Ho lasciato Graz un mese prima di questo incontro. In una serata di settembre caratterizzata da un clima pienamente autunnale, quasi dicembrino. Il fischio finale della sfida contro l’Austria Salisburgo non mi aveva lasciato molto tempo se non per riprendere attrezzatura e zaino e dirigermi verso la fermata del pullman per Vienna. La pioggia scendeva finissima, fastidiosa. Fredda e tremendamente deprimente rispetto al cocente sole con cui ero partito da Roma.

Di certo mai avrei immaginato di tornare nel capoluogo stiriano a così breve distanza di tempo. E ancora una volta per una partita di Coppa d’Austria. Ma – sarà per la bella esperienza all’esordio, sarà per una rinnovata curiosità di vedere il mondo ultras d’Oltralpe, e sarà per il fascino esercitato dall’assenza quindicennale di questa stracittadina – prenotare un volo andata e ritorno con relativi pullman, una volta acclarata la data del match, mi è sembrata la cosa più naturale di questo mondo.

Peraltro, tanto per confermare la mia poca sanità mentale, decido di prolungare il mio piccolo tour al di fuori dei confini nazionali spostandomi successivamente in Romania (per Rapid Bucarest-Farul Costanza) e in Bulgaria (per il derby di Varna). La cosa mi stimola e non poco, lasciando in secondo piano i tanti spostamenti da fare, le poche ore da dormire e la tutt’altro che simpatica fatica nello scorrazzare per tre Paesi il pesante zaino che funge ormai da mia propaggine. Mi sento molto nomade. E probabilmente questa situazione regala una delle più paciose soddisfazioni alla mia predisposizione naturale per il viaggio spartano e senza troppe regole.

Certo, va da sé che quando si hanno orari prestabiliti per i mezzi, ma si deve comunque fare i conti con numerosi trasbordi, può succedere di dover lottare letteralmente col tempo, contando anche i secondi che possono tornar utili a non perdere il pullman per Graz, mentre, prima il treno dall’aeroporto di Vienna e poi la metro, sembrano farlo apposta a rallentare. Qualcun altro, a sei fermate dall’arrivo e con 11 minuti dalla partenza del bus, avrebbe gettato la spugna e lasciato stare. Io, fortunatamente (ma la fortuna aiuta gli audaci) ho allungato le mie gambe all’apertura delle porte compiendo uno scatto degno del miglior centometrista e riuscendo a salire sul Flixbus, esattamente sessanta secondi prima della sua partenza.

A differenza della mia prima sortita, stavolta Graz si specchia sotto un bel cielo sereno e con una temperatura tutt’altro che autunnale. Sturm e GAK non si fronteggiano dalla stagione 2006/2007 (esattamente dal 17 maggio 2007), l’ultima disputata dal Grazer in Bundesliga. Poi il fallimento, la faticosa risalita dalle categorie dilettantistiche e l’aspirazione di tornare in massima divisione, con una squadra che attualmente sembra poter lottare per i primi posti. Questo buco temporale di tre lustri ha prodotto ovviamente una grande attesa, che contestualmente alla crescita del movimento ultras austriaco, getta le basi per una grande giornata tra le quattro mura dello stadio Liebenau. Basti pensare che i biglietti sono stati polverizzati già da diverse settimane e quando il mio bus mi lascia nei pressi dell’impianto, già diverse persone camminano con le sciarpe al collo.

Come da tradizione mittleuropea, le due tifoserie raggiungeranno i rispettivi settori in corteo. Appuntamento a ORF Park (poco distante dallo stadio) per i rossi del GAK, mentre i bianconeri si raduneranno presso il vecchio stadio Gruabn, ed è proprio là che inizierà il mio derby. Nella speranza di poter fare una parte di entrambe le “passeggiate”.

Come detto già nell’articolo di Sturm-Austria Salisburgo, Graz è una città piacevole da visitare, che merita assolutamente tempo con il suo grazioso centro storico. Avendo già svolto i miei compiti da turista il mese precedente, stavolta posso concentrarmi solo ed esclusivamente sull’aspetto calcistico. E Gruabn è sicuramente il miglior luogo dove tastare con mano, buona parte della storia “pallonara” cittadina. Qua lo Sturm ha disputato tutte le sue partite casalinghe dal 1919 al 1997, anno in cui il club si trasferì al nuovo Liebenau, salutando il vecchio terreno di gioco con un successo per 3-0 rifilato ai rivali di sempre del Rapid Vienna. Un luogo che se rivisto in foto lascia trasparire un’aria profondamente austriaca, con le sue tribuna basse, incastonate tra i palazzi, le reti a dividere il pubblico dal campo e i rudimentali tabelloni elettronici a indicare tempo e risultato.

