Sabato 21 Settembre comincerà il campionato italiano di hockey su ghiaccio. Quello che può passare nella mente di chi è abituato a seguire solo il calcio, al massimo con qualche apertura verso il basket, è un sentimento di indifferenza più o meno totale. L’immagine ormai un po’ folkloristica che ci vede mangiare pane e pallone, purtroppo, oltre ad essere quanto mai esatta, ci penalizza completamente nello sviluppo di altre discipline (il cui conto ci viene puntualmente presentato alle Olimpiadi, estive o invernali che siano). Però quanto sta avvenendo nel campionato di hockey su ghiaccio è un campanello d’allarme da prendere sul serio perché, magari, quel che passa da una sola parte oggi, forse un domani potrebbe coinvolgere realtà ben più grandi e affermate.

Come sapranno un po’ tutti quelli che hanno almeno un minimo di infarinatura di altri sport, l’Italia ha un suo campionato di hockey su ghiaccio limitato, prevalentemente, al Trentino Alto Adige e, un po’, alla Lombardia e al Piemonte. Ma la verità è che, purtroppo, del campionato italiano si rischia di non vedere più traccia da qui a pochi anni. Di fatti, una delle squadre più rappresentative del movimento hockeistico, il Bolzano, da questa stagione giocherà (anzi, ha già cominciato a giocare, e con ottimi risultati) nella più professionale e proficua EBEL, massima serie austriaca dove trovano spazio le stelle indigene del campionato (Red Bull, anche là, di Salisburgo, Vienna Capitals, Innsbruck, Klagenfurt, Villach, Linz, Graz, Dornbirn), una slovena (Lubiana), una ungherese (Alba Volan) e una slovacca (lo Znojmo).

Ma non è finita qui. Mentre Alleghe è fallita, nonostante i tentativi di salvataggio dei tifosi (di cui Sport People si è occupato), Pontebba si è iscritta nella Lega Carinziana di Hockey, sempre in Austria (una terza serie, per intenderci), seguita da Dobbiaco, che lo scorso anno militava nella nostra terza serie, la serie C.

Come se non bastasse, la serie A2 non esiste più: le cinque squadre rimaste aventi  diritto, in massa, sono emigrate nella INL austriaca, la serie immediatamente dietro la EBEL, dove milita Bolzano: si tratta di Appiano, Caldaro, Merano, Egna e Gherdëina, tutte in provincia di Bolzano. L’assurdo è che in questa lega austriaca ci saranno solo quattro squadre locali e ben sei slovene, e la vincitrice può andare in EBEL.

Morale della favola: la serie A1 si è ridotta da 10 a 8 squadre (Milano, Asiago, Cortina, Valpellice, Vipiteno, Val di Fassa, Cortina, Ritten Sport), la serie A2 non esiste più, e la serie C è diventata serie B: in pratica, nel giro di una sola serie, si passa dal professionismo al dilettantismo più puro.

I guai non finiscono mai e, infatti, da anni si ipotizza un trasferimento in Svizzera di Milano (i Killer Bees di Varese già da anni militano in terza serie svizzera, la Regio League), oppure nella potente KHL russa (dove trovano spazio squadre dell’ex impero sovietico dalla Lituania al Kazakistan, più una squadra della Repubblica Ceca, una della Slovacchia, e una della Croazia).

I motivi? Ben facili da elencare. Le squadre in questione hanno un buon pubblico, un buon giro di sponsor, sono solide economicamente, ma si ritrovano ingabbiate nella burocrazia italiana incapace di costruire impianti adeguati, e nell’incapacità della Federazione di promuovere una formula vincente, ricca e piena di interesse. Non è un fenomeno raro che, dall’Italia, diversi appassionati si muovano in Svizzera per andare alle partite del Lugano o dell’Ambrì Piotta.

Per quanto si possa credere, questo non è il primo caso nello sport italiano: nel rugby  Benetton Treviso e le Zebre Parma giocano in un campionato, la Magners League, composto da squadre gallesi, scozzesi, e irlandesi (dell’Eire e dell’Ulster).

Anche se, almeno per ora, non coinvolgono l’Italia, pure altri sport hanno i loro campionati multinazionali: nel basket la Adriatic League è il sostituto del campionato della Yugoslavia, con squadre serbe, croate, slovene, bosniache, montenegrine e macedoni; poi c’è la VTB League, col top delle squadre russe, estoni, lituane, lettoni, bielorusse, ucraine e persino della Repubblica Ceca, per non parlare della minore Baltic League.

Tutti questi campionati, ovviamente, hanno uno status giuridico riconosciuto dalle federazioni europee, e danno diritto a partecipare, nella stagione successiva, alle maggiori competizioni continentali.

E il calcio? Per ora la Champions League e l’Europa League bastano a completare la mania di grandezza di molte società coi loro magnati al comando. Ma quanto durerà? La proposta di unire, anche nel calcio, i campionati dell’ex Unione Sovietica sembra essere ben più di un progetto e, anche in Italia, più di qualcuno si è detto favorevole alla possibilità di una futura Super Lega europea, che ridurrebbe i campionati nazionali a dei ridicoli teatrini, svuotati di contenuto e di pubblico.

Quanto successo nell’hockey, anche se non si è appassionati, non deve quindi lasciare indifferenti: che nostre squadre vanno a giocare in campionati stranieri è una cosa di per sé vergognosa, e non è detto che, prima o poi, anche in altri sport dove siamo competitivi, ma le società sono abbandonate al loro destino dal CONI e dalle Federazioni, si decida di seguire la strada tracciata dall’hockey su ghiaccio e dal rugby (due sport su tutti, pallavolo e hockey su pista, per non parlare della vergogna del calcio a 5, ridotto in toto a dilettantismo). Intanto, chi vuole avere notizie delle nostre squadre di hockey, può andare nei siti web della EBEL e della INL. Dimenticavo, sono solo in lingua tedesca.

Stefano Severi, Sport People.