Al di là dell’Adriatico c’è un filo conduttore che collega lo sport locale alla storia di queste affascinanti nazioni in maniera profonda. Il legame è molto più datato di quello che si potrebbe pensare, proprio l’Hajduk Spalato, per dirne una, fu fondato da un gruppo di studenti croati nel 1911, in una delle birrerie più suggestive di Praga (U Fleku), rivelando anche ai meno arguti l’organicità della Croazia con l’Impero Austroungarico. Non di meno il nome adottato, restando su riferimenti storici, alludeva alla resistenza croata del XVI secolo contro l’Impero Ottomano. Scorrendo le pagine del grande libro della storia, nella prima meta degli anni ’40, sempre l’Hajduk insieme all’altra squadra di Spalato, l’RNK, rifiutò la partecipazione al campionato Italiano durante l’occupazione dell’Asse con la luogotenenza degli Ustascia. Al collaborazionismo, la squadra e lo staff tecnico dei bianchi di Spalato preferirono passare nella resistenza Jugoslava, diventandone una delle squadre simbolo. L’avversione dei giocatori al regime durante la Seconda Guerra Mondiale è quantomeno curiosa se rapportata alle numerose scritte sui muri richiamanti la simbologia di estrema destra che possiamo trovare attualmente lungo le strade della periferia Spalatina e in zona stadio. Sarebbe frettoloso e stupido dimenticare che intercorrono oltre settanta anni di cui più della metà segnati da una dittatura socialista, terminata con una sanguinosa e controversa guerra che ha lasciato diversi strascichi. Per fare ulteriore ordine direi che le scritte destrorse non sono riconducibili ufficialmente a nessun gruppo organizzato ed anche se è facile pensare che la dominante sia quella, non bisogna cadere in semplificazioni che non aiutano a carpirne le sfumature che restituirebbero un maggior realismo al quadro d’insieme.

 

Il “ragazzo con la bandana”…

Il centro storico di Spalato fu eretto intorno all’antico palazzo romano di Diocleziano, risalente al IV Secolo D.C., costruito quasi interamente in pietra bianca. Mi ha particolarmente sorpreso il fatto che l’interno dello stesso palazzo rettangolare fosse abitato: l’idea standard che ho di “palazzo” è quello di una struttura magari ricolma d’arte, ma comunque staccata dalla città. Qua il copione è rovesciato in maniera originale, le piazze e i luoghi di ritrovo recitano da coprotagonisti insieme ai monumenti. Nelle diverse viuzze medievali e caratteristiche spuntano talvolta murales e/o adesivi richiamanti l’Hajduk e la Torcida, suo gruppo organizzato principale. I colori bianco (prima maglia), rosso e blu (seconda) ricorrono spesso sia nei mercati cittadini che nelle stradine di cui sopra. Se poi ci si sposta dal centro percorrendo le strade più periferiche, l’immersione è totale. Troviamo una moltitudine di murales con i simboli più noti della Torcida, quali la caratteristica “T” o il ragazzo con la bandana rossoblù su tutti, sempre dipinti con cura e precisione.

 

La Torcida è la formazione di tifosi più antica del vecchio continente. La fondazione risale addirittura al 1950. Leggenda vuole che, durante il periodo del mondiale dello stesso anno, dei marinai di Korcula fecero scalo in Brasile rimanendo colpiti dall’ardore poi mutato in disperazione con cui i tifosi brasiliani, “torcedores” in lingua locale, seguirono la partita del “Maracanazo” da cui mutuarono appunto il nome Torcida. Una particolarità di questo gruppo è che mantiene tutt’ora una folta quantità di sezioni sparse in tutta la Dalmazia e una addirittura a Zagabria. Sezioni con relative pezze che fanno molto anni ‘80, periodo che il sottoscritto non ha vissuto ma che in questa maniera ha potuto indirettamente assaporare.

La storia di questo gruppo è collegata in maniera forte e affascinante all’indipendenza croata di inizi anni ’90, aspetto rimarcato anche sul sito della Torcida, di cui diversi membri furono tra i primi ad arruolarsi nel neonato esercito croato.