Oggi di quelle tribune è rimasta solo la gradinata centrale, con la sua copertura in legno. Gradinata che ha rischiato seriamente di esser demolita qualche anno fa, a causa dei suoi problemi strutturali. Possibilità contro cui si è scagliata un’associazione senza scopo di lucro costituita dai tifosi dello Sturm, che grazie a un crowdfunding è riuscita a raccogliere 50.000 Euro, salvando la tribuna e coinvolgendo nell’iniziativa anche il comune e il club che attualmente è locatario dello stadio, il Grazer Sportklub Straßenbahn (piccola ma storica società che attualmente milita in 1. Klasse Mitte B e può vantare anche uno sparuto seguito guidato dal gruppo Tramway Funatix). Un’iniziativa che evidenzia quanto a queste latitudini, a contrastare un certo modo di ragionare – che distruggerebbe senza problemi luoghi simbolo per un’intera comunità – ci sia una vera e propria “coscienza di classe”. Che peraltro ottiene quasi sempre risultati considerevoli.

Proprio nei pressi della vecchia tribuna vanno lentamente radunandosi i supporter bianconeri, che tra musica e fiumi di birra aumentano minuto dopo minuto. Devo ammettere che il clima è bello. Si avverte la tensione della sfida ma c’è una bella aria aggregativa, con gente che, si percepisce, condivide fortemente la propria passione e lo stesso modo di viverla. La partenza del corteo è prevista per le 15 e, una mezz’ora prima, io mi defilo, posizionandomi nei pressi della Ostbahnhof, già instradato verso lo stadio. In maniera da rimanere in un punto in cui osservare il passaggio dei tifosi dello Sturm e poi spostarmi agevolmente verso il corteo dei dirimpettai.

Per far capire come questa partita sia sentita, e come sulle due sponde della Mura ci sia voglia di confronto, va quantomeno riportata la provocazione mostrata dagli ultras bianconeri in settimana, con un maiale morto dipinto di rosso appeso su un cavalcavia sovrastante una delle principali arterie cittadine. Azione a cui i fan del GAK hanno risposto ironicamente adottando due maiali anziani e garantendone le cure in un santuario per animali.

Mentre una storia più datata ma sicuramente sfiziosa è legata a un derby disputato nel 2004. Durante il match gli altoparlanti dello stadio irrorarono il seguente annuncio: “Brigitte, dieci anni, sta cercando sua madre. Il punto d’incontro è al settore otto”. Era in realtà un messaggio criptato. Brigitte non era una ragazza ma la Brigata, gruppo più longevo del tifo bianconero fondato nel 1994. E il settore otto il luogo dove venire a contatto. Una rissa breve (ma intensa), sedata velocemente dalla polizia.

Malgrado la diceria che vorrebbe gli austriaci puntuali e ligi agli orari prestabiliti, il corteo dello Sturm non si decide a passare e, alla fine, sono costretto ad incamminarmi verso i supporter del GAK, onde evitare di perdere entrambe gli spettacoli. Riesco, infatti, a intercettare la marcia dei rossi proprio a poche centinaia di metri dallo stadio, dove hanno annunciato che aspetteranno l’arrivo della squadra per caricarla a suon di cori e pirotecnica.

Benché il fattore numerico in città sia evidentemente ad appannaggio dello Sturm, i tifosi del Grazer AK rappresentano una realtà consolidata e orgogliosa. Una tifoseria che è stata in grado di ripartire dai bassifondi del calcio nazionale anche (e soprattutto) grazie alle proprie forze e che in questo appuntamento vede, ovviamente, il culmine dopo anni di oblio, delusioni e anonimato. Un crollo calcistico iniziato nel 2007, quando il club viene penalizzato di 28 punti per illecito amministrativo, retrocedendo dalla Bundesliga e non ripartendo nemmeno dalla categoria direttamente inferiore (Erste Liga) ma dalla Regionaliga (terza serie). L’inizio di un vortice che risucchia letteralmente i Roten Teufel (Diavoli Rossi), portandoli dal fallimento nel 2012 alla rifondazione, l’anno successivo, del Grazer AC, riconosciuto dai tifosi come la prosecuzione storica del vecchio club e capace lentamente di risalire la piramide calcistica austriaca.

