Il Bari è ormai matematicamente retrocesso da un paio di settimane e c’è aria di smobilitazione, tanto a livello di squadra quanto a livello di tifoseria.
Si gioca a Genova il sabato prima di Pasqua, una partita inutile anche per loro che soltanto tre giorni prima sono usciti dalla Coppa Uefa, sconfitti in semifinale dall’Ajax (che poche settimane dopo conquisterà la Coppa, battendo in finale il Toro di Mondonico).
Diciamocelo, è una trasferta inutile e poi, per andare da Bari a Genova, il viaggio in treno non ti passa mai.
E per cosa?
Per seguire una squadra che ormai è retrocessa in B e va in campo solo per fare presenza?
Ne vale davvero la pena?
Per noi, sì.
E così decidiamo di partire.

Anche perché (ci giustifichiamo, più con noi stessi che con gli altri), sentiamo il dovere di onorare la nostra tifoseria, facendo almeno atto di presenza.
Ma soprattutto, ci teniamo a portare in giro per l’Italia, fino alla fine, il nome del nostro gruppo e della nostra città, indipendentemente dai risultati ed alla faccia di una società che ha buttato via la serie A proprio nell’anno in cui ci era stata promessa la qualificazione alla Coppa Uefa, tradendo la fiducia degli oltre 20.000 baresi che si erano abbonati ad inizio stagione.
Giocando il giorno prima di Pasqua ci si organizza come meglio si può, il viaggio è lungo e le ore di treno che ci aspettano sono un’infinità e così, al momento di fare l’appello siamo la bellezza di ben sei (!) pronti a sobbarcarci questa lunga trasferta.
Si parte scaglionati, anche perché alcuni di noi pensano bene di unire l’utile al dilettevole, sfruttando il lungo viaggio ed i due giorni di festa che seguiranno, per andare a trovare parenti ed amici che vivono al Nord.
E così, la formazione che gli ALCOOL BARI schierano in campo è la seguente:
Io e Massi, che partiamo il giovedì sera alla volta di Pisa, dove ci uniremo ai nostri amici Antonio e Aurora (una coppia di amici “aggregati” al nostro gruppo) con cui proseguiremo poi fino a Torino e da lì a Genova, salvo poi fare ritorno a Bari a fine partita, sperando di arrivare giusto in tempo per il pranzo di Pasqua.
Poi cè Massimo “il rubacuori” (scopriremo più avanti il perché di questo meritatissimo soprannome), che parte anche lui il Giovedì sera, con destinazione iniziale Torino, dove ha nonni e zii dai quali, a fine partita, tornerà per trascorrere il giorno di Pasqua.
E con lui siamo in cinque a darci appuntamento per il sabato mattina del match, all’ingresso della stazione di Torino Porta Nuova, da dove partiremo alla volta della città della Lanterna.
Altri due di noi, Adriano (con fidanzata emiliana al seguito) ed “il Turco”, accompagnato da un suo amico (o forse è suo cugino?), arriveranno direttamente a Genova, partendo da Bari la sera prima della partita.
Dopo il novantesimo, anche con loro le strade si divideranno, tra chi proseguirà alla volta di Busto Arsizio per trascorrere la Pasqua con i parenti e chi, più fortunato di tutti, farà tappa a Sassuolo, a casa della fidanzata, per trascorrere un weekend romantico.
In ogni caso, l’appuntamento per tutti è fissato per il sabato mattina, giorno della partita, fuori dalla stazione di Genova Brignole.
I nostri viaggi di andata scorrono senza problemi. Anche perché, per una volta, abbiamo tutti il biglietto del treno fino a destinazione (o quasi!).
Il problema, come sempre, sarà il viaggio di ritorno.
E se trasferta dev’essere, allora le cose vanno fatte per bene.
Così decidiamo di portarci dietro il nostro mitico striscione ALCOOL, quello lungo dieci metri e pesantissimo. Anche se siamo consapevoli dei rischi a cui andiamo incontro, affrontando in pochi e da soli una trasferta tradizionalmente ostica ed una tifoseria ultras che, se sbagli a muoverti in casa loro, non ti perdona niente.
Arriviamo quindi alla stazione di Genova Brignole divisi in due scaglioni, uno proveniente da Bari e l’altro in arrivo da Torino. Una volta riuniti, ci incamminiamo unendoci al fiume di gente che da lì si dirige verso il campo del Genoa.
