Non delude, non è mai scontato, non annoia, non si ripete mai alla stessa maniera.

Lugano e Ambrì Piotta, a causa del fitto calendario del campionato svizzero di hockey su ghiaccio, durante la regular season si incontrano almeno (perché ci potrebbe anche essere un incrocio nella post-season, come accaduto in passato) sei volte.

Eppure, come ci appassioniamo a serie televisive che talvolta superano il decennio, essere spettatore di un derby del Ticino resta sempre e comunque un’esperienza coinvolgente. È meglio se non perdi mai una puntata – perché tra l’una e l’altra c’è un continuum narrativo – ma a volte anche un singolo episodio può generare piacere e divertimento.

Dopo quello ad Ambrì, per me è la seconda straticinese della stagione, mentre, se non sbaglio, questo dovrebbe essere il terzo incrocio dell’anno agonistico tra bianconeri e biancoblu, il secondo alla Resega.

Non mancano le novità, almeno per me, a causa della mia forzata assenza da questi lidi nei mesi passati.

Come già riscontrato ad Ambrì, anche il Lugano ha optato per restringere la capienza del suo settore per allargare l’adiacente Curva Lago, dove trovano posto dei ragazzi giovanissimi con lo striscione “Ultras” che, tuttavia, si limitano ad assistere alla partita e a qualche sventolio.

Ovviamente, a chi interessa la sfida dei gradoni prima di quella sul campo, dispiace. Ci si chiede quanto valga la pena diminuire lo spazio per i tifosi da fuori, se poi il vicino settore locale non si riempie neanche in occasioni come questa.

La Resega, infatti, al contrario di altre occasioni, in questa serata di derby non è piena. Un fatto assai inconsueto. A sfavore giocano sia il lunedì lavorativo, sia il campionato altalenante dei bianconeri.

Se Atene piange, Sparta non ride. Peggio. L’Ambrì sta passando una stagione nera, sempre più ultima in classifica e con un digiuno di vittorie da ormai diversi, sicuramente troppi, turni.

Il settore ospiti si riempie lo stesso (anche se, a occhio, non posso giurare sul tutto esaurito), mentre la Curva Nord è praticamente al completo già un’ora prima della partita, quando faccio il mio ingresso a bordo pista.

Il fatto che le curve ci siano e col loro miglior entusiasmo è già una risposta importante. Non tarda ad arrivare l’ingresso della GBB e la continua sinfonia di sfottò dall’una e dall’altra parte.

Simpatico il siparietto causato da una forse eccessiva lentezza nel montaggio dello striscione della Gioventù, accompagnato a più riprese da un “Oh issa” della Nord.

Da segnalare il tifo incessante degli ospiti durante tutto il prepartita, nonostante il volume alto del service audio-video.

Il derby è fatto da quei riti difficilmente mutabili e che strappano regolarmente un sorriso all’angolo della bocca: quando il sipario, rappresentato dal telone della Curva Nord, si alza, vuol dire che si sta preparando la coreografia. Ad Ambrì è lo stesso ogni volta. Do una veloce sbirciata da dietro ma intuisco solo qualcosa.

La presentazione all’americana, per quanto da me osteggiata, ammetto che non risulta eccessivamente dannosa nel contesto hockeystico: la coreografia dei bianconeri appare prima a luci spente, poi soffuse e infine a pieno colore.

Tra l’altro, una coreografia può accendere un po’ di curiosità culturale. Sapete cosa significa il “Luga” che appare nello stemma cittadino e nei drappi delle curve dell’hockey e del calcio? Un po’ tutti risponderanno “sarà il nome antico della città”. Esatto, ma perché proprio Luga, anzi LUGA? Esso dovrebbe essere l’acronimo di Legio V (quinta) Gaunica Auxiliares, una legione ausiliaria romana stanziata presso l’attuale Lugano e che avrebbe costituito il primo nucleo abitato.

In realtà, sul nome Luga ci sono state varie dispute, e alcuni hanno persino screditato l’origine derivante dalla storica divisione romana. I tifosi di casa vanno comunque fieri di questa interpretazione e la ripropongono con forza e orgoglio.

Su sponda Ambrì, invece, fa sempre piacere vedere il “vecchio” (qualcuno oggi direbbe “vintage”) ma fascinoso Geronimo campeggiare sul bandierone calato ad inizio partita. Lo striscione “Onorate la maglia, rispettate la storia” non fa altro che rispecchiare l’attuale momento difficile del club.

Inizia la contesa, tifo a mille dall’una e dall’altra parte. Dopo appena due minuti Monnet fa esplodere di gioia il settore ospiti, che però viene gelato dopo appena 23 secondi di cronometro grazie ad un tiro preciso di Fazzini. 1-1 e puck al centro.

L’Ambrì sembra in serata, il Lugano un po’ contratto. Le curve si agitano, urlano, cantano, sventolano senza un attimo di sosta. Dopo 6 minuti Hirschi sfrutta una buona azione collettiva e ribalta il punteggio. Nuova esultanza bianconera e vecchi fantasmi in casa biancoblu. Ma niente paura, in partite come questa il tifo è un servizio garantito anche in caso di asfaltamento dell’una o dell’altra squadra.

Senza ulteriori scossoni si va al riposo e si dà il via alla prima serie di striscioni, tutti di marca luganese. “Arriva il Knie (storico e popolare circo svizzero, ndr) arriva anche la GBB… casualità?” recita il primo. Il secondo è un sequel e dice direttamente “Pagliacci”. Piccola curiosità: uno dei pagliacci del Knie è stato arrestato il giorno dopo, al termine dell’ultimo spettacolo della tournee per reati contro la persona. Nulla di legato al circo Knie e la proprietà ha preso le distanze. Ma lo striscione della Nord non ha portato molta fortuna.

Un altro striscione viene esposto, ma di tenore diverso: “Raphael keep fighting”, dedicato al padre del coach del Lugano, alle prese con una grave malattia.

Come nel primo periodo, l’inizio è di marca Ambrì, che con un po’ di fortuna pareggia al 22°. Gli ospiti danno veramente l’impressione di mettere il cuore oltre l’ostacolo, ma il Lugano è squadra esperta e sorniona, sempre pronta ad approfittare delle sviste altrui. Così, complice il di solito impeccabile portiere leventinese, al 31° il Lugano si riporta avanti. Altra bella esultanza in mezzo ad un mare di tifo su entrambe le sponde.

Altro intervallo, altro striscione dei luganesi per i cugini: “GBB, una core con le fiamme per una società che va in fumo”, riferito allo spettacolo inscenato dalla Curva Sud nell’ultimo derby (a proposito di saga, di cui parlavo precedentemente).

Ad inizio terzo tempo è la Fossa ad alzare il suo messaggio, composto in due parti. Purtroppo la visuale non è perfetta, si intuisce un “Anche di Lunedì” ma non il resto, mentre lo striscione successivo recita, con molto ermetismo, “Ambrì merda”.

L’ultima frazione è quella dello sprint finale, per squadre e tifoserie. Certo, difficile, per entrambe le fazioni, superare i limiti dall’asticella veramente molto alti.

Il ghiaccio dice ancora Lugano, nonostante l’Ambrì sembri giocare la partita della vita: al 45° un’altra ingenuità difensiva costa il 4-2 bianconero firmato Fazzini. Partita finita? Macché. Al 50° i leventinesi materializzano il minimo sindacale per quanto prodotto.

Sul 4-3 cominciano dieci minuti di passione per il Lugano, specie nei minuti finali quando l’Ambrì toglie il portiere per giocare in extra power play. Ci vuole veramente tanta sofferenza prima che, nei secondi finali, Lapierre mette il sigillo finale a porta vuota, con la Resega che viene giù.

Parte la Montanara, ma non dalla parte che ti aspetti: come da rito, anche i bianconeri alzano le sciarpe e intonano, con scherno, lo storico canto di vittoria della tifoseria biancoblu. Un fumogeno rosso fa capolino ma dall’altra parte non si è da meno, con una torcia accesa e cori continui, specie contro i rivali.

Vedere un derby del Ticino non nuoce alla salute e regala il buonumore. Non ha controindicazioni ed è consigliato ad ogni età.

Stefano Severi.