Curiosità: prima del fallimento il GAK poteva vantare una certa assiduità nelle coppe europee. Molti hanno in mente i sedicesimi di Coppa Uefa disputati nella stagione 1996/1997 contro l’Inter (con i nerazzurri che la spuntarono solo ai calci di rigore), mentre in pochi probabilmente ricordano che i Rossi sono l’unica squadra che può “vantare” un’eliminazione avvenuta per mezzo del silver gol: Terzo Turno Preliminare di Champions League, Ajax-GAK 2-1, con rete siglata dagli olandesi al 103′. A differenza del golden gol, il silver gol non dava subito la vittoria a chi lo aveva siglato, ma permetteva lo svolgimento del match almeno fino al termine del primo tempo supplementare. Constatata la poca utilità, queste due regole vennero fortunatamente abolite nel 2004.

Torce e fumogeni coprono il serpentone di tifosi, che con una certa velocità gira l’angolo dello stadio posizionandosi nel piazzale dove, a breve, arriverà il pullman. L’entusiasmo è quasi contagioso e, anche in questa occasione, si evincono i tanti punti di contatto con la concezione italiana di curva e di tifo. Le facce dei presenti sono eterogenee, senza differenza di sesso, età o stazza fisica. Con una prevalenza giovanile, quella sì. Ma senza una minima impostazione artefatta. Né palestrati, né gente che il calcio non sa manco che roba sia. La passione arde ed è supportata da una base ultras che a queste latitudini sta probabilmente vivendo il momento di massimo splendore.

Il passaggio del torpedone è un misto tra esplosione pirotecnica (fuochi d’artificio compresi) e carica della gente, che batte forte sui finestrini, tanto da produrre sorrisi esterrefatti anche da parte dei giocatori. Alcuni dei quali riprendono addirittura con i propri cellulari lo spettacolo.

Io a mia volta riprendo e fotografo e finito il tutto mi muovo velocemente dall’altra parte dello stadio, sfruttando un piccolo corridoio che mi porta direttamente dove il corteo di quelli dello Sturm sta arrivando. Per passare il cordone di polizia è sufficiente sbandierare la mia tessera stampa (ogni tanto torna utile). E così, per il rotto della cuffia, riesco anche a immortale gli ultimi metri della marcia bianconera. E a livello giornalistico posso dire di aver rasentato la perfezione (sic!).

Osservo con attenzione i tanti murales, tutti di marca Sturm. È evidente come i quindici anni passati in solitaria allo stadio Libenau (il GAK durante la sua risalita ha giocato in un piccolo impianto di Weinzödl, tornando qui solo con l’avvento in Erste Liga) abbiano reso questo spazio quasi totalmente bianconero. Peraltro i graffiti (ammirati anche nel vecchio Gruabn) trasmettono esattamente la vitalità e l’estrosità di una delle tifoserie più in forma del Paese.

Quando manca un’oretta al fischio d’inizio posso fare il mio ingresso nella pancia dello stadio. Non senza qualche problema, visto che l’addetto all’ingresso media pensa bene di additarmi come impostore anziché come persona regolarmente accreditata per l’evento. Il tutto si risolve con grasse risate e la consegna del mio pass, ottenuto davvero senza alcun problema tra l’altro. Ci tengo a sottolinearlo perché si trattava di una sfida importante e con numerose richieste, dove il club ospitante (il GAK) ha cercato davvero di accontentare tutti, senza fare problemi di sorta o senza trincerarsi dietro motivi di capienza, che spesso tanto piacciono ai nostri uffici stampa (anche a fronte di tribune sterminate e mai al completo).

L’aria che si respira sulle gradinate è davvero imponente. Le due tifoserie già sono intente a cantare, sfottersi ed esibire fieramente i propri colori. Io cerco di sistemarmi in un cantuccio dal quale poter scattare con relativa tranquillità le opposte fazioni e mi godo lo spettacolo che si preannuncia davvero indimenticabile. Come carpito già in occasione del match contro l’Austria Salisburgo, la cosa che più mi coinvolge delle curve locali è la tigna con cui si confrontano e approcciano allo stadio. Vogliono far sentire la propria voce a tutti i costi, sovrastare l’avversario. Ed è un qualcosa che concorre a rendere l’ambiente magico, almeno per chi vive di pane e gradinate.

