FutbolNoEsSexoTelefonicoAgli sfarzosi proclami e alle roboanti promesse siamo ormai abituati. Per quanto fastidiosi ed irritanti, la loro presenza è totale. L’indolenza della quale si rivestono è soltanto un mezzo per tediare le menti e per distogliere dall’utilizzo di un senso critico che svegli le coscienze dal sopito ronfare. Il problema, oggi, è che lo scopo per cui erano state concepite sia drasticamente mutato, acquisendo tonalità terribili e destabilizzanti. La propaganda contemporanea non si occupa più di accaparrarsi soltanto consensi in modo meschino e contenutisticamente blando, ma “educa” alla perversione del guadagno, rendendo anacronistico qualsiasi valore e tramortendo le tradizioni. Così, divide et impera il Leviatano del quattrino: persuade le masse, le illude con consumata retorica, le addestra alla competizione, le pone in conflitto, tende a far agognare guadagni e successo e fra i rottami della guerra dei poveri, danza maligno e consapevole d’essersi ingrassato lucrando. Occhio: la sublimazione è di sistema, sfiora ogni ambito della quotidianità ed è spietata.

Il calcio, quindi, non potrebbe mai risultare entità sconosciuta per i guasconi in giacca e doppiopetto, consuetamente attenti a non lasciarsi sfuggire alcuna occasione per incrementare i propri fatturati. L’espediente perché questo accada, senza che nessuno gridi allo scandalo, è figlio di un’efficace manovra di strutturazione pubblicitaria, che mira ad intercettare – nella forma – la sensibilità dell’utenza, per mercificare – nella sostanza – le passioni. In un convulso di propositi, il signorotto dell’ultima ora rende inerme qualsiasi voce contrasti l’omelia della mercificazione, lasciando che la logica della finanziarizzazione pervada anche la sfera emozionale. Tutto in nome del profitto, tutto a ragione del guadagno scriteriato. Hai voglia a convocare le famiglie allo stadio, nella più melliflua delle propagande opportunistiche! Approfittando della latitudine delle loro scrivanie, i Padrini del pallone falsamente pontificano la vera essenza del Calcio nell’emotività che solo il pubblico riesce a trasmettere. Salvo, poi, contravvenire con cenni di capo ben celati dalla propria ipocrisia. Come d’incanto, il listino prezzi di disparate gare lievita inderogabilmente e l’auspicio di porre rimedio rasenta l’impossibile.

Ultima, in ordine di tempo, è la strategia della dirigenza dell’Inter di raggelare i propri sostenitori in vista della Stracittadina del prossimo 19 aprile. Un prezzario oltre qualsiasi prospettiva di spalti colmi e di visceralità al comando. E sembra di ascoltare il riecheggio delle aspettative di Thohir, di Ausilio e di Fassone, di un San Siro gremito e brulicante… Quasi come se un medico si augurasse la guarigione di un suo paziente indigente, proponendogli la somministrazione di palliativi costosissimi. Se non navigassero quotidianamente in una pozzanghera di autoreferenzialismo, sarebbe interessante domandare ai potentati economico-finanziari di questa deprimente categoria d’affari se credano nelle baggianate che regolarmente accompagnano le loro attività. Ed ancora se ritengano legittimo che il settore popolare – quale solo catalizzatore di vendite – sia ostaggio di cifre proibitive, tali per cui un nucleo famigliare mono-salariale non possa permettersi di regalare ai figli una domenica alternativa e salutare. E noi, un po’ per amore, per ingenuità, o probabilmente per innocenza, fingiamo sempre di credere che il calcio sia la parafrasi sensazionale di un forsennato vortice di emozioni, racchiusa in un sogno di ambizioni, di tradizione e di cultura popolare. Forse è meglio continuare a vivere di spensierata illusione: tanto, è solo nostalgica memoria. Almeno, ci resta quella.

Alex Angelo D’Addio.