Per questa domenica di fine febbraio, dato che ho scelto di vedere l’importante gara di Serie D a Viterbo tra la compagine locale ed il Grosseto, decido di partire ugualmente presto nonostante la relativa vicinanza. Obiettivo è quello di gustarmi dal vivo una partita in categorie inferiori e ricercare quell’atmosfera più familiare, in un ambiente certamente lontano dai riflettori e soprattutto dagli “idoli” che scendono in campo nelle categorie superiori e che a malapena accennano un saluto.

Proprio a Viterbo c’è la partita di prima categoria tra il Pianoscarano (storica squadra di un quartiere di Viterbo nata nel lontano 1949) e la seconda in classifica, il Capranica, un paesino di oltre 6 mila abitanti in provincia di Viterbo.

Arrivo una ventina di minuti prima dell’inizio della partita ed entrando in campo noto proprio quell’atmosfera particolare che cercavo. Sfondo del terreno in terra battuta, reso molto allentato dalla pioggia caduta per tutta la giornata di sabato e righe del centrocampo fatte al momento.

Il Pianoscarano è una squadra composta da ragazzi per lo più giovani; il più anziano è del 90 ed il più piccolo è classe 98 e siede in panchina. Gli avversari del Capranica invece hanno allestito una squadra che mira a vincere il campionato ed ha puntato su giocatori di spessore per la categoria con la punta di diamante Enrico Polani, giocatore classe ’80 che esordì nell’allora C1 con la Lodigiani, squadra di Roma che fece innamorare molti appassionati, giocando poi diversi anni e con diverse squadre in C1 e C2.

Per completare il tutto vedo che dietro ad una porta, e più specificamente di lato alla stessa, ci sono una decina di ragazzi con tanto di striscione e bandiere che supportano la squadra locale. Per gli ospiti nessun tifoso al seguito, peccato perché due anni fa un gruppetto che seguiva le sorti del Capranica esisteva.

Le squadre entrano in campo accompagnate dall’arbitro (essendo una partita di Prima Categoria non ci sono guardalinee) e si schierano a centrocampo con i tifosi locali che accendono un paio di fumogeni oltre a sventolare bandiere, cosa che faranno con discreto seguito pure durante il match.

La partita inizia ed è subito battaglia su un terreno dove è difficile reggersi in piedi. Contrasti e falli sono all’ordine del giorno e gli ingredienti per assistere ad una bella partita ci sono tutti, con l’allenatore del Capranica che fuma nervosamente in piedi davanti alla panchina facendo su e giù, ma dispensando consigli e parole poco colorite ai suoi giocatori quando sbagliano. La differenza di valori in campo ben presto si nota e gli ospiti cominciano a conquistare terreno finché, intorno al ventesimo, il Capranica passa in vantaggio con un tiro da fuori, per poi raddoppiare una decina di minuti più tardi.

Il pubblico è quantificabile sull’ottantina di unità e i tifosi comunque fanno partire qualche coro per i loro beniamini, che vanno al riposo sullo 0-2. In pausa mi faccio una bella chiacchierata con un dirigente del Capranica che mi parla del presente e del suo personale trascorso nelle squadre dove è passato.

Finito il quarto d’ora di riposo riprendo la mia posizione in campo e durante le sostituzioni presto la mia penna ai dirigenti di tutte e due le squadre per segnarle su un pezzo di carta che l’arbitro aveva chiesto, in più il dirigente del Pianoscarano mi dice scherzosamente di riscaldarmi con la promessa di farmi entrare in campo.

Il Capranica segnerà altre due reti, entrambe su rigore, e la partita terminerà sullo 0-4. I tifosi di casa nella seconda frazione si faranno sentire a tratti e comunque, al fischio finale, nonostante la sconfitta, applaudiranno lo stesso i propri giocatori, accorsi a salutarli sotto al settore.

Finita la partita scambio qualche altra parola con dirigenti e giocatori per poi passare ai saluti finali, comunque soddisfatto per la mattinata passata in una partita lontana anni luce dalla nostra Serie A, dal suo business sempre più dominante che sta facendo allontanare e disinnamorare ogni anno quanti consideravano il calcio un gioco “popolare” quale evidentemente non è più.

Esco dal cancello e comincia a piovere, salgo in macchina e faccio i circa 3 chilometri che mi separano dall’Enrico Rocchi per assistere a Viterbese-Grosseto…

Marco Gasparri.