Peccato. E’ forse il termine più corretto per descrivere questa domenica del Matusa. Peccato per quello che poteva essere ma non è stato. Assieme alle gare contro le tre grandi del Nord, quelle con Roma e Lazio erano certamente le più attese all’ombra del Campanile. La distanza irrisoria, la vicinanza, ma anche le tante differenze di cultura e tradizioni, che i ciociari tengono a rimarcare, facendosi scudo di chi da fuori li accomuna con troppa semplicità agli abitanti dell’Urbe, erano il menu adatto per un pranzo nuziale.

Ingredienti buoni e genuini per una domenica ricca di spunti, che tuttavia ha preso una piega diversa. Beffardamente mi ritrovo ancora a dover fare cronaca anziché un sano resoconto sul tifo e sui comportamenti dei supporter. Del resto, come successo con la Roma, le premesse non sono le migliori. Limitare la vendita dei tagliandi ai soli residenti nella Capitale rientra appieno in quel quadro di regressione socio/culturale di cui l’Italia pallonara (e non solo) si rende protagonista da diverse stagioni. Pedissequamente a ciò si collocano i grotteschi appelli della Questura frusinate, che sottolineano come chiunque osi avvicinarsi allo stadio senza titolo d’accesso sia sommariamente punibile con la diffida.

Schermaglie dialettali. Spauracchi mediatici, è ovvio. Dato che in punta di diritto è ancora difficile punire qualcuno che si avvicina a un luogo pubblico senza biglietto (se questo ovviamente non provi ad accedervi forzatamente). Sta di fatto che quando si gonfia un evento, anziché gestirlo normalmente come dovrebbe essere, si rischia sempre che qualcosa vada storto.

Basti pensare a quelle file interminabili fuori alla Nord e ai Distinti. Centinaia di tifosi incanalati tra le strette e pericolosissime serpentine, con il rischio di ammassarsi sempre più e sentirsi male. Se c’è una cosa che mi manda in bestia di questo ridicolo “sistema Italia” è questa: non si è capito che nei luoghi sovraffollati c’è bisogno di spazio vitale. E sì che la storia recente dell’essere umano è piena di tragedie causate da angusti rendez-vous senza uscita alcuna in caso di eventuali problemi. No, da noi ovviamente si aspetta che prima qualcuno ci lasci le penne per poi, forse, intervenire. Anche se, sono pronto a scommetterci, i nostri fantastici gestori sarebbero capaci di triplicare barriere e tornelli in nome della sicurezza.

Parlavamo delle code. E’ proprio da là che nasce il parapiglia nei pressi della Curva Nord. Senza ricorrere alle esagerazioni cui hanno fatto utilizzo improprio determinati pulpiti (che peraltro hanno dovuto immediatamente rettificare), è chiaro come l’imbuto venutosi a creare e volontariamente non reso più scorribile da steward e polizia, ha fatto montare la rabbia della gente, iraconda un po’ per il soffocamento, un po’ per la certezza di perdere parte del primo tempo. Era marcatamente udibile il grido di rabbia di molti tifosi nei confronti delle pettorine gialle, accusate di troppo zelo in fase di filtraggio. Così, una parola tira l’altra, i nervi sono scoppiati e ne sono scaturiti alcuni attimi di tensione.

Ora, noi possiamo semplicemente raccontare ciò che abbiamo visto in merito alle persone accalcate. Leggiamo i comunicati della Questura e cerchiamo di informarci. Come sempre la verità sta nel mezzo. Se da una parte si accusano alcuni tifosi di aver forzato i cancelli per entrare senza biglietto e viene arrestato un ragazzo perché in possesso di un fumogeno e di un coltellino, dall’altra non si raccontano le modalità, forse troppo esagitate, con cui è avvenuto il fermo dello stesso e che lo hanno portato a un pesante ferimento. Se chi infrange le regole deve pagare, è altrettanto vero che chi le deve far rispettare non possa sempre e comunque abusare del proprio ruolo usando inutile violenza in un contesto in cui certamente il ragazzo non poteva scappare.

Questo è un concetto base per la convivenza civile. Ci si chiede troppo spesso perché le curve, i manifestanti ma anche molti cittadini nella vita quotidiana, non vedano di buon grado gli uomini in divisa. Occorrerebbe rimembrare casi come questi, dove a una situazione tranquillamente gestibile (comunque alimentata e foraggiata da modalità d’ingresso allo stadio non accettabili neanche nello Zaire di cinquant’anni fa) si antepone per forza il muscolo. Ce n’è davvero bisogno? Non crediamo.

E’ un circolo vizioso, chiuso da un certo tipo di stampa poco avvezza a procurarsi la notizia, indagare e controllare le fonti. Così, nelle ore che hanno succeduto i fatti si è letto di tutto. Addirittura che il tifoso fosse in possesso di lacrimogeni. Va sottolineato come il ragazzo nella mattinata di oggi sia stato scarcerato anche e soprattutto grazie ai suoi legali, bravi nel dimostrare come il coltellino non avesse fini atti ad offendere, ma fosse stato ingenuamente portato all’interno dello stadio per scopi coreografici (tagliari gli striscioni). Così come i fumogeni volessero soltanto festeggiare eventuali gol della compagine di Stellone. Ce la facciamo, una volta per tutte, a riportare la verità al centro e cercare di analizzare i fatti, invece di scadere nel solito tono scandalistico per aizzare la celeberrima Massaia di Voghera?

Noi, che eravamo sul posto, ma che non abbiamo potuto assistere a tutti i fatti (non abbiamo ancora il dono dell’ubiquità) abbiamo cercato di ricostruire i fatti nella maniera più neutra possibile.

Logica conseguenza di tutto ciò è stata dapprima lo sciopero di 20′ da parte della Nord e poi, dopo l’intervallo, il totale abbandono del settore una volta avuta la certezza dell’arresto di un loro compagno. Un atto fraterno, di solidarietà verso il tifoso arrestato e sintomo di come ormai la domenica fosse stata rovinata per i ragazzi che generalmente animano il tifo canarino e che, non va dimenticato, assieme al restante pubblico del Matusa, sono forse una delle principali fonti di punti per una compagine che sinora deve anche e soprattutto al proprio stadio il poter essere ancora in piena lotta per non retrocedere.

Tanto per far capire con quale clima fosse stata preparata la sfida, abbiamo raccolto anche la testimonianza di diversi tifosi laziali che ci hanno parlato di code e problemi nel far accedere striscioni e materiale nel settore ospiti. L’esasperazione, si sa, non porta mai a conseguenze congrue a uno spettacolo che dovrebbe essere fondamentalmente divertente. Soprattutto in un’occasione storica come questa. Se e quando si avrà l’intelligenza di comprenderlo, agendo di conseguenza, avremo forse quell’evoluzione antropologica che tanti si mettono in bocca, ma pochi sono disposti a barattare con l’arroganza e le negligenze di un ordine costituito sempre più autoreferenziale e poco disposto alla suddetta evoluzione. Dal Matusa è tutto.

Simone Meloni