Con noi abbiamo il voluminoso zaino con dentro lo striscione, che potrebbe dare nell’occhio soprattutto perché siamo tra i pochi a girare senza una sciarpa rossoblu al collo.
Ma quando ci accorgiamo di essere circondati da tanti altri ragazzi e ragazze con gli zainetti in spalla, ci rilassiamo e ce la prendiamo comoda.
Arrivati sotto il Ferraris, cerchiamo di capire da che parte andare, soprattutto per evitare di passare sotto la loro Gradinata (in quel caso, sì che daremmo molto nell’occhio!).
Una volta giunti sotto la Sud ci mettiamo in coda al botteghino, per comprare i biglietti per il settore ospiti.
Tutto si svolge senza problemi e, individuato l’ingresso, passiamo per la perquisizione dove avvengono due episodi che meritano di essere raccontati.
Il primo riguarda i fumogeni che abbiamo con noi e che i poliziotti all’entrata (giustamente), vogliono a tutti i costi requisirci. Solo che non hanno tenuto conto della nostra abilità nel contrattare, delle nostre argomentazioni e, soprattutto, della nostra faccia di culo, le armi in più che ci torneranno utili anche in altre occasioni, nel corso di questa lunghissima trasferta. E così, facciamo notare agli agenti addetti alla perquisizione che i nostri fumogeni sono “a norma”, così com’è stampigliato sulla parte esterna dell’involucro, con tanto di dicitura “Autorizzaz. Minister. N.1234…”. I celerini non sembrano del tutto convinti ma non hanno argomenti per controbattere e perciò ce li lasciano passare, intimandoci però di non lanciarli sul terreno di gioco, pena l’arresto in blocco dell’intero gruppo e, cosa che ci preoccupa maggiormente, il sequestro del nostro striscione.
Un volta entrati, scopriamo di non essere nel parterre sotto la gradinata sud, dove solitamente vengono posizionati i tifosi ospiti in casa del Genoa, bensì nel primo anello della tribuna, a ridosso del vero settore ospiti, praticamente nello stesso posto in cui i sostenitori baresi erano stati posizionati tre anni prima, quando lo stadio Ferraris era in fase di rifacimento per i mondiali del 1990.
Ed a quel punto, accade un altro strano episodio.
L’ultimo di noi ad essere entrato ci raggiunge e ci dice che durante i controlli all’ingresso il celerino che lo perquisiva gli ha… rubato la sciarpa!
Proprio così, gli ha rubato la sciarpa!
Me lo faccio indicare e mi avvicino per cercare di capire meglio la situazione.
Effettivamente, nel casco che tiene appeso al braccio c’è, appallottolata, la sciarpa in questione. Alla mia richiesta di chiarimenti lui mi risponde con un “me l’ha data il tuo amico!”, alchè io controbatto che non è vero e che sarebbe il caso di restituirla, visto che non è ammissibile un comportamento del genere da parte di un agente delle forze dell’ordine. Lui fa la faccia cattiva e mi dice di allontanarmi se non voglio essere preso a manganellate. A quel punto, l’unica cosa da fare è giocarsi la carta della diplomazia. Gli chiedo, con tono confidenziale, come mai ha voluto proprio quella sciarpa e lui, un po’ più tranquillo, mi dice che colleziona materiale ultras!
Continuando in tono amichevole, gli dico che se è un collezionista non ha che da chiedere, perché ha di fronte a sè la persona giusta, visto che sono io che mi occupo di realizzare il materiale del gruppo e posso fargliene avere quante ne vuole, di sciarpe. Gliele spedirò per posta, assieme ad un bel po’ di adesivi, purchè lui restituisca al nostro amico quella che gli ha preso.
Si convince, forse anche per timore che quella nostra chiacchierata possa attirare l’attenzione di un suo superiore, e mi consegna la sciarpa, assieme al suo indirizzo di casa.
Di sicuro, gli dico, appena tornato a Bari gli spedirò un bel po’ di materiale del gruppo.
Sì, come no, contaci!
All’interno di quel settore ospiti improvvisato, scopriamo di non essere gli unici presenti.
Incontriamo altri tifosi del Bari residenti al Nord, tra cui i ragazzi della sezione UCN di Milano.
Come sempre, una parte dei baresi si avvicina per unirsi a noi nel tifo, altri decidono di rimanere seduti per conto loro a guardarsi la partita.
Rimane solo il dubbio su dove posizionare lo striscione.
