Il 4 Agosto 2017 veniva redatto il Protocollo d’Intesa, un rinnovato modello di gestione degli eventi calcistici, in grado di realizzare la finalità “Calcio = Passione, Divertimento, Partecipazione”, o almeno cosi veniva sottoscritto dai firmatari, tra cui FIGC, Osservatorio, Leghe Calcio, Ministero degli Interni e dello Sport. Tra gli effetti più considerevoli ed immediati, la possibilità di andare in trasferta anche per chi è sprovvisto della Tessera del Tifoso. Cambiamento non da poco quest’ultimo che, in una determinata misura, ha contribuito a quel +10% di spettatori negli stadi nella stagione 2017-2018.

Quello stesso protocollo introduceva però anche altre novità ed una di queste, a breve, la potremo toccare con mano: il “Codice Etico”, una lista di regole che la nostra società ci “invita” ad osservare, parente stretto del “Regolamento d’Uso dello Stadio”, già in vigore e che “implicitamente accettiamo ogni volta che acquistiamo un biglietto o un abbonamento”. Entrambi ci spiegano come dobbiamo comportarci, ed entrambi prevedono delle sanzioni per chi non rispetta le regole. La differenza è che per quanto riguardo il Regolamento d’Uso dello Stadio chi sanziona è la pubblica autorità, mediante multe e/o D.A.SPO., mentre per il Codice Etico è la società di calcio, mediante espulsioni dall’evento e rifiuto di vendita di uno o più biglietti successivi. Ecco come il tifoso, che proprio a causa delle eccessive e repressive burocrazie via via introdotte si era allontanato dallo stadio, viene nuovamente vessato.

La Sampdoria ha appena divulgato il proprio Codice Etico, che differisce, fortunatamente, da quelli che siamo andati a leggere non appena questa procedura è stata messa in pratica. I documenti già emessi da alcune società di Serie A (es. la Fiorentina, Roma… ) ed in parte anche il “nostro”, presentano molte cose discutibili.

Innanzitutto si incarica la società di identificare i valori di una tifoseria. In che modo società ormai spesso e volentieri totalmente sradicate dal contesto storico e sociale della piazza in cui operano, amministrate da organici “assemblati” per scopi puramente economici, proprietà di persone provenienti dalle nazioni più disparate, che per ovvie ragioni non possono conoscere la radici culturali delle nostre curve, possono identificare i valori di una tifoseria e dettare le linee guida cui si deve ispirare?

Inoltre troviamo ancora riferimenti a sanzioni per aver occupato un posto diverso da quello assegnato, sebbene il patrimonio del tifo all’italiana sia innegabilmente costituito di settori popolari in cui intere comunità si ritrovano a fare il tifo per la propria squadra, senza le barriere sociali che contraddistinguono la vita di tutti i giorni; sanzioni per comportamenti minacciosi, quando è chiaro che se nell’ambito di uno sfottò mandiamo affanculo una tifoseria non costituisce minaccia alcuna e non è quindi giustificata la persecuzione che ne segue; sanzioni per comportamenti tenuti addirittura anche al di fuori del contesto stadio, ad esempio durante pubbliche manifestazioni. Sanzioni, sanzioni, sanzioni.

Stavamo andando nella giusta direzione grazie all’apertura delle trasferte e ci ritroviamo, purtroppo, a dover registrare un notevole passo indietro, che temiamo recherà non pochi danni.
 C’è alla base una teoria sbagliata che intende il calcio come un semplice show, e non quel complesso intreccio di sport, passione popolare e sentimenti radicati nella comunità che è in realtà, e che erige, di conseguenza, la società di calcio a “padrona di casa”, dandole poteri repressivi che, siamo sicuri, renderanno la pratica ancor peggio della teoria stessa, una volta applicati. Tutto ciò a causa dell’ennesima circolare calata dall’alto senza aver cercato il minimo confronto con chi ne subirà le conseguenze, ovvero i tifosi che, per essere dei clienti, ricevono la solita considerazione zero. L’auspicio è che questo provvedimento venga congelato in attesa di un confronto costruttivo, utile a ridisegnare i confini di tutta questa faccenda in modo da tutelare i tifosi.