicologico chiave in cui la mancanza della tifoseria ospite non aiuta gli aquilotti ospiti a trovare le risorse necessaria per rialzarsi. Nel secondo tempo la Cavese fa fatica ed è poco incisiva, così i locali ne approfittano per chiudere con questo 1 a 0. Quando l’arbitro fischia la fine della gara esplode la gradinata. Poi lo staff e gli atleti vanno a ringraziare i fedelissimi che non hanno mai mollato con i cori nell’arco dei novanta minuti. Sul campo entrano alcune bambine con le bandiere della Curva. Un’immagine molto bella di un calcio che in tal senso si potrebbe davvero definire popolare.
Pochissimi tutori dell’ordine. Un’atmosfera tranquilla e serena rispetto alla militarizzazione degli impianti in serie A, B e C. Prima di lasciare Giarre, approfitto per andare in piazza del Duomo per fare una passeggiata. Il cuore del centro storico vale un giro, tra la villa Garibaldi e la chiesa di Sant’Isidoro. E su questa piazza si può vedere una targa ai caduti di Superga, dedicata dagli sportivi di Giarre al Grande Torino nel 1949. Anche nella lontana Sicilia questa tragedia toccò gli animi della gente del posto. Ma erano altri tempi, quando il calcio era seguito da gran parte della popolazione ed era – per riutilizzare un termine già usato poc’anzi e fuori da ogni retorica – realmente popolare nel senso più genuino del termine. La partita di oggi invece non mi lascia grandi speranze, con il suo pubblico ristretto. Sarebbe bello che le autorità calcistiche e politiche si accorgano di aver distrutto il giocattolo. Ma credo che preferiscano affondare la barca e prendersi gli ultimi soldi e beni al suo interno piuttosto che fare un serio e profondo esame di coscienza.
Sébastien Louis