Proviamo a spostarci nella parte bassa del nostro settore, in modo da essere vicini alla vetrata che separa gli spalti dal campo, per poterlo appendere lì.
Purtroppo, i celerini presenti ci stoppano subito e ci intimano di risalire e rimanere nella parte alta della tribuna.
Stando così le cose, rinunciamo a montare lo striscione sulla vetrata. Infatti, ci rendiamo conto che da lassù saremmo troppo lontani dal nostro vessillo per riuscire a difenderlo.
E poi, l’unico modo per appenderlo alla vetrata sarebbe quello di usare il nastro adesivo, che è sempre un rischio, dato che basterebbero due o tre dei loro un po’ veloci per strapparlo e correre verso l’uscita, mentre noi saremmo troppo lontani per riuscire ad intervenire in maniera efficace.
Tra l’altro, lì in tribuna c’è parecchia gente che gironzola nei pressi delle vetrate che separano gli spalti dal campo e non mancano quelli che urlano e gesticolano al nostro indirizzo in maniera non proprio amichevole.
La verità è che siamo in pochi ed allora meglio non correre il rischio di offrire facili assist a qualche vecchio volpone che potrebbe cogliere l’occasione per tentare il colpaccio.
Ed in effetti, un altro strano episodio che avverrà più tardi, dopo la fine della partita, ci darà ragione circa questa nostra scelta.
Ritorniamo quindi, a malincuore, nella parte alta della tribuna e, all’ingresso delle squadre in campo, esponiamo il nostro striscione tenendolo in mano e bene in vista, per poi stenderlo sui seggiolini sotto di noi ed accendere, finalmente, quei famosi fumogeni che siamo riusciti a non farci requisire all’entrata.

Contemporaneamente, cominciamo a tifare con cori secchi e brevi. L’unico modo che abbiamo per farci sentire dai nostri giocatori in campo. Soprattutto quando sono vicini al nostro settore o nei momenti in cui l’azione di gioco si svolge sotto di noi.
In realtà, sappiamo benissimo che nessun altro, oltre a noi, riuscirà a sentire i nostri cori.
Del resto, non potrebbe essere diversamente, dal momento che il sostegno vocale dei Grifoni è qualcosa di veramente impressionante.
Con tanto di tifo in stereofonia, nel senso che quasi tutti i cori che partono dalla Gradinata Nord, vengono cantati anche da coloro che seguono la partita in piedi nella Gradinata Sud, di fianco al nostro settore.
Per non parlare di certi boati di “Genoa! Genoa!” che fanno saltare in piedi anche chi è posizionato nei Distinti ed in tribuna vicino a noi.
Commovente poi, durante l’ultimo quarto d’ora della partita, con il Genoa sotto per tre reti ad una, il ruggito della Gradinata Nord.
In una bolgia di colori rossoblu, avvolti dallo sventolio dei tanti enormi bandieroni, il cuore pulsante della tifoseria genoana canta a squarciagola per il Grifone, disinteressandosi completamente di quanto sta avvenendo sul terreno di gioco.
Uno spettacolo incredibile.
Una dimostrazione di fede, di orgoglio e di amore incondizionati a cui assistiamo in silenzio e che ci lascia letteralmente a bocca aperta.
Un senso di appartenenza come se ne vedono in pochissimi stadi.
E pensare che soltanto tre giorni prima, ad Amsterdam, hanno perso la semifinale di Coppa Uefa, sconfitti dall’Ajax, dopo una cavalcata europea che li aveva portati ad espugnare niente meno che Anfield Road, il mitico stadio del Liverpool.
Insomma, alla fine il Bari vince questa partita per tre a uno ed i nostri giocatori festeggiano e si congratulano tra loro.
Forse hanno già dimenticato che siamo appena retrocessi in serie B?
Alcuni giocatori del Bari guardano verso il settore ospiti ma nessuno accenna un saluto né tantomeno si avvicina per ringraziare chi, ancora una volta, si è sobbarcato migliaia di chilometri e decine di ore di treno per amore di una maglia e della città che rappresenta.
Quando loro, indegni, quella maglia e quella città le hanno infangate ed umiliate.

Mentre il resto del pubblico sta lasciando gli spalti e noi del gruppo veniamo trattenuti ancora all’interno del settore, accade un altro strano episodio.