I tifosi della Dinamo

La squadra che affronterà i locali questa domenica è la Dinamo Zagabria, squadra più blasonata e titolata di Croazia. Nacque subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, dalle ceneri delle tre squadre di Zagabria del tempo: l’Hask, il Gradanski e la Concordia. Ovviamente la nascita della Dinamo fu legata all’allora neonato stato socialista di Jugoslavia, ma il suo nucleo storico di tifosi organizzati, i Bad Blue Boys, sono stati e sono tutt’ora ferventi nazionalisti. Il gruppo, formatosi nel 1986, riporta spesso nel proprio sito web notizie riguardanti gli eroi dell’ultima guerra e le giornate più importanti della stessa. Numerose anche le iniziative extra stadio lungo tutto il corso della settimana, cosa che avviene anche per i rivali della Torcida, attività che conferiscono ai due gruppi principali di Croazia un valore che va oltre al semplice gruppo ultras nostrano. BBB e Torcida sono un punto di riferimento per i più e meno giovani delle rispettive città a cui danno l’opportunità non solo di sostenere la squadra del cuore, ma anche di partecipare a frequenti dibattiti e momenti di crescita durante la settimana.

 

Patriottismo e funzione sociale non sono le uniche cose che accomunano le due realtà maggiori di Croazia. Da circa una decina di anni, infatti, entrambe le tifoserie, insieme ad altre del paese, portano avanti una battaglia contro Zdravko Mamic e la Federazione Croata. La famiglia Mamic rilevò la Dinamo Zagabria nel 2003, vincendo con la squadra più di dieci scudetti negli ultimi 15 anni.

Hajduk zivi vječno, l’Haiduk vive in eterno

Facendola breve il capostipite della famiglia è riuscito a costruire un sistema di reclutamento di giocatori che, con delle clausole nei contratti, definite da “usuraio” in un comunicato della Torcida, si è personalmente garantito percentuali altissime nelle cessioni dei giocatori e talvolta persino dai contratti annuali degli stessi.

Per mettere in vetrina i suoi “prodotti”, Mamic non s’è mai fatto scrupolo di sfruttare indebitamente il suo peso all’interno della federazione, di cui fu vicepresidente, favorendo la convocazione dei giocatori sotto la sua egida (e costringendo così indirettamente tutti i giocatori più promettenti ad intraprendere queste vie nel tentativo di favorire la propria carriera). Nella controversia sconfinata anche nelle aule di tribunale, sono stati coinvolti persino giocatori di fama mondiale come Modric, ora in forza al Real Madrid, Lovren del Liverpool e tanti altri. BBB e Torcida su tutti sono stati tra i primi e tra i più decisi a denunciare le sporche gesta di questa persona, organizzando svariate e ferme proteste, talvolta congiunte, arrivando a boicottare le partite della nazionale come azioni più estreme per attirare l’attenzione su questa anomalia. Il lancio di fumogeni a San Siro dovrebbe ricordare qualcosa, anche se la maggior parte degli osservatori si sono fermati inebetiti a guardare il dito che indicava la luna.

Ovviamente queste proteste hanno avuto delle conseguenze forti, considerando che colpiscono una delle persone più potenti del paese: le più immediate, una sorta di Tessera del Tifoso e Black List per le maggiori tifoserie della nazione!

La prima misura è stata sconfitta quasi subito con una diserzione di massa in tutto il paese mentre la lista di proscrizione causa ancora problemi. Qualche anno fa fu vietato l’accesso a dei membri della tifoseria dell’Hajduk il che portò la squadra, sotto decisione dell’allora presidente, a non scendere in campo a Zagabria in un derby contro la Dinamo.

Gli stessi BBB hanno disertato per svariati anni lo stadio, sempre sotto la frusta del “ban” dalla Gradinata Nord (rientrando definitivamente, con qualche diserzione saltuaria, nella sfida con la Juventus in Champions del 2016). Situazione questa che ha causato negli anni scene surreali, come festeggiamento per la vittoria del campionati della Dinamo di fronte ad appena qualche centinaio di tifosi.

L’ultima trovata in fatto di repressione sarebbe la richiesta di un permesso scritto da parte dei genitori di ogni minorenne che volesse andare nel settore occupato dalla tifoseria organizzata della Capitale, a smembrare il tifo partendo dal suo ricambio generazionale.

