Il contrasto cromatico tra le nuvole in scala di grigi del cielo comasco e l’eterno blu del lago è la prima immagine che si forma nella mia testa, avvicinandomi allo stadio lungo la discesa da Monte Olimpino a Borgo Vico. La partita odierna comincia già dalla visione del paesaggio.

Per me è una prima assoluta, poiché non ho mai visto l’Alessandria e la sua tifoseria.

Le squadre dalla cromia particolare ritagliano sempre un po’ di simpatia nel bambino sfegatato di calcio quale ero io. Il rosanero del Palermo, l’arancio della Pistoiese, il cremisi del Tolentino o il grigio dell’Alessandria, appunto, non lasciano indifferenti.

Non per niente, quando cambiammo il logo di Sport People, Matteo scrisse:” i colori scelti sono neutri e non richiamano nessuna squadra”. Sbagliato! Uno dei pochissimi utenti interessato alla questione rispose: “Non è vero, Alessandria merda!”. Strappando qualche sana risata.

Senza soffermarmi troppo sulla genesi e lo sviluppo della tifoseria piemontese, già trattata in articoli passati di Sport People, posso dire che, tornando ai miei anni di entusiastica giovinezza e dei primi Supertifo, i nomi particolari dei gruppi come Ultras Grigi e Grizzly erano particolarmente evocativi.

Pertanto è con una certa curiosità che mi accingo ad entrare sul rettangolo erboso del Sinigaglia.

L’Alessandria è prima in classifica con 8 punti sull’inseguitrice Arezzo e addirittura 9 sulla quotata Cremonese. Como non è un campo facile: la squadra, piuttosto giovane, sta dando soddisfazioni all’ambiente nonostante il profilo basso di inizio stagione; se i lariani dovessero qualificarsi ai play-off, cosa ormai assai probabile, daranno sicuramente del filo da torcere a tutti.

In Curva Ovest, nella parte destra, si prova a raggruppare il settore delimitando “l’area di presenza” col nastro biancorosso dei lavori. Ciò nonostante, la curva sarà ben lontana dall’essere piena, ma questo è il tipico difetto di tantissimi stadi italiani ormai sovradimensionati rispetto all’effettivo entusiasmo del tifoso verso il calcio.

La verità è che tutti gli stadi andrebbero rifatti con una capienza ridotta di almeno il 50%.

La presenza piemontese si manifesta solo all’ingresso delle squadre in campo, quando entra il grosso del contingente. Gli ultras si posizionano nella parte destra del settore, affiancati dagli amici del Gruppo Andrea Verrina del Genoa; l’affiatamento fra le due tifoserie viene anche cantato dai supporter grigi.

Il numero degli ospiti si può calcolare sulle 500 unità abbondanti. Non una presenza oceanica, ma senza dubbio importante. Inoltre (me ne accorgerò all’unico goal dell’Alessandria), un altro centinaio di tifosi da fuori si accomoda in tribuna coperta.

Tra le due fazioni non corre assolutamente buon sangue. Il feeling burrascoso viene ricordato a suon di cori da ambo le parti.

A livello coreografico, nulla di particolare da segnalare a inizio partita, sebbene entrambe le curve abitate dagli ultras risultino molto colorare, special modo quella dei padroni di casa.

Il Como del primo tempo è una vera macinasassi. La squadra blu non ha nessun timore della corazzata capolista e si butta con cuore e tecnica in avanti. La pressione lariana trova sbocco nel goal di Chinellato al 21°, replicato 6 minuti dopo da Cristiani. Un uno-due in grado di stendere un toro.

In un calcio apatico dove l’esultanza è un optional, consola il cuore vedere l’autentica gioia del Sinigaglia alle due reti marcate Como.

L’incitamento della Ovest, più che di intensità, è fatto di picchi: quando gli effettivi cantano, il boato si sente forte e chiaro in tutti i settori dello stadio. Senza molti fronzoli, i lombardi cavalcano l’onda del loro consueto stile anche se, rispetto ad altre volte, noto una tendenza a mantenere più a lungo determinati cori.

Verso la fine del primo tempo è veramente ben riuscita la sciarpata sulle note di “Oh comasco dal cuore ubriaco”. Un po’ di emozione prima dei giusti applausi di fine primo tempo.

Gli Alessandrini, entrati con un megafono e una percussione che tenta di assomigliare ad un tamburo, partono agguerriti e convinti. Il loro stile mixa cori evergreen con altri più recenti. Il repertorio non è da disprezzare assolutamente. Di ottima fattura le bandiere.

A mancare, nel settore ospiti, è l’unione di intenti ultras-tifoso. Rispetto agli effettivi del settore, a fare la voce grossa è il gruppo posto al centro-destra, mentre il più della spedizione è dedito a seguire la partita con silente interesse. Ciò penalizza e non poco la prova dei grigi: la continuità non manca, ma la rotella del volume verso destra sì.

Nella ripresa l’Alessandria fa sentire il peso effettivo del suo primato e accorcia dopo appena un minuto con Bocalon. Passano 5 minuti e il Como resta in 10 per l’espulsione di Briganti.

Per il tifoso del Como cominciano le paturnie; i due estremi lanciati dal dado del destino sono l’incredibile disfatta e l’impresa epica.

Sostenuta da alcuni picchi dei suoi tifosi, l’Alessandria va a più riprese vicina al pareggio, ma tutti i tentativi si infrangono contro sfortuna, imprecisione e bravura del portiere o della difesa lariani.

La Ovest continua imperterrita a sostenere il suo undici; più l’impresa si avvicina e più il resto del Sinigaglia partecipa con convinzione.

Diciamoci la verità: è raro vedere partite di così vivo interesse sia sugli spalti che, soprattutto, in campo.

Chiaramente gli ospiti, fiutando vicina la preda, aumentano l’apporto in vista di un pareggio che non arriverà mai.

Lo sconforto finale per il risultato avverso ai grigi trova sfogo nella sciarpata finale e negli applausi, comunque e giustamente, per i propri giocatori. La Cremonese ha perso a Piacenza, l’Arezzo ha pareggiato in casa contro la Lucchese, pertanto, almeno per ora, la marcia dell’Alessandria appare ancora molto spedita.

Così come a Crotone qualche ora prima, gli altoparlanti fanno partire le note di “Ma il cielo è sempre più blu”, ballata e canticchiata in massa. Il mio ultimo pensiero, prima di uscire passando per una folata di calore ed una spruzzata di cloro provenienti dalle sottostanti piscine, è: “In fondo, la gente è meglio che non sappia”.

Stefano Severi.