12394415_10153256430597944_556355760_oQual è il confine tra sicurezza e abuso di potere? È labile e facilmente varcabile, persino giustificabile in virtù di una società che si fa sempre più chiusa e tendente al terrore, dettato appositamente da chi muove determinati fili e propagato con sapienza dai media, perfettamente supini e ammaestrati a taluni poteri. Qual è il confine tra raziocinio e indecenza? Probabilmente è lo stesso che intercorre tra i primi due concetti, con la variante che il ripudio dell’indecenza dovrebbe essere un “sentimento” comune a molti esseri umani, soprattutto quando si parla di determinati argomenti: morte, lavoro, rispetto. Potremmo continuare fino all’indomani, ma è meglio contestualizzare i fatti.

Sappiamo bene quanto Roma sia diventata, ormai, una città totalmente gestita dalle forze di polizia. Una sorta di prova generale per il commissariamento militare di una nazione. O almeno così sembrerebbe. Con a capo personaggi “sceriffeschi”, del calibro di Franco Gabrielli, con la sua gestione dello stadio, e non solo, che fa discutere ormai da mesi. Da mercoledi lo sanno bene anche i tifosi spezzini, sfortunati protagonisti di due episodi che hanno come leitmotiv la repressione e l’esasperazione dei controlli, a margine di una partita tranquilla e di un clima di festa con cui i supporter liguri hanno affrontato la storica gara dell’Olimpico, che li ha visti poi trionfare ai rigori e accedere ai quarti di finale della Coppa Italia.

Il primo, deplorevole, accadimento riguarda un qualcosa avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì, quando alcuni tifosi romanisti hanno realizzato, in zona stadio, una scritta in ricordo di Ramon Bertucci, storico ultras delle Aquile scomparso nel maggio scorso. Ramon era celebre nella città ligure, per esser stato alla guida della Curva Ferrovia in quegli anni anni ’80/’90 che hanno visto i tifosi spezzini scorrazzare in giro per tutta l’Italia e rivaleggiare nei caldissimi derby con Pisa, Livorno e Carrarese. Un gesto bello. Condivisibile. Che avrebbero voluto mostrare al popolo spezzino il giorno successivo. Ma il condizionale è d’obbligo. Al mattino seguente la scritta era stata prontamente cancellata dallo zelante servizio d’ordine dello stadio Olimpico, così ai tifosi non è rimasto che poggiare malinconicamente un mazzo di fiori al di sotto di ciò che ne restava visibile.

Un gesto che in molti hanno definito di cattivo gusto e di ennesima, ingiustificata, rappresaglia e provocazione. Perché tutta questa solerzia nel far sparire una scritta non offensiva, e peraltro realizzata su un pannello removibile, in ricordo di una persona defunta? Veramente Questura e Prefettura di Roma pensano che attuando una simile politica di tolleranza zero, anche nei confronti di un gesto nobile, riusciranno a riportare le persone allo stadio? Intanto i 5.000 spettatori di mercoledi la dicono lunga su come il il rapporto tra tifosi capitolini e accessibilità agli spalti sia ormai ai ferri corti. La vergogna poi, perché di vergogna si deve parlare, è che in una città quotidianamente stritolata dai rifiuti, dall’incuria e dalle perenni pessime condizioni di strade e mezzi pubblici, la prima cosa cui si pensi sia mostrare i muscoli e il pugno di ferro nei confronti dei sostenitori di calcio.

E non finisce certo qui. Perché a dare il benvenuto ai tifosi spezzini ci hanno pensato, manco a dirlo, le cervellotiche e dispotiche misure di sicurezza imposte e foraggiate dal Prefetto Gabrielli. Buona parte dei pullman, in particolar modo quelle dei gruppi della Curva Ferrovia, sono stati fermati sull’A1, poco prima dell’uscita per Roma. I torpedoni sono stati minuziosamente perquisiti, con tutti i tifosi costretti a scendere, vedendosi sequestrate bottiglie e contenitori in vetro, oltre al controllo di biglietti e tessera del tifoso. Una volta ripartiti, le volanti ne hanno rallentato la marcia, obbligando buona parte dei tifosi ad accedere tardivamente allo stadio. Nonostante fossero tutti muniti di regolare tagliando d’accesso e non ci fosse nessuna rivalità con la tifoseria romanista, peraltro assente all’Olimpico dall’inizio di questa stagione. Ai tornelli – come denunciano alcuni tifosi – il solito, indegno, balletto delle perquisizioni corporali, con palpeggiamento delle parti intime e obbligo di togliersi le scarpe.

Insomma, Roma continua, volontariamente, ad essere la frontiera estrema della repressione e dell’uccisione di qualsiasi velleità passionale che si avvicini a uno stadio o pensi lontanamente di metter piede in una gradinata con fare ludico. Ma anche l’esempio massimo di quanto il potere possa esser spregevolmente indirizzato per calpestare sentimenti e gesta che meriterebbe invece il giusto risalto, o quanto meno il dovuto rispetto.

Simone Meloni.