 

Viviamo per l’Hajduk: slogan usato anche nella coreografia

Oltre al danno alla bellezza dello sport, questa grande “Mafia” del calcio croato porta con sé ferite dal punto di vista ideologico per i Tifosi, soprattutto per quelli della Dinamo. L’impostazione associativa, di partecipazione popolare e di rappresentanza del tifo nel consiglio di amministrazione è molto forte nel calcio croato. Ovviamente per la squadra di Zagabria questi principi popolari vengono meno dato che il potere è tutto accentrato intorno alla figura di Mamic, cosa che fortunatamente non succede se non in misura minore nelle altre squadre.

Per quanto ciò sia di gran lunga più preoccupante rispetto ai malaffari del calcio italiano, è invece inversamente molto più forte la coesione tra tifoserie, contrapposte sul campo ma unite quando c’è da far fronte a problemi comuni. Con questo non voglio assolutamente insegnare niente a nessuno, ma fa pensare come le tifoserie croate, combattendo in modo congiunto, abbiano velocemente avuto la meglio sulla sottoforma locale di Tessera del tifoso.

 

Dopo questa lunga ma doverosa premessa passiamo al racconto della partita in sé. All’ora di pranzo mi dirigo verso il centro e mi rendo subito conto che non è un giorno come gli altri. Quasi tutte le persone hanno una sciarpa dell’Hajduk, una maglia della squadra o una t-shirt della tifoseria addosso. Mi avvicino verso lo stadio e mi accorgo di come la sede della Torcida, molto popolata già quattro ore prima della partita, occupi la via di congiunzione stadio-centro: una scelta logistica ideologicamente molto suggestiva.

La frenesia del momento, mista all’emozione, mi porta ad entrare già all’apertura dei cancelli intorno alle tre del pomeriggio, perdendomi così il corteo dei tifosi di casa. Da quel che mi è dato sapere non è successo nulla di rilevante prima e dopo il match tra le due tifoserie, probabilmente grazie all’imponente servizio d’ordine disposto per la partita più sentita della nazione.

 

I seicento di Zagabria visti dall’alto

Lentamente lo stadio inizia ad animarsi. I ragazzi della Nord, durante la mattinata, hanno invitato a entrare in curva entro un’ora dall’inizio della partita, in modo tale da organizzare al meglio la scenografia prevista. Dagli altoparlanti vengono sparate a tutto volume canzoni croate riguardanti la squadra di casa, scelta che non mi piace, ma che riscuote un certa partecipazione da parte del pubblico di casa, soprattutto nei distinti dove ho preso posto anche io.

 

A ridosso dell’inizio della partita fa il suo ingresso il plotone dei tifosi ospiti, tutti insieme in maniera compatta, sotto i fischi e i cori dei padroni di casa. I settori occupati dai tifosi locali offrono un bell’impatto visivo, la stragrande maggioranza indossano infatti una maglietta bianca, mostrandosi come un unico blocco.

 

Entrano le squadre in campo e gli occhi di tutti sono rivolti alla curva di casa. La coreografia, che durerà svariati minuti, sarà una sorta di spettacolo dinamico: con dei cartoncini viene composto un muro di mattoni gialli e arancioni, dopo di che vengono tirati su piccoli teloni raffiguranti ragazzi girati di spalle e armati di bomboletta spray. Successivamente vengono calati i teli per far apparire una lettera ipoteticamente scritta dai writer di cui sopra. Azione ripetuta svariate volte finché si completa la scritta: “Viviamo per l’Hajduk”. Molto originale davvero la realizzazione e ben riuscita nel suo esito finale.

 

Nel mentre i tifosi ospiti, presenti in 600 unità, si danno da fare con cori e battimani eseguiti con una partecipazione totale e grande coordinazione. I primi cori dei padroni di casa invece, iniziati dopo la choreo, sono per me impressionanti. L’adesione ai battimani è totale, anche nei distinti, dove mi sento un completo estraneo non tifando insieme alla gente locale. Nel frattempo noto che la Torcida ha una posizione non proprio centrale nella curva, ma leggermente spostata verso il mio settore, come a volere virtualmente guardare negli occhi i tifosi ospiti, assiepati nella metà opposta dell’altra curva.

 

In campo si nota subito il divario tecnico, abbastanza evidente, in favore degli ospiti. I padroni di casa, come da copione, sopperiscono le assenze tecniche con grande abnegazione e impegno e riescono a pareggiare il risultato di svantaggio iniziale, terminando così il primo tempo.

 

Il fuoco della Torcida

L’umoralità del tifoso, “normale” e non, che per me è una nota positiva perché indice di interesse sportivo, è evidente. Quello che mi impressiona è come i rispettivi nuclei organizzati di entrambe le tifoserie risultino instancabili e continui in tutto l’arco della partita. Poco prima del gol della Dinamo, il settore ospite appare completamente a torso nudo, rendendo l’esultanza ancora più particolare. Col settore capitolino in visibilio, la curva di casa aumenta subito i decibel, rifiutandosi di voler udire la gioia altrui. Durante il corso della prima frazione la curva di casa esegue una bella sciarpata e continua con il proprio tifo in maniera costante, mentre gli ospiti insistono con i loro battimani e cori, talvolta con melodie richiamanti il nostro paese.

 

Inizia il secondo tempo e sul campo mi sembra di vedere un film già scritto: la squadra meno forte tecnicamente gioca all’arrembaggio per i primi 15 minuti, sprecando svariate occasioni, ma alla prima occasione, la squadra che ha sonnecchiato per tutto il secondo tempo segna e finisce per controllare in sicurezza il risultato fino al novantesimo con giusto qualche brivido isolato.

 

Il supporto delle due tifoserie è ineccepibile ed entusiasmante anche nel secondo tempo. I 600 venuti da Zagabria cantano tutti quasi costantemente, usando spesso e volentieri il battere delle mani e l’ausilio dal tamburo. Per la curva di casa il discorso è più ampio. La metà di curva intorno alla Torcida canta praticamente sempre, il resto della curva e i distinti sono coinvolti in ugual misura e molto di frequente durante la partita. Il settore nord si rende inoltre protagonista di una bella fumogenata arancione, condita da torce luminose, a metà della seconda frazione. I cori di astio ci sono da entrambe le fazioni e quando a offendere sono i padroni di casa, tutto lo stadio si esalta nel dare manforte alla curva.

 

Uno dei tanti striscioni protagonisti di giornata

Capitolo striscioni: entrambe le tifoserie espongono striscioni per Milka Zadro, madre di un generale ed eroe di guerra croato. A rimarcare la coesione sotto questo punto di vista ci sono stati dei cori nel post partita applauditi reciprocamente. Lato ospite viene srotolato uno striscione contro la dirigenza della Dinamo, mentre la tifoseria di casa riserva uno striscione contro i BBB, accennando ad una loro “morte ideologica”, anche se non ho i mezzi per capire nello specifico a cosa si alluda.

 

Dopo la partita le tifoserie continuano a tifare per diversi minuti e tra i cori sento distintamente le parole “Grobari” e “Delije”. Sui cori, applauditi reciprocamente dalle due fazioni, non conoscendo la lingua, le chiavi di lettura che ne ho ricavato sono due: o i tifosi si insultavano dandosi vicendevolmente dei Serbi, applaudendo in pieno spirito goliardico, oppure erano direttamente indirizzati ai tifosi del Partizan e della Stella Rossa di Belgrado, rimarcando con quegli applausi l’unità nazionale croata di cui si è fatto più volte cenno. Ma sono ovviamente teorizzazioni che solo qualche più esperto della lingua e della realtà croata fra i nostri lettori saprà spiegare.

 

Come nota a margine vorrei fare chiarezza sul numero degli ospiti. I biglietti resi disponibili per loro erano esattamente 600, non perché non ne entrassero di più ma perché, sempre per il loro astio verso la federazione, ai BBB vengono concessi meno biglietti rispetto ad altre tifoserie, proprio per rappreseaglia per il peso specifico che gli stessi hanno nella lotta al sistema calcio locale.

 

Finisco questa giornata con la consapevolezza che un’esperienza del genere è da vivere e da consigliare fortemente a tutti. Oltretutto è un’ulteriore conferma, soprattutto per il lavoro di ricerca fatto in seguito, che il falso mito “all’est fanno quello che gli pare” è assolutamente da sfatare. Le limitazioni ci sono anche quì, così come le misure repressive: è la risposta delle tifoserie che mi è sembrata diversa rispetto all’Italia. Allo stessa maniera è diverso il modo in cui il popolo sta allo stadio, molto meno moderno e più popolare, visto proprio come un rito laico dove divertirsi e sfogarsi. Altrove il rito è stato sostituito dall’evento, ma questo se da un lato ha favorito la loro spettacolarizzazione, ha altresì generato una occasionalità che al contempo uccide la passione e la partecipazione popolare.