Circa un anno fa, ci apprestavamo ad assistere all’ultima gara aperta al pubblico. Da quel giorno di fine Febbraio, tante domeniche senza calcio e pochissime (due per la precisione) a capienza nettamente limitata. Tra l’altro, secondo il nuovissimo DPCM che entra in vigore in questi giorni, lo stop viene procrastinato di un mese, dunque è verosimile pensare che prima di settembre l’attività regolare non riprenderà.
L’Osservatorio calcistico del CIES ha effettuato una ricerca statistica estesa a 63 campionati sparsi per il mondo. Due i dati messi a confronto: la percentuale di vittorie casalinghe pre lockdown col pubblico (periodo di rilevazione 1 gennaio 2015-31 marzo 2020) e la percentuale di vittorie casalinghe post lockdown con partite a porte chiuse (laddove se ne sono giocate almeno 40), tra l’1 aprile e il 24 agosto scorso. Da questa analisi, il dato generale è che in casa e senza pubblico, statisticamente, oggi si vince di meno.
La contrazione riguarda anche le tv: difatti, secondo degli analoghi studi, da gennaio 2020 (ultimo mese in cui, quantomeno in Europa, non c’è stata alcuna restrizione) all’estate successiva, circa due milioni e mezzo di telespettatori in meno hanno seguito le partite da casa, segno tangibile che, senza tifosi, viene meno quella sorta di tradizione sociale che porta un soggetto a seguire una partita di calcio, che sia in presenza fisica o meno.
Il venir meno del fattore campo ha mutato sensibilmente il modo di vivere il calcio. Ma quando potremo tornare a vedere una partita di calcio, allo stadio? E’ impensabile credere che, prima di una capillare vaccinazione, potremo tornare a vivere, quantomeno a modo nostro, la domenica del pallone. E a voler essere obiettivi e onesti, questo è fisiologico (e giusto) al momento, visto e considerato che ci sono problemi sicuramente più seri da affrontare.
Se si tornerà allo stadio, quantomeno per i primi periodi, aspettiamo di andarci seduti, distanziati, mascherati, e ottemperando a ogni qualsivoglia norma di contenimento. Un po’ come se andassimo a teatro o al cinema. E, dunque, questa pandemia sarà comunque un modo per rendere le gradinate un termometro della legislazione maggiormente repressiva, soprattutto per cercare di assestare un colpo definitivo alla libertà di tifare, cosa che si è tentato di limitare, sensibilmente, già da 20 anni. Un grande rito collettivo è dunque cambiato per sempre? Ai posteri e, probabilmente, all’autunno prossimo, l’ardua sentenza, sperando di poter ritornare a gremire, con passione e colore, i nostri spalti, per tifare, ancora una volta, il nostro Ideale.