Quello a cui ho assistito oggi non è affatto facile da raccontare.

Un susseguirsi di emozioni che credevo appartenessero ad un mondo ormai passato e che invece tornano prepotentemente a rimbombare nel presente grazie alla genuinità che solo il calcio, ai suoi primi stadi, sa regalare. Il tanto odiato calcio moderno finalmente sopraffatto da un calcio più popolare. Soldoni e sporchi interessi messi da parte; solo amore, passione e attaccamento ai propri colori.

E poi ci sono loro, i tifosi. Coloro che pagano, in ogni disfatta, sempre il prezzo più alto.

Da un lato gli ultrà del Martina, costretti a subire l’ennesimo fallimento societario e vedersi catapultati, nonostante la salvezza conquistata sul campo, dalla Lega Pro alla Prima Categoria.

Dall’altro gli ultrà del Mola, costretti a veder emigrare il titolo di Eccellenza nella vicina e odiata Noicattaro, e quindi ripartire con una nuova società, questa volta tutta molese.

Realtà differenti ma destini assai simili. Paradossalmente, in entrambi i casi, il fallimento ha giovato.

Nel “capoluogo” della Valle d’Itria, nonostante il disastroso fallimento e il drastico passaggio dai professionisti al calcio di provincia, si è riacceso l’entusiasmo, tant’è che i numeri registrati finora, sia in casa che in trasferta, sono letteralmente da capogiro.

Stessa sorte toccata alla città in riva all’Adriatico, con il Caduti di Superga tornato finalmente a ruggire dopo anni di alti e bassi nei quali si è anche rischiato di far scomparire definitivamente il gioco più bello del pianeta.

Tanti, troppi ingredienti che hanno reso il match odierno un misto di impressioni uniche ed indimenticabili. È bastato alzare un attimo lo sguardo, scorrere rapidamente da sinistra a destra quell’immensa gradinata colma di gente festante. Poi girare lo sguardo ancora più in là, verso la parte riservata agli ospiti, e ammirare anche li un settore zeppo all’inverosimile. È bastato godersi la splendida fumogenata iniziale, assaporare per pochi istanti quell’aria acre che ha da sempre contraddistinto la spensieratezza di un calcio andato. È bastato poco, forse un attimo, per capire che oggi ha vinto la passione, la semplicità, il calcio che tutti amiamo, fatto di pochi spiccioli, cuore e tanto sudore. E così deve essere. Sempre.

“Credo che nel calcio moderno, storie così, non dovrebbero neanche esistere. Ci educano a vincere e ci cambiano le abitudini dicendoci che è per i bilanci e la pianificazione e si dimenticano invece troppo spesso di dirci che il calcio è semplicemente un gioco. Perché non importa quali bandiere sventolate, qual è il simbolo che vi rappresenta, in quale categoria gioca la vostra squadra. Il calcio è semplicemente un gioco. Un gruppo di ragazzi che rincorre una palla e uno stadio pieno che tifa perché quella palla entri in una porta. Il calcio è un gioco in cui si può anche perdere e sentirsi vincitori perche nel calcio è il “priscio” l’unica cosa che conta, basta questo per non poter fallire mai! (Tratto dal film-documentario “Una meravigliosa stagione fallimentare” di Mario Bucci).

Antonio Vortex