Un gruppetto di ragazze con sciarpe rossoblu al collo si affaccia dall’anello superiore della tribuna chiedendoci se vogliamo essere accompagnati in stazione. Dopo un veloce conciliabolo tra di noi siamo tutti d’accordo e decidiamo di non accettare l’invito, che ci puzza un po’ di “traìno”.
Tutti, tranne uno. Massimo il “rubacuori”, un inguaribile romantico che sogna di concludere in bellezza questa trasferta.
Malgrado le nostre insistenze di lasciar perdere l’invito delle fanciulle in rossoblu e venire via con noi, ci saluta affettuosamente (col dito medio!) e si dirige verso l’ingresso dello stadio indicatogli dalle ragazze, per unirsi a loro.
Noi, invece, dobbiamo seguire i celerini nei meandri dello stadio Ferraris e, dopo aver percorso cunicoli angusti, sceso e salito scale, veniamo fatti uscire da una porticina di servizio di un settore diverso da quello in cui ci trovavamo fino a poco prima.
Una volta all’esterno dello stadio, i poliziotti che ci avrebbero dovuto accompagnare fino in stazione ci salutano e ci augurano “in bocca al lupo”, abbandonandoci al nostro destino.
E, dopo averci liquidati con un semplice e frettoloso “la stazione è da quella parte, ciao ciao…”, ci chiudono la porta in faccia.
Insomma, così come siamo arrivati, così ce ne dobbiamo tornare indietro.
Dal momento che siamo in otto, di cui due ragazze, in piena zona stadio a Marassi e con ancora parecchi genoani che si attardano nei dintorni, decidiamo di optare per una formazione “a testuggine”.
Le due ragazze al centro con lo zaino dello striscione e noi altri sei intorno a loro.
Pur consapevoli del fatto che, così combinati, difficilmente riusciremo a passare inosservati, preferiamo comunque questa soluzione rispetto all’altra possibilità, cioè quella di camminare sparpagliati, dando forse meno nell’occhio ma con il rischio che lo zaino con lo striscione rimanga isolato.
Camminiamo lungo strade interne, evitando le due vie principali che costeggiano il torrente Bisagno.
Per evitare spiacevoli incontri, facciamo un giro lungo e tortuoso. Durante il percorso l’adrenalina è tanta ma gli occhi sono sempre ben aperti.
Ci passano vicino anche diversi genoani in motorino, che rallentano e ci guardano, ma alla fine tirano dritto e tutto fila liscio fino in stazione.
Ed una volta arrivati a Brignole, indovinate un po’ chi ritroviamo? Naturalmente, il nostro “rubacuori”, che ci racconta come, una volta uscito dalla tribuna e incamminatosi assieme alle ragazze genoane, queste gli abbiano cominciato a fare domande, tra cui quella fatidica, cioè se avesse con sé quel bellissimo striscione bianco con la scritta rossa ALCOOL.
Alla sua risposta, del tipo “Lo striscione? Ma se a malapena c’ho la sciarpa…” le fanciulle in questione si fermano, indicano al nostro la strada per raggiungere da solo la stazione di Brignole e lo liquidano senza tanti complimenti!

Contenti e soddisfatti per aver onorato, con la nostra presenza, non solo il nostro gruppo ma tutta la nostra curva, ci salutiamo e ci diamo appuntamento a Bari da lì ad un paio di giorni.
In tre prendono il treno per Torino, altri due quello per Milano (con destinazione finale Busto Arsizio) ed in quattro ci imbarchiamo sul primo treno utile diretto a Bologna, naturalmente senza biglietto per il ritorno!
L’unico problema è che, per Bologna, l’unico treno disponibile è un lentissimo regionale che, via La Spezia e Parma, ci mette la bellezza di cinque lunghissime ore, fermando in tutte le stazioni possibili ed immaginabili.
A quel punto, il problema principale è come fare per riuscire ad evitare i controllori che, con così tante fermate, di sicuro passeranno spesso a controllare i biglietti.
Stanchi, affamati ed assetati decidiamo allora di giocarci il jolly, ossia un grande classico dell’epoca che suonava più o meno così: “siamo sportivi del Bari di ritorno dalla trasferta di Genova, abbiamo perso il gruppo in stazione a Genova e stiamo cercando di raggiungere gli altri alla stazione di Bologna. Il capogruppo, naturalmente, ha il biglietto-comitiva e tutte le contromarche, comprese le nostre!”.
Il primo controllore che arriva nel nostro scompartimento se la beve, o forse, più semplicemente, non ha nessuna voglia di farci delle storie.