Quando le due squadre fanno capolino dal tunnel, davanti ai miei occhi si aprono le rispettive scenografie. Gli ultras dello Sturm sventolano tantissime bandierine con i colori sociali, accendendo poi il proprio settore con numerosi flash. Mentre su fronte GAK due teloni compongono la scritta Rotes Graz (Graz Rossa), per poi essere letteralmente infiammati da decine di torce. Ma quasi subito la loro coreografia viene “oscurata” dal sabotaggio dei cugini, che sono riusciti a piazzare diversi fumogeni neri, controllati da remoto, proprio in corrispondenza del settore avversario. Voci di corridoio dicono che la stessa cosa era stata fatta dagli ultras del GAK, non andando però in porto perché “sgamata” dai bianconeri. Cosa dire signori? Io di fronte a cotanta perfidia e fantasia posso solo togliermi il cappello!

Potrei parlare fino a domani del tifo. Ma penso che ancor più del mio articolo, sia il servizio fotografico a lasciar intendere come siano andate le cose. Un confronto davvero superlativo. C’è tutto: voce, colore, fumogeni, trasporto, battimani, numerosi striscioni contro e pezze avversarie bruciate dopo esser state evidentemente sottratte. Novanta minuti che rasentano la perfezione! Bello, bello, bello! Non ci sono altri termini per definire quanto visto. Quando ci si trova di fronte a un così grande spettacolo di tifo, a pochi chilometri dai nostri confini, si può solo ammirare e complimentarsi con un movimento che ha saputo anno dopo anno evolvere, impiantare le proprie radici, combattere le proprie battaglie e ritagliarsi un ruolo fondamentale nel calcio austriaco.

A loro auguro solo di saper preservare questa bellezza, di non chiudersi in battaglie ottuse che – come sovente accaduto da noi – non leggono momenti storici e situazioni, e finiscono per castrare gruppi e tifoserie. Certo, va da sé che gli auguro anche di non avere mai a che fare con uno Stato come il nostro, che a un certo punto ha deciso di accanirsi ben oltre il logico sulle tifoserie organizzate, stritolandole letteralmente e criminalizzandole oltre il dovuto, facendo leva su un’opinione pubblica supina e lobotomizzata a qualsiasi nefandezza le venga servita.

In campo l’esito è a favore di pronostico, sebbene lo Sturm riesca a farcela solo nel finale, con il gol di Ajeti. Una rete che regala i quarti di finale ai bianconeri ma non cancella l’ottima prestazione di un GAK generoso, che ha evidentemente gettato il cuore oltre l’ostacolo, mettendo spesso in difficoltà i più quotati avversari. L’esultanza è di quelle importanti, ed evidenzia ancora una volta come la differenza di categoria non abbia minimamente influito nella considerazione dell’avversario da parte dei Neri.

Dopo il fischio finale c’è ancora spazio per le squadre sotto ai settori e per gli sfottò tra le tifoserie. Sono in tanti a non volersene andare, a non voler lasciare gli spalti dopo una serata così ricca di spunti, emozioni e passione. Aspetto che la maggior parte dello stadio defluisca, perché anche io voglio assaporare tutto fino in fondo. Scendo nella sala stampa e mi godo l’ultima, rigenerante, birra prima di guadagnare la via d’uscita e avviarmi verso il pullman per Vienna.

Che sarebbe stata una serata memorabile non avevo alcun dubbio. Ma viverla in prima persona mi ha lasciato qualcosa di importante, oltre alla voglia di approfondire ulteriormente il mondo delle tifoserie austriache. Ho la certezza di aver assistito a un derby, nel vero senso della parola. Con tutto ciò che esso comporta e con la consapevolezza di aver respirato ossigeno importante in ambito curvaiolo.

Stavolta non piove e raggiungere Murpark, dove il mio Flixbus mi attende, è una piacevole passeggiata. Tra qualche tifoso che ancora gira attorno all’impianto e qualcun altro che forse ha ingerito una birra di troppo. La prima tappa di questo tour sta per finire. Mi addormento esausto risvegliandomi direttamente a Vienna. Ora fa freschino ed è notte piena. Devo attendere un paio di ore alla stazione Wien Mitte, prima che il mio treno mi riporti in aeroporto. Dove teoricamente dovrei partire alla volta di Bucarest. Il “teoricamente” non è usato a caso, anzi. Ma questa è una storia che racconterò tra il serio e il faceto nel prossimo articolo. Intanto mi diletto a sfruttare l’avveniristica linea internet presente nella stazione viennese per rivedere foto e video e selezionare i migliori istanti.

Io, le fototifo e una stazione ferroviaria. Praticamente la sintesi di un’esistenza.

Testo di Simone Meloni
Foto di Simone Meloni e Jürgen De Meester

Galleria Jürgen De Meester: