Claudio Donia è un tifoso del Messina se non proprio unico nel suo genere, quanto meno atipico: a Messina non c’è nemmeno nato e men che meno ci ha mai vissuto. Claudio infatti è nato e vive a Rho, in provincia di Milano, da padre messinese.

La fede calcistica è insomma una questione genetica in questo caso specifico e per assecondarla, Claudio ha cominciato a seguire il Messina in casa e in trasferta dall’Olimpo del calcio ai campetti di provincia dove s’è trovata relegata la compagine peloritana dopo il fallimento.

Tatuarsi uno scudettino della squadra sul braccio a 17 anni, in piena fervore adolescenziale, sembra la più ovvia delle conseguenze, una sorta di vezzo che per molti finisce là, ma non per Claudio: «In realtà cominciò tutto da bambino, quando vidi un signore completamente tatuato e ne rimasi incantato. Fu il mio primo contatto con la cultura del tatuaggio e da lì cominciai a maturare l’idea di volere, un giorno, ritrovarmi nei panni di quell’uomo che tanto mi aveva colpito».

E ci sei riuscito, evidentemente, ma con una particolarità…

«Direi di esserci riuscito, sì: in totale ho 400 tatuaggi, la particolarità e che sono tutti dedicati alla città di Messina, ai suoi monumenti, ai Santi, al mio gruppo, la Gioventù Messina. Di questi, ben 195 sono esclusivamente scudetti del Messina, dallo storico ACR Messina al Messina FC che conquistò la Serie A nel 2004».

Numeri da record…

«Numeri da record nel senso letterale del termine, sono infatti in attesa di essere chiamato dal Guinness World Records: pare che non ci sia nessun’altra persona al mondo con tutti questi tatuaggi recanti lo scudetto della propria squadra. Un giorno di questi potreste vedermi finire in televisione…»

Portare un tatuaggio, specie in questi casi, non è però sempre così semplice…

«Essendo un classe 1975 forse per i primi tatuaggi ho dovuto ancora fare i conti con i pregiudizi sociali che esistevano attorno a questa vera e propria forma d’arte. Mio padre stesso mi diceva che i tatuaggi li avevano solo i galeotti, chi era passato anche solo brevemente per un carcere».

Oggi?

«Oggi questi pregiudizi sono quasi completamente superati. Al massimo devo guardarmi bene dall’andare al mare in città rivali come Bari, Salerno o in Calabria in genere, ma è un problema facilmente aggirabile scegliendo l’estero per le vacanze al mare».

Fra tutti i tuoi tatuaggi, ce n’è qualcuno a cui tieni particolarmente?

«Fra tutti i tatuaggi che porto addosso non ce n’è uno solo che non mi piaccia nella sua riuscita finale o che non rifarei, ma se dovessi indicare uno fra tutti questi a cui sono maggiormente legato, che ritengo il più bello, direi che è quello della Vara che ho attorno all’ombelico. La Vara è un carro votivo dedicato all’Assunzione della Beata Maria Vergine che viene portato in processione il giorno di Ferragosto, tradizione religiosa a cui la comunità messinese è molto legata».

Ed è una passione, la tua, che non porti solo tatuata sulla pelle…

«No, infatti ho allestito un museo personale in cui ho raccolto 4.876 maglie del Messina e più di 100 gagliardetti dei giallorossi. Per chi volesse visitarlo, anche se solo virtualmente, può farlo attraverso il sito internet http://www.messinaavita.com».

Intervista raccolta da Pier Paolo Sacco.