Forse perché è domenica sera e su quel treno non c’è quasi nessuno, forse perché siamo alla vigilia di Pasqua, o forse semplicemente perché riusciamo ad esprimerci in un italiano corretto e con dei modi civili quanto basta per far risultare la nostra scusa sufficientemente convincente.
Fatto sta che il nostro nuovo amico controllore ci dà l’OK per proseguire fino a Bologna. Per noi è una buona notizia, che ci dà la possibilità di trascorrere la prima parte di questo lungo viaggio in relax, chiacchierando della partita appena vista, del tifo davvero spettacolare dei Genoani e, raccontandoci storie di curva, azzardiamo anche progetti per il prossimo campionato.
Insomma, la prima parte della nostra odissea per rientrare a casa è sistemata. Una volta arrivati a Bologna, penseremo a come fare per proseguire.

Alla stazione di Modena, salutiamo Adriano e la sua fidanzata, diretti a Sassuolo, dove a casa di lei troveranno ad attenderli un prelibato “frittatone di cipolle con famigliare di Peroni ghiacciata e rutto libero (cit.)”.
Noi due superstiti, una volta giunti a Bologna, con una parte dei pochi soldi che ci sono rimasti, facciamo provviste di cibo e bevande.
Ad attenderci, c’è la seconda parte del viaggio di ritorno, non meno impegnativa della prima.
Da Bologna a Bari senza biglietto del treno. Stavolta però col favore delle tenebre e su un convoglio che, facendo meno fermate, ci darà maggiori possibilità per poterci imboscare. Mentre percorriamo il binario alla ricerca di un vagone non troppo affollato, ci sentiamo chiamare alle nostre spalle e… toh, chi si rivede! Il nostro amico controllore, quello che fino a poco prima era in servizio sul treno Genova – Bologna.
Si preoccupa di chiederci se siamo riusciti a trovare gli altri del nostro gruppo e, quando con le nostre espressioni più tristi e sconsolate gli rispondiamo che no, non li abbiamo trovati perché di sicuro sono partiti con il treno prima, ci invita lui stesso a salire su quel treno che sta per partire di lì a poco!
Lui, ci dice, farà servizio a bordo fino ad Ancona e da lì in poi ci promette di passare parola al collega che gli darà il cambio. Poi, se saremo fortunati, riusciremo ad arrivare fino a Bari senza problemi.
Lo ringraziamo, non credendo ai nostri occhi ed alle nostre orecchie, e ci cerchiamo uno scompartimento vuoto dove buttarci a dormire, finalmente!
Il nostro amico controllore è di parola e, dopo Ancona, il collega che passa a chiederci i biglietti capisce immediatamente chi siamo e ci fa: “ah, sì, voi siete gli sportivi del Bari che hanno perso la comitiva a Genova!”.
E via, che si può tornare a dormire!
Ma siccome non sempre le belle storie hanno anche un lieto fine, ecco che passata la stazione di Termoli veniamo svegliati da un altro controllore a cui, evidentemente, non è arrivato il passaparola.
Chiaramente più navigato rispetto ai suoi colleghi o forse soltanto meno disposto a farsi intenerire, non si lascia commuovere dalla nostra spiegazione sul perché siamo in viaggio senza biglietto e non sembra avere la benché minima intenzione di volercela far passare liscia.
Comincia allora una lunga trattativa, in stile mercato arabo, al termine della quale ci accordiamo per pagare, subito, un solo biglietto (per due persone!) da Termoli a Bari, utilizzando gli ultimi spiccioli che ci sono rimasti.
Con la fine dei fondi a nostra disposizione e delle relative speranze di riuscire a fare una abbondante colazione una volta giunti a Bari, nella fredda luce dell’alba io e Massi ci lasciamo andare alle ultime riflessioni, circa il senso di tutto quello sbattimento.
Sulla squadra e la società biancorossa, che non ci meritano. Sugli altri gruppi della curva, che hanno preferito restarsene comodamente a casa, anzichè sobbarcarsi più di duemila chilometri e due notti in treno per stare vicino ad un manipolo di mercenari.
Fino a quando non ci viene il dubbio che, forse, non sono gli altri che non ci meritano, ma siamo noi gli illusi. Gli stupidi ed inguaribili sognatori.
E così, in quel momento, capiamo che forse è giunta l’ora di darci un taglio.
Naturalmente, soltanto fino all’inizio del prossimo campionato.
JJ