Il calcio nei Paesi Bassi è da sempre caratterizzato da alcuni particolarità. In primo luogo è esistito per lungo tempo solo all’interno di un sistemo chiuso ad esclusivo appannaggio di squadre professionistiche che si disputavano i campionati di prima e seconda categoria. Dal terzo livello fino al fondo della piramide calcistica giocavano il resto delle squadre dilettanti in un campionato separato.

Tra le due realtà calcistiche non c’era compenetrazione, né retrocessione né la possibilità di una promozione verso il livello professionistico per le squadre dilettantistiche. Nel dilettantismo le squadre erano distribuite a loro volta in due gruppi distinti per motivi tradizionali e religiosi, molte volte basato sulla provenienza geografica. Uno dei motivi “culturali” riguardava il fatto che tante società non potevano o volevano giocare la domenica, così si ebbe il “campionato di sabato” e il “campionato di domenica” le cui due vincitrici si sfidavano in una finale per decretare il campione di tutti i dilettanti.

In questo modello calcistico (negli ultimi anni un po’ adattato a causa di una ristrutturazione dei gironi) sono nate alcune società abbastanza importanti che hanno (quasi) sempre giocato solo a livello dilettantistico, due di queste situate a Bunschoten-Spakenburg, un piccolo villaggio di pescatori di circa 21.000 abitanti. La più blasonata delle due si chiama Ijsselmeervogels, fondata nel 1932 e il cui nome fa riferimento al vicino mare “Ijsselmeer”. I rossi hanno vinto per la maggior parte di volte (ben 7) il campionato dilettanti. La squadra più vecchia della città è però l’SV Spakenburg: i blu sono stati fondato nel 1931 e hanno vinto 5 titoli dilettanti in totale. Altra curiosità: i due stadi sono situati nello stesso complesso sportivo, hanno la stessa denominazione e lo stesso indirizzo ufficiale (“De Westmaat”) e sono quasi uguali dal punto di vista strutturale. Unico tratto distintivo? Lo stadio del VVIJV è chiamato “lato rosso” e quello dello Spakenburg “lato blu”.

Quando le due squadre sono pronte per giocare il derby, anche la cittadina è divisa alla stessa maniera in due colori, da giorni ovunque si parla solo della partita e come quasi in ogni stracittadina, i biglietti per i circa 7.000 posti sono andati esauriti in anticipo.

Arrivo a Spakenburg circa 3 ore prima del fischio d’inizio, accolto da una giornata di pioggia, tuttavia faccio un giro verso il vicinissimo e piacevole centro storico, con il porto vecchio e tanti bar e ristoranti di pesce dove poter mangiare la specialità locale “Kibbeling con patatine fritte”. Un’ora e mezza prima della partita entro nel “lato rosso” e mi sento subito catapultato ad un calcio di 30 anni fa: niente comfort inutili ma tanti posti sia coperti che scoperti per tutti i gusti, distribuiti in tante tribune e tribunette in parte in tubi di ferro.

Ogni singolo posto, anche in mezzo alle tribune è occupato, un colpo d’occhio davvero raro al giorno d’oggi in certe categorie. L’atmosfera è distesa, non vedo quasi nessun poliziotto. I padroni di casa, situati al centro dei distinti, stanno già preparando la loro coreografia, nel mentre arrivano anche i rivali cittadini, in un piccolo corteo con qualche fumogeno e bandiere. Sono circa 6-700 in totale e si collocano in una tribuna scoperta all’angolo del campo.

Le due tifoserie, come quasi ovunque nei Paesi Bassi e anche in Belgio, si ispirano allo stile inglese del tifo, fatto di cori forti e secchi ma non continui e quasi sempre collegati a quanto avviene sul campo. Tuttavia vedo anche un nucleo di giovani che, almeno parzialmente, tifano in stile italiano con battimani, bandierine in alto e un megafono a coordinare il tutto.

Le squadre entrano in anticipo perché tradizionalmente il fischio d’inizio è sempre ritardato a causa delle coreografie delle tifoserie. Il settore ospiti si colora con tanti coriandoli blu, un gran numero di palloni da spiaggia biancoblu e qualche fumogeno. I padroni di casa presentano un grande bandierone copricurva che pende dal tetto oltre a rotoli filanti rossi. Così come sempre, il fischio d’inizio è tradizionalmente ed appunto in ritardo, sempre senza che gli steward o chicchessia si sogni di alimentare il benché minimo momento di tensione…

Sull’artificiale rettangolo verde la partita è intensa e veloce, le tifoserie sono molto vicine al campo e dopo 15 minuti la gara è brevemente interrotta per l’accensione di qualche fumogeno nel settore ospiti, ma l’arbitro gestisce la situazione senza nevrosi, anche quando ad ogni calcio d’angolo davanti al settore ospiti, la pioggia di palloni da spiaggia verso i giocatori rallenta più volte le operazioni.

Dopo il famoso the caldo negli spogliatoi, lo Spakenburg riesce a riequilibrare il 2-0 della squadra di casa, che ha giocato sicuramente meglio nel primo tempo ma a cui è mancato il terzo definitivo gol del KO e ne ha pagato dazio. La festa più grande è ovviamente nel settore degli ospiti, ma anche ogni singolo spettatore di fede biancorossa applaude e saluta con soddisfazione la propria squadra. Quando i tifosi ospiti si dirigono verso il centro città, inizia la festa dei tifosi dell’Ijsselmeervogels in un palazzetto adiacente allo stadio: anche lo stadio dello Spakenburg ha il suo palazzo e alla fine di ogni derby, viene sempre organizzata una festa per la tifoseria di casa.

Il derby di Spakenburg ovviamente non sarà un derby come i più famosi derby di Roma, Belgrado o Stoccolma ma ne esco comunque contento mentre lascio con la mia macchina la piccola città olandese. Preferisco di gran lunga il calcio in uno stadio dov’è più importante essere vicino alla propria squadra che avere un posto coperto o tutti i comfort a portata di mano. Amo il calcio dove non conta l’architettura della struttura ma conta poter trovare un biglietto per un posto in piedi anche se vedo il campo solo parzialmente, ma con il piacere di vivere la propria con tutto il resto della comunità, persino sotto la pioggia battente. Trovarmi al cospetto di tifoserie e di atmosfera di questo tipo dove, a prescindere da numeri e categorie, la propria storia, le proprie tradizionale, la propria maglia non sono meri beni mercificabili, per me rappresenta l’essenza del calcio stesso, alla pari di qualsiasi altra infuocata stracittadina del resto delle massime categorie del resto d’Europa.

Jürgen De Meester