Se in passato mi avessero detto che in un futuro non molto prossimo avremmo giocato contro l’Hellas, probabilmente sarei potuto svenire dall’emozione. I sogni spesso si avverano, alcune volte però solo a metà: oggi giochiamo sì contro l’Hellas, ma Taranto, un ibrido tra il glorioso Hellas Verona e il blasonato Taranto 1927. Purtroppo questo passa per il convento.

Come ogni partita, almeno quando giochiamo in casa, le mie foto le faccio in due tranche: appena le squadre scendono in campo e quando ritornano sul prato verde, proprio lì “dove nascono speranze” ma soprattutto illusioni.

Dopo un noioso primo tempo, chiuso su uno scialbo 0-0, rassegnato all’ennesimo pareggio torno a fare il mio dovere di “inviato” per Sport People. Quando decido di riporre nel mio zainetto la macchinetta, Berardi la butta dentro: gioia, delirio, goduria, sano divertimento. In tanti anni di stadio non mi era mai capitato di esultare in campo: corro verso i miei beniamini, mi butto nel mucchio, abbraccio Di Senso, che per me è più forte di Iniesta o Pirlo. Adesso tutti cercano i meriti del gol, c’è chi pensa che aver cambiato posto sui gradoni abbia avuto un ruolo determinante per le sorti della partita, altri pensano che il solito Borghetti tra primo e secondo tempo sia stato l’antidoto giusto, io invece voglio credere che il dodicesimo, cioè il sottoscritto, scendendo in campo abbia spinto quella palla dentro.

Finalmente la squadra gioca in scioltezza e segna altri due gol, uno in sospetto fuorigioco, ma a me, come al resto del pubblico, interessa poco quanto niente.

A fine partita si festeggia una vittoria importante, vitale, che ci consente di sperare ancora nei play off.

Michele D’Urso.