Il vento che dall’Adriatico sferza sulla costa, spazzando via le nuvole ma non riuscendo a migliorare l’aria di pioggia che sin dalle prime ore del pomeriggio attanaglia Giulianova, sembra quasi voler celebrare la sfida tra due squadre della stessa riviera. Due tifoserie abituate a bagnarsi nell’acqua che di fronte si insinua nelle coste balcaniche e nella storia ha rappresentato un crocevia fondamentale per i commerci e gli scambi culturali con l’Oriente. Giulianova-Barletta sarebbe sfida da ben altre categorie, ma forse – visto come vanno le cose – è bella e dal sapore retrò proprio perché si svolge in Coppa Italia d’Eccellenza, una delle poche kermesse che ancora riesce a mantenere una dignità e un fascino nei confronti tra club e, soprattutto, tra tifoserie, che sovente si ritrovano per la prima volta l’una contro l’altra. L’1-1 maturato al Puttilli ha lasciato apertissimo il discorso qualificazione e, malgrado le sue carenze strutturali, il vecchio e mitico stadio Fadini si veste a festa per questa sfida di ritorno, pronto a ospitare un numero importante di tifosi, di cui 375 provenienti da Barletta. Numeri ufficiali alla mano. Per le cifre ufficiose ci affidiamo alla conta a vista (sic!).
Dopo diversi anni sono tornato a osservare dal vivo le gesta dei supporter barlettani qualche settimana fa, in quel di Sciacca. Altra sfida inedita e altra presenza importante da parte loro. Un pubblico che negli ultimi anni ha dimostrato il suo attaccamento e anche la sua corposità, malgrado la retrocessione dello scorso anno e malgrado le difficoltà incontrate. Si potrà dire che il bacino d’utenza è importante e che il blasone della squadra è comunque tra i primi in ambito regionale, ma è altrettanto vero che poi occorre dimostrare con i fatti la propria portata. Senza dubbio in seno alla curva biancorossa c’è stato un importante cambio generazionale, con i vecchi che però hanno saputo rimanere al loro posto e convogliare al meglio i più giovani, vera e propria chiave di volta per dar linfa al proprio settore. Di gente “con esperienza” se ne vede molta tra le fila barlettane, ma al contempo si percepisce anche l’importanza data all’ingresso e alla crescita delle nuove leve. Elemento che basta per dare verve e vitalità a tutta la tifoseria. Discorso simile sarebbe da fare per i giuliesi, dove, tra l’alto numero di diffide all’attivo e gli ultimi anni di lavoro curvaiolo, i giovani sembrano davvero avere un ruolo fondamentale nei direttivi e nelle scelte della tifoseria. Come mi era già capitato di constatare in quel di Venafro, infatti, nei ruoli più delicati – come il lanciacori – ci sono soprattutto i giovani e questo in un Paese troppo spesso âgée fa senza dubbio notizia. Bello, dunque, notare, già un’ora e mezza prima del fischio d’inizio, un gran viavai attorno al Fadini tra chi è intento a portar dentro il materiale e chi si appresta a ultimare gli ultimi dettagli per la coreografia.
Già, il Fadini. Il protagonista assoluto di questa serata, l’irriverente risposta a tutte quelle istituzioni che sognano un calcio a porte chiuse. Senza curve e senza trasferte. E che presso l’impianto giuliese devono, invece, fare i conti innanzitutto con una “ignorantissima” tribuna coperta, dove anche il vecchietto più mansueto si trasforma in un feroce hooligan anni settanta, investendo avversari, arbitri, fotografi e steward con ogni insulto e improperio immaginabile. Per novanta minuti sembra di tornare indietro di molti anni, anche e soprattutto grazie alla conformazione di questo piccolo catino. Perché è vero che l’abito non fa il monaco, ma sicuramente le condizioni dell’abbazia determinano la tempra dei suoi occupanti. Riversate lo stesso materiale umano in qualsiasi impianto iper moderno e stilisticamente perfetto, il risultato sarà probabilmente lontano anni luce. Quando metto piede sul manto verde, di tanto in tanto qualche goccia viene giù, ma per fortuna il vento provvederà a spazzare le nuvole per tutta la serata e alla fine, salvo una decina di minuti, le previsioni che annunciavano acquazzoni verranno ampiamente smentite.
A dieci minuti dal fischio d’inizio, nel settore dedicato agli ospiti non c’è ancora traccia dei gruppi, che entreranno lentamente e con non poche difficoltà a partita già iniziata. Così a prendersi la scena, almeno inizialmente, è una Curva Ovest in pieno stile anni ’90, che accoglie l’ingresso delle squadre in campo con un telone centrale raffigurante il gonfalone cittadino e la progressiva accensione dapprima di tantissimi flash e poi, una volta calato lo stesso, con l’accensione di bellissime torce gialle e rosse che sembrano davvero rimandare alle foto delle prime partite di C disputate in notturna. Insomma, un’accoglienza che conferma la natura della tifoseria giuliese: marinara fino al midollo. Semplice ma efficace nel colorare il proprio spazio e fare bella figura in una serata dove, ovviamente, lo stadio si è riempito oltremodo. Da segnalare la presenza dei gemellati di Sant’Egidio alla Vibrata, con gli striscioni Prima Linea e Vikings, a suggellare un rapporto davvero solido, che già nella gara d’andata aveva visto i santegidiesi al fianco dei giuliesi.
I barlettani stanno entrando alla spicciolata, incastrandosi nel vero senso della parola tra il pubblico già presente e faticando, non poco, a posizionare tutte le pezze dei gruppi per poi salire sulla recinzione e cominciare a coordinare il tifo. Lo scenario a cui si assiste ora non solo è completo, ma è davvero da vecchio calcio italiano, con un settore ospiti “gonfio”, in cui non può cadere neanche uno spillo e la pirotecnica che fa la sua apparizione da una parte e dall’altra. Non me ne voglia nessuno, soprattutto le due squadre che danno vita all’altra semifinale, se dico che il vero atto conclusivo di questa competizione è oggi. Sia per i valori in campo che – soprattutto – per lo spettacolo degli spalti. Francamente non ci sarebbe neanche da analizzare il tifo perché, intendete bene ciò che sto per scrivere, non è l’aspetto più importante su cui soffermarsi stasera. Certo, è bello vedere le tifoserie cantare, ma ancor più bello è osservare la gente pressata, i colori, la tribuna che inveisce e – udite, udite – le due squadre che se le danno di santa ragione, soprattutto nel primo tempo. Calci, spintoni, scorrettezze e doppio vantaggio del Giulianova dopo soli 20′. Accorciano i pugliesi su rigore poco prima dell’intervallo, mentre rientrando negli spogliatoi maxi parapiglia tra giocatori, dirigenti e steward. Intervengono addirittura i carabinieri e ci vuole qualche minuto per riportare la calma tra tutti i contendenti. Dispiace per quelli del terzo tempo e della sportività, ma questi sono passaggi a dir poco poetici!
Alla ripresa delle ostilità i ritmi sembrano leggermente più blandi, mentre le due curve continuano a macinare tifo. La Ovest si mette in mostra con una performance gagliarda, concentrata assiduamente nella parte centrale del settore e a più riprese partecipata anche dal resto della curva, nonché dall’indemoniata tribuna coperta. Tanti cori tenuti a lungo e una bella sciarpata. Buona anche la prova dei barlettani, che tirano fuori tutto il loro classico repertorio, trasformando il settore in un tappeto di sciarpe biancorosse sul finire della ripresa, proprio poco dopo il pareggio siglato ancora da Strambelli e ancora su calcio di rigore. In virtù del pari dell’andata, si va così alla lotteria dei rigori, con il pubblico giallorosso che recrimina per il doppio vantaggio dilapidato e una gara, probabilmente, disputata a ritmi troppo frenetici dal Giulianova nei primi minuti, finendo per affaticare i giocatori e non reggere la seconda parte, dove gli avversari sono venuti fuori dimostrando una grande solidità. Disamine sportive a parte, la bellezza (almeno per chi guarda da esterno) di questa partita sarà anche il suo ricordarci la crudeltà e la spietatezza di questo sport, motivo per il quale milioni di masochisti hanno cominciato a seguirlo e amarlo. Gli abruzzesi, infatti, si ritrovano con due rigori sbagliati dagli avversari e due matchball per conquistare l’accesso in finale. Il tutto sembra volgere in loro favore. Incredibilmente, invece, i calciatori giallorossi riusciranno a sbagliare ben tre penalty di fila, a differenza del Barletta che da quel momento non sbaglia più un rigore e conquista insperatamente la finale, facendo esplodere il proprio settore, ormai quasi rassegnato alla sconfitta. C’è tutto in questo epilogo: la follia primordiale della sfera di cuoio, le emozioni contrastanti pure dei suoi seguaci e i calciatori che per qualche minuto ritornano bambini: in lacrime o arrampicati sulla recinzione per abbracciare gli ultras.
Prima di riporre l’attrezzatura e riprendere la strada per la Capitale, mi soffermo a immortalare gli ultimi momenti e le ultime sensazioni contrastanti del Fadini. Uno spettacolo degno della nostra tradizione calcistica e curvaiola è andato in scena e dovrebbe fungere da spot per ciò che gli stadi italiani potrebbero essere ogni domenica, a differenza dei tanti templi svuotati da mercanti o da beceri repressori dell’ultim’ora. Le luci sono ancora accese quando varco il cancello di uscita, mentre i barlettani stanno salendo sui pullman per reimmettersi sull’A14 e costeggiare la distesa azzurra fino a casa. Destino diverso per me, che dovrò compiere la sempre fascinosa traversata dell’Appennino. Quando a notte fonda arrivo a Roma ho ancora nelle orecchie i canti, le esultanze e le grida della partita, elementi che restano sempre il miglior viatico per conciliare il sonno e imprimere soave il sapore di serate speciali come queste!
Testo Simone Meloni
Foto Imma Borrelli, Simone Meloni e Sergio Porcelli