Storia che arriva dalla Scozia ed è a suo modo singolare, e anche bella per certi versi, perché in Italia, per lo più, ad allenatori e giocatori batte allegramente dove non batte il sole di quel che succede ai tifosi. L’importante è il prosecchino fresco e la soubrette calda, checché avvenga nei novanta minuti di gioco.

Venendo alla questione in oggetto, ai tifosi del Motherwell in trasferta ad Easter Road, in casa dell’Hibernian, è stato negato l’ingresso del proprio tamburo che, invece, in un precedente incontro tra le due squadre giocatosi ad agosto era tranquillamente entrato. Pare che il motivo del veto fosse ascrivibile a lamentele giunte proprio dopo tale gara da gruppi di tifosotti locali, infastiditi dalla troppa “invadenza”, cito testuale, e della rumorosità del tamburo.

Il manager del Motherwell, Stuart McCall, si è così espresso in merito: “Ma stiamo parlando di una chiesa o di un campo di calcio? Un tamburo è troppo rumoroso? I ragazzi che vengono con il tamburo, in casa e fuori, ne fanno un ambiente senza dubbio migliore.”

Proseguendo l’intervista, il tecnico ha ipotizzato che probabilmente è una mossa dello stesso Hibernian per impedire che si venga a creare un’atmosfera avversa, visto che già in casa hanno faticato non poco, in questa stagione ad ottenere una certa continuità di risultati. Non a caso poi la partita si concluderà con un 3-3 che smorza le ambizioni dei biancoverdi di casa di rilanciarsi in classifica, ma vista la premessa di cui sopra, un po’ diciamo che se la sono anche meritata. Detto da uno che, per indotta simpatia suscitata dai libri di Irvine Welsh, ha sempre guardato con favore agli Hibs. Da oggi comincerò a riversare pari simpatia per Stuart McCall del Motherwell per le sue parole spese in favore dei tifosi e dell’atmosfera allo stadio. Non è una chiesa, ne ha ben donde nell’affermarlo il buon McCall, e ricordatevi bene che a rendere coattamente l’aria fetida di incenso e buonismo ipocrita, vietando persino che si pronuncino mezze parolacce nei confronti degli avversari con la scusa della “discriminazione territoriale”, tra un po’ allo stadio ci saranno meno persone che in chiesa nelle domeniche di agosto.

Matteo Falcone